Ho da poco finito di leggere il nuovo libro di Pietro Ichino “Inchiesta sul lavoro”. E’ un’ottima lettura perché guida il lettore passo passo attraverso le “scandalose” posizioni di Ichino, quelle che hanno meritato al Senatore del PD una delle più tristi battute politiche dell’anno, quella di Matteo Orfini secondo cui la nomina di Ichino a ministro del lavoro sarebbe stata addirittura “una provocazione” contro il nostro stesso comune partito. Il problema è piuttosto, e il libro lo indica in modo lampante, che l’incapacità di una buona parte della sinistra italiana di comprendere le posizioni di Ichino è il sintomo più evidente dell’incapacità di quella medesima parte di comprendere il nostro tempo e il tempo futuro.
Dalla lettura del libro emerge infatti con chiarezza come la visione di Ichino sia ispirata a una logica molto stringente e a un’esigenza reale (e non puramente fantasiosa) di tutela: assicurare più diritti ai lavoratori che non ne hanno senza toccare i diritti di coloro che invece li hanno. E fare tutto questo guardando al lavoro non tanto e non solo come uno strumento assistenziale di liberazione da un bisogno, ma come un elemento essenziale della crescita personale e professionale delle persone. Guardando al contributo del singolo lavoratore e al ruolo dei sindacati come a un elemento strategico della struttura portante dell’economia delle imprese e quindi dell’intero Paese. Tenendo inoltre conto della realtà (globale e complessa) in cui ci muoviamo sia dal punto di vista economico, che da quello dell’organizzazione del lavoro, che delle motivazioni e del senso di realizzazione di chi lavora: tutti elementi che si sono modificati radicalmente nel tempo trascorso tra il 1970 e oggi.
Per non guardare al mondo per come è cambiato, abbiamo tolto la dignità del lavoro a milioni di giovani che, nell’attesa di diritti che non hanno avuto mai, sono invecchiati da precari e si trovano ad avere 40 anni senza aver mai avuto un contratto di lavoro “vero”. E nel contempo abbiamo reso l’Italia il posto meno attrattivo per gli investitori esteri, con il risultato che il nostro Paese ha offerto sempre meno possibilità di lavoro e opportunità di crescita professionale. E’ evidente che questo vero capolavoro strategico vada smontato, e di gran corsa.
Aggiungo una cosa: mi ha molto colpito la struttura di quest'”Inchiesta sul lavoro”, che è strutturata nell’inusuale forma dell’intervista tra lo stesso Ichino e un interlocutore di fantasia incaricato di istruire una sorta di “procedimento disciplinare” nei suoi confronti. Insomma, è una specie di interrogatorio. La cosa mi ha fatto molta impressione intento perché, come noto, il Senatore Ichino è da tempo sotto scorta per le minacce di morte ricevute dalle BR (e il buon Orfini farebbe bene a leggere le parole in testa al primo capitolo prima di esprimersi: “Davvero ci armiamo per ammazzare Ichino?” “E’ tutto pronto dobbiamo solo trovare il posto” “Eh, quello lo devi far fuori, non è che gli puoi far nient’altro che farlo fuori”. Isolare Ichino dal partito è stata una mossa veramente vergognosa, da questo punto di vista, e male ha fatto lo stato maggiore del partito a non dissociarsi immediatamente e vistosamente dalle inavvertite parole del responsabile cultura).
Ma la cosa mi ha fatto specie perché in genere, senza arrivare ai criminali, a sinistra il solo pronunciare il nome di Ichino provoca reazioni negative anche in persone democratiche e paciosissime e, a scavare soltanto un minimo, tutte reazioni puramente emotive. Reazioni fondate in genere non sulla conoscenza delle tesi di Ichino ma su una nomea di “nemico dei lavoratori” che Ichino merita infinitamente meno di chi ha costruito, tollerato e consentito la creazione e la durata di questo sistema ingiusto e indegno di “apartheid”.
La lettura di questo libro ha dunque un’altra fondamentale funzione: quella di smontare l’emotività che circonda e blocca tutta questa materia e aiutare il lettore a comprendere in che direzione andranno le cose. Il Presidente Monti ha spiegato che il suo governo si muoverà in quella direzione, e come al solito i fatti daranno a posteriori ragione ad Ichino. La sua “inchiesta” è dunque uno strumento per comprendere con chiarezza e al di là dei pregiudizi quali saranno le conseguenze delle probabili azioni del nuovo governo e del nuovo diritto del lavoro nel nostro paese.
8 risposte a “L’inchiesta sul lavoro di Pietro Ichino”
[…] segue qui: L’inchiesta sul lavoro di Pietro Ichino | Ivan Scalfarotto. […]
grazie per questa ottimo scritto sul lavoro giuricico e politico del senatore ichino.
spero tanto (per il mio voto: una testa un voto) che nel Pd si affermi questa linea politico culturale e neon quella dei fassina o degli energumeni della sinistra cgiellina
mi sono permesso di rilanciarlo in forma abbreviata per andare alla fonte di scalfarotto sul mio blog professionale: http://mappeser.com/2011/11/21/linchiesta-sul-lavoro-di-pietro-ichino-ivan-scalfarotto/
A morire sui luoghi di lavoro sono soprattutto precari è la posizione di Ichino che vuole fare diventare precari tutti i lavoratori che non avranno più nessun strumento per difendersi anche dalla mancaza di sicurezza sui luoghi di lavoro
Osservatorio Indipendente di Bologna sulle morti per infortuni sul lavoro
http://cadutisullavoro.blogspot.com
IL 20 NOVEMBRE CON 598 MORTI SUI LUOGHI DI LAVORO SONO STATI SUPERATI I MORTI DELL’INTERO 2010 (594 MORTI).
IL 2 NOVEMBRE SONO STATI SUPERATI I MORTI SUI LUOGHI DI LAVORO DELL’INTERO 2009.
IL 20 NOVEMBRE DEL 2008 ABBIAMO SUPERATO IL NUMERO DI MORTI DELLO STESSO GIORNO DEL 2011 (596).
Dall’inizio dell’anno ci sono stati 598 morti per infortuni sui luoghi di lavoro, + O,7 sull’intero 2010, oltre il 15% di queste vittime monitorate dall’Osservatorio lavoravano in nero o erano già in pensione. Si arriva a contare più di 1050 morti (stima minima) se si aggiungono i lavoratori deceduti in itinere o sulle strade. La strada può essere considerata una parentesi che accomuna i lavoratori di tutti i settori e che risente più di tutti gli altri della fretta, della fatica, dei lunghi percorsi, dello stress e dei turni pesanti in orari in cui occorrerebbe dormire. Purtroppo è impossibile sapere quanti sono i lavoratori pendolari sud-centro nord, centro nord-sud, soprattutto edili meridionali, che lavorano in nero o in grigio e che muoiono sulle strade percorrendo diverse centinaia di km nel tragitto casa-lavoro, lavoro-casa.
Ma che dici, Carlo? Ichino vuol dare un contratto a tutti i precari: giusto il contrario. Quello che dico nel post: la gente parla di Ichino senza sapere cosa dice Ichino.
le proposte di Ichino sulla carta potrebbero avere una logica, ma in una Italia in cui il titolare di una srl da 50 dipendenti può decidere di alzarsi al mattino e chiudere tutto, sfanculando banche, fornitori e dipendenti, mi spieghi quanto può incidere come problematica l’art.18 ? te lo dico io: zero! si vogliono scaricare sui lavoratori (che non sono santi, e vanno aggrediti quando non fanno il loro dovere senza che nessun giudice del lavoro arrivi ad invocare l’assurdo) responsabilità che spessissimo sono dell’imprenditore
ciao,
le idee che Ichino porta non sono in sè negative. L’esperienza di altri stati europei tipo la danimarca ci dicono che la via tua, della Serracchiani, di Ichino può essere giusta.
Ma secondo te, è possibile portare questo modello in Italia? Secondo me è troppo presto. Pensiamo in questo momento a quelle zone con alta disoccupazione, cosa costerebbe una manovra del genere che , dopo i licenziamenti, dovrebbe dare continuità di reddito!!!!! non pensi che a livello di costi diventi insostenibile? ciao
si ha un solo aumento del turn over e non un incremento assoluto dell’occupazione. Gli ultimi dati del rapporto OCSE ci indicano un un tasso di torn-over vicino a quello degli stati uniti quindi non credo che ce ne sia bisogno
[…] minoranza nel PD, appoggiata solo dai veltroniani e dalle frange meno vicine all’ala sinistra. Ivan Scalfarotto nel suo blog espone bene la questione ed accusa l’ala sinistra del partito di aver lasciato isolato un […]