Ho l’onore di essere il primo firmatario insieme a Sergio Rovasio di un appello che, in vista dell’udienza della Corte Costituzionale del 23 marzo che dovrà decidere della possibile incostituzionalità del divieto di sposarsi per le coppie gay e lesbiche, chiede a tutti di “sostenere il riconoscimento del diritto di tutti i cittadini, senza distinzioni basate sull’orientamento sessuale, a poter creare la propria famiglia e ad assumere davanti alla legge i diritti e gli obblighi che derivano dal matrimonio”.
L’Italia è l’unico paese dell’Europa occidentale nel quale i cittadini GLBT e le loro famiglie non hanno nessun tipo di riconoscimento giuridico. In Italia può succedere che il tuo compagno perda conoscenza e che tu venga separato da lui; può succedere che resti invalido e che tu non abbia i permessi per assisterlo perché la legge non vi riconosce come coppia; può darsi che sia straniero e che tu debba adottarlo o debba assumerlo come colf per evitare che sia espulso; può darsi che abbia un figlio che è cresciuto con voi e che ti verrà tolto se succede qualcosa al genitore biologico. Tutte cose che ripugnano alla coscienza di tutte le persone civili di tutta Europa, ma non qui da noi.
Ogni volta che mi trovo a parlare di queste cose mi pare di essere un marziano, un pazzo che parla di cose fantascientifiche e fuori dal mondo, un idealista velleitario che non vedrà avverarsi nulla di quello che spera finché campa. Eppure io “ho visto cose” come il replicante morente del finale di Blade Runner: ho visto adulti innamorati e consapevoli sposarsi senza che lo Stato decidesse di metterci bocca; ho visto bambini crescere armoniosamente in famiglie omoparentali; ho visto Paesi in cui l’omofobia è sanzionata come ogni altra forma di razzismo; ho visto uffici in cui i figli dei colleghi sono tutti uguali, che abbiano una mamma e un papà o due mamme o due papà; ho visto tribunali e assistenti sociali curarsi di tirar fuori bambini da istituti tetri e inospitali per darli a famiglie pronte e capaci di amarli purché siano pronte e capaci di farlo, comunque queste fossero formate; ho visto datori di lavoro pretendere il rispetto dei dipendenti di ogni orientamento sessuale e riconoscere dignità, tempo e diritti a quelli omosessuali, con o senza bambini.
La parità dei diritti non è una concessione, in uno Stato democratico. L’uguaglianza dei cittadini non è un’utopia, sta scritta nella nostra Costituzione. Tutto questo non riguarda i gay e le lesbiche, perché la democrazia e la Costituzione appartengono a tutti, sono valori di tutti.
First they came for the Communists,
and I didn’t speak up,
because I wasn’t a Communist.
Then they came for the Jews,
and I didn’t speak up,
because I wasn’t a Jew.
Then they came for the Catholics,
and I didn’t speak up,
because I was a Protestant.
Then they came for me,
and by that time there was no one
left to speak up for me.
Rev. Martin Niemoller, 1945
2 risposte a “Affermazione civile”
[…] Affermazione civile http://www.ivanscalfarotto.it/?p=5082 […]
Il tutto, mentre in Regno Unito i Lord passano l’ok al matrimonio gay. In Chiesa anglicana!