Che giornate! E’ bene che lo sappiate: questa è stata la scelta più difficile della mia vita. Non ci è voluto tanto tempo, ne abbiamo parlato a Londra e in Italia forse per tre o quattro settimane al massimo… ma le spinte e le controspinte erano fortissime.
Da un lato la mia vita, il mio tran tran, la mia carriera, un lavoro che amo moltissimo in un’azienda che mi ha dato la possibilità di crescere e di occuparmi di cose assolutamente strabilianti… un giorno magari parlerò nel blog di tutte le cose che ho imparato sulla diversità nei luoghi di lavoro (e non solo – tema molto affascinante!) in questi anni.
Dall’altro il senso del servire, del rendere quello che si è avuto in precedenza…. L’Italia mi ha dato tutto: la mia cultura, la formazione, la possibilità di crescere.
Ma se non fossi stato tre anni all’estero probabilmente non avrei fatto questo passo: vedere le cose da fuori non ti fa indignare di meno, semmai di più! Il confronto così concreto e tangibile tra il tuo paese e la nuova realtà nella quale vivi ti dimostra che le cose possono andare diversamente, che i problemi possono essere gestiti diversamente, che un altro modo esiste, ed è lì a portata di mano, concreto, reale.
E allora non è una condizione che fatalisticamente dobbiamo accettare, quella italiana. Non è essere idealisti e pazzi voler cambiare le cose. Se altri lo fanno lo possiamo fare pure noi. A condizione che qualcuno se ne faccia carico. Quindi Ivan smettila di lagnarti e fai qualcosa.
Questo mi sono detto, quando ho accettato questa sfida.
Poi magari avrò torto e me ne tornerò al mio lavoro a Londra o a chissà dove. Ma succederà dopo averci provato sul serio. E sarà comunque con la stessa passione di prima. La mia, e quella stessa incredibile passione che ho letto nelle vostre mail e nei vostri sms, di ieri e di oggi.
Più ci penso e più me ne convinco. Io partecipo. Sì, partecipo.