Mi è stata segnalata l’intervista che Serena Dandini ha fatto ieri a Gherardo Colombo in ricordo di Giorgio Ambrosoli, il liquidatore della Banca Privata Italiana ucciso l’undici luglio 1979 da un sicario su mandato di Michele Sindona.
Raccolgo l’invito con piacere, con estremo piacere. La vita di Giorgio Ambrosoli rappresenta bene quell’Italia a cui vogliamo appartenere, l’Italia delle persone che fanno bene e con rigore il loro lavoro, che non hanno paura di assumersi delle responsabilità, che servono fino in fondo la comunità alla quale appartengono.
Serena Dandini ha anche letto un passo di una lettera che Ambrosoli scrisse a sua moglie dopo aver accettato il compito che gli sarebbe costato la vita. Le chiedeva di continuare ad allevare i bambini secondo i valori che avevano ispirato la sua vita e le diceva della consapevolezza dei rischi legati a quell’incarico. Testualmente: “Qualunque cosa succeda, comunque, tu sai che cosa devi fare e sono certo saprai fare benissimo. Dovrai tu allevare i ragazzi e crescerli nel rispetto di quei valori nei quali noi abbiamo creduto [… ] Abbiano coscienza dei loro doveri verso se stessi, verso la famiglia nel senso trascendente che io ho, verso il paese, si chiami Italia o si chiami Europa”.
Ho letto raramente delle parole più intense, più asciutte, più forti. Parole che a trent’anni di distanza rendono ancora orgogliosi di essere cittadini di questo paese, si chiami Italia o si chiami Europa.