Delitti che hanno più a che fare con il male di vivere che con la malavita: in Italia c’è un omicidio in famiglia ogni due giorni. In 7 casi su 10, la vittima è una donna ed in 8 su 10 l’autore è un uomo. Il contesto relazionale nel quale si consumano la maggior parte degli omicidi è quello della coppia (100 delitti, pari al 53,5%). I dati sono contenuti nel rapporto 2005 «L’ omicidio volontario in Italia», curato da Eures ed Ansa. Nel 68,4% dei casi le vittime di omicidio in famiglia sono donne. L’ indice di rischio risulta significativamente più alto tra le donne (0,43 vittime per 100 mila abitanti), in particolare nella fascia 35-54 anni (0,49) a fronte di un dato maschile pari a 0,21. Un più elevato rischio risulta peraltro già presente tra le minori, con 16 vittime di sesso femminile rispetto alle 8 di sesso maschile. Nella maggior parte dei casi la vittima è coniuge o convivente (72 vittime nel 2004, pari al 38,5%, prevalentemente donne). Accanto al movente di natura passionale ed a quello derivante da liti e dissapori (entrambi con 43 vittime, pari al 23%), tra le altre cause dell’ omicidio in famiglia emerge il disagio della vittima o dell’ autore: il 12,8% è attribuito a disturbi psichici dell’ autore, il 9,6% a futili motivi, l’ 8,6% ad un raptus ed il 6,4% ad una situazione di forte disagio della vittima stessa.
(Fonte: Corriere della Sera, 13 dicembre 2005)
Oggi a Milano e provincia 82 mila famiglie, pari al 14% del totale, vivono in condizioni di povertà. Un dato che coinvolge il 12% della popolazione attualmente residente sul territorio, oltre 162 mila persone. Li chiamano «nuovi poveri» perchè a scivolare al di sotto della soglia di povertà oggi sono nuove classi sociali, prima estranee a questi fenomeni: si tratta di anziani pensionati, donne sole in molti casi con figli minori a carico. «L’area metropolitana di Milano è tra le zone più ricche del paese – ha detto Francesca Zajczyk dell’Università degli studi di Milano – Il diffuso benessere che emerge dalle statistiche nazionali, tuttavia, rischia di tenere in ombra l’altra faccia della medaglia, ovvero la presenza di una consistente quota della popolazione che vive in condizione di povertà».
Il profilo dei «quasi poveri» parla, ancora una volta, di anziani, in prevalenza donne, con basso titolo di studio, che vivono soli in affitto. «Milano – ha detto Francesca Zajczyk – è un vero e proprio buco nero demografico dove c’è una altissima concentrazione di anziani rispetto al resto della provincia. A questo poi bisogna affiancare il numero crescente di famiglie composte da donne sole con figli minorenni a carico, un problema sociale nuovo per il nostro Paese». A Milano, secondo un’indagine condotta dall’Osservatorio sulle povertà urbane dell’Università di Milano-Bicocca, il rischio di impoverimento delle donne è doppio rispetto a quello degli uomini, così come quello delle famiglie guidate da pensionati è doppio rispetto a quello di famiglie guidate da lavoratori attivi.
(Fonte: Corriere della Sera, 14 dicembre 2005)
Quando il tessuto sociale si fa debole e disgregato, ancora una volta, le prime a pagare sono le donne. Le donne sono le prime vittime della violenza familiare estrema, che si scatena anche per futili motivi (nel 18% dei casi) per poi risolversi in tragedia. Le donne sono anche le prime vittime della violenza di una società che emargina i suoi elementi più deboli: tra questi, con sempre maggior frequenza, donne giovani con figli minori a carico. Quelle stesse donne che spesso sono costrette a vivere il “dono della maternità” come una maledizione, perché per loro non c’è lavoro, non ci sono servizi, non c’è protezione dalla violenza anche privata, ma solo prediche ed anatemi quando chiedono di gestire il loro corpo e la loro vita in libertà ed automomia.
Emilia Giorgetti