22 Dicembre 2005

Berlusconi e il fascismo

Diritti

“Non si può combattere il terrorismo con il codice in mano”, sostiene Silvio Berlusconi. …… “Se combattono con una spada, bisogna difendersi con una spada”, ha sostenuto invece senza mezzi termini il Cavaliere parlando dei terroristi nell’anno quarto della nostra storia dopo le stragi dell’11 settembre. “Quando centinaia di migliaia di vite sono a rischio, i Paesi devono usare strategie segrete e le armi disponibili per difenderle”, ha affermato. Di voli segreti con prigionieri, Berlusconi ha detto di non sapere: il comportamento della Cia è stato “legittimo” perché Bush è “un sincero democratico”.
Cornice di queste affermazioni sulla linea di George W. Bush è stata la sala di Palazzo Chigi nella quale Berlusconi ha ricevuto ieri a colazione una ventina di corrispondenti stranieri. Invece di andare nella sala della stampa estera, ha preferito giocare in casa. Arrivato all’appuntamento con quasi un’ora di ritardo, ha ripagato l’attesa degli ospiti con un profluvio di tesi che non possono non fare notizia. Per esempio, secondo il block notes di uno dei presenti: “Il fascismo in Italia non è mai stato una dottrina criminale. Ci furono le leggi razziali, orribili, ma perché si voleva vincere la guerra con Hitler. Il fascismo in Italia ha quella macchia, ma null’altro di paragonabile con il nazismo e il comunismo. Era una dittatura, però nata e finita con se stessa”.
Giudizi destinati a sollevare nuove discussioni e proteste venuti fuori quando, ascoltate accuse a ripetizione verso il comunismo, un giornalista irlandese ha domandato se in Italia semmai non ci siano ancora residui di fascismo. “Il fascismo è finito, il comunismo continua”, ha obiettato Berlusconi citando la Cina, la Corea del Nord e “i due partiti comunisti” italiani con la falce e martello, “simboli del terrore e della miseria”.
(Fonte: Il Corriere della Sera, 21 dicembre 2005)
Non finisce mai di stupire l’autoreferenzialità di certi personaggi, l’assoluta ignoranza della storia, la incredibile assenza di complessità dei loro processi mentali e la completa mancanza di principi generali, validi per tutti, dai quali far discendere i propri pensieri e le proprie azioni. La patente di democratici se la danno tra loro, senza essere mai assaliti dal tarlo del dubbio.
Il refrain del fascismo buono, per esempio, è fin troppo diffuso nel comune sentire della destra italiana. Non solo si ama dimenticare i delitti di stato di Matteotti e dei fratelli Rosselli ( assassinati in Francia su commissione), l’esilio, la prigionia e il confino degli oppositori di spicco (Pertini, Gramsci morto in carcere..), gli assalti sanguinosi delle squadracce alle case del popolo (in alcuni casi, come quello di Siena, trasformate in seguito in camere di tortura), ma si ama dimenticare anche le numerose guerre di aggressione: Libia, Etiopia, Grecia….In Libia, Badoglio scatenò una sanguinosa repressione in Cirenaica con la deportazione e la reclusione in campi di concentramento di 80 mila persone. Nel solo biennio 1930-31 repressione e tifo petecchiale, contratto nei campi di concentramento, uccisero dai 40 ai 60 mila abitanti del Gebel, un terzo dell’intera popolazione della Cirenaica. In Etiopia, Mussolini ordinò una brutale repressione della guerriglia antiitaliana: “tutti i ribelli fatti prigionieri devono essere passati per le armi”, ordinò con un telegramma al neo-maresciallo Rodolfo Graziani. E ancora tre giorni dopo: “Per finirla con i ribelli…impieghi i gas”. Infine, in un crescendo inarrestabile: “Autorizzo ancora una volta V.E. a iniziare e condurre sistematicamente la politica del terrore e dello sterminio contro i ribelli e le popolazioni complici”. Graziani non si fece pregare: iniziarono i massacri, la liquidazione generalizzata dell’intellighenzia etiopica, l’apertura di nuovi campi di concentramento, la caccia ai preti copti e perfino agli indovini. Come richiesto da Roma, fu instaurato il regime del terrore.
La sola macchia del regime sembrano essere, invece, “le orribili leggi razziali”. Volute da Hitler? Necessarie per ottenere il ruolo di fedele alleato in una guerra di aggressione suicida, che aveva come fine ultimo quello di dominare il mondo? Furono piuttosto una scelta, come tante altre scelte sciagurate di quel regime, che ha davvero portato al nostro paese terrore, miseria e morte. Fino al luglio del 1938, quando comparve il primo atto ufficiale antiebraico, sia pure solo teorico, gli ebrei italiani erano cittadini come tutti gli altri. Si trattava de ” Il manifesto degli scienziati fascisti”, detto anche “manifesto della razza”, che fu sottoscritto da 180 pseudo scienziati del regime. Successivamente, il 5 settembre 1938 con la legge 1390, venne varato il primo provvedimento legislativo per la “difesa della razza nella scuola fascista”, che prevedeva l’allontanamento di tutti i docenti e di tutti gli studenti ebrei dalle scuole di ogni ordine e grado anche se non governative e l’allontanamento degli ebrei dalle accademie. Albert Einstein, che era membro d’onore dell’Accademia dei Lincei, presentò le dimissioni che vennero immediatamente accettate. Nelle università italiane insegnavano allora 109 docenti ebrei. Molti furono quelli che dovettero emigrare per poter proseguire gli studi e le ricerche iniziate in Italia. Alcuni di questi sono poi stati insigniti del Premio Nobel. Le leggi razziali vere e proprie furono varate circa tre mesi dopo. Quando, nel pomeriggio del 14 dicembre 1938, nell’Aula di Montecitorio dovevano essere discussi i provvedimenti che convertivano in legge i decreti “per la difesa della razza” emanati dal governo nel mese precedente, nessun deputato chiese la parola. Ci fu prima un lungo applauso e poi, qualche minuto dopo, il consenso unanime a scrutinio segreto espresso dai 351 deputati presenti.
Quei provvedimenti per la prima volta dividevano i cittadini in due categorie: i non ebrei e gli ebrei. Per i cittadini italiani classificati come ebrei era decretata la morte civile. Giova ricordare che, quando a settembre del 1938 l’Italia fascista varò le leggi razziali, non si era ancora concretizzata né la seconda guerra mondiale né l’immane strage degli ebrei. Non si può poi dimenticare la collaborazione determinante data dai fascisti della Repubblica di Salò alla deportazione e allo sterminio del 23% degli ebrei italiani o meglio di cittadini italiani di religione ebraica. Se è vero come è vero, e questo dobbiamo sempre ricordarlo, che il 77% degli ebrei italiani è scampato allo sterminio perché altri italiani, con atti eroici e a rischio della loro vita li hanno aiutati, è altrettanto vero e non dobbiamo dimenticare che dietro ad ogni ebreo deportato c’è un fascista che lo ha consegnato ai nazisti per mandarlo a morire.
Il signor Berlusconi non prova nessuna vergogna nel rilasciare certe dichiarazioni; non ne prova nel sedere al Governo insieme agli epigoni del fascismo; non ne prova quando promuove una legge che equipara i reduci di Salò ai partigiani; non ne prova quando, dichiarando concluso e morto il fascismo, dimentica la miriade di governi militar-fascisti insediati nel mondo con il contributo determinante dei democratici governi americani. Teme invece quei due partitini italici, che ancora mantengono la falce e il martello nel loro simbolo, forse perché possono contribuire a scalzarlo da una seggiola alla quale è disperatamante abbarbicato.
Vorrei concludere con alcune frasi di Primo Levi, che non è mai stato comunista, ma che ha subito invece gli effetti nefasti del nazifascismo fino alle estreme conseguenze della deportazione e, molti anni dopo, del suicidio: “Accanto ad evidenti somiglianze tra i Lager sovietici e i Lager nazisti, mi pare di poter ossrvare sostanziali differenze. La principale differenza consiste nella finalità. I Lager tedeschi costituiscono qualcosa di unico nella pur sanguinosa storia dell’umanità: all’antico scopo di eliminare o terrificare gli avversari politici, affiancavano uno scopo moderno e mostruoso, quello di cancellare dal mondo interi popoli e culture….I campi sovietici rimangono pur sempre una manifestazione di illegalità e di disumanità. Essi non hanno nulla a che vedere col socialismo, ed anzi, sul socialismo sovietico spiccano come una brutta macchia; sono piuttosto da considerarsi una barbarica eredità dell’assolutismo zarista, di cui i governi sovietici non hanno saputo o voluto liberarsi…. Ma è possibile, anzi facile, rappresentarsi un socialismo senza Lager. Un nazismo senza Lager, invece, non è pensabile.”
Emilia Giorgetti