Ieri, per un errore, il commento a questo articolo è apparso decurtato. Lo riproponiamo in forma integrale.
“Roma in sei ore e quattro decadi” è il titolo del New York Times riferito a La meglio gioventù, celebrato oggi come il miglior film del 2005. I due atti di Marco Tullio Giordana, che raccontano la storia d’Italia attraverso quella di una famiglia romana, è infatti in testa ai migliori 10 dell’anno secondo una speciale classifica stilata da uno dei critici cinematografici del quotidiano.
In particolare la storia è piaciuta al principale esperto del giornale di New York, A. O. Scott. Il critico premette che la sua lista non predice quali saranno i dieci titoli che saranno ricordati tra dieci anni o dieci settimane, e non rappresentano nessuna tendenza del cinema mondiale, ma sono quelli che lo hanno sorpreso e colpito. Su tutti prevale The best of youth, traduzione letterale di La meglio gioventù, che Scott descrive come recupero della tradizione di autori del rango di Luchino Visconti e Bernardo Bertolucci. “Nessun altro film può stare alla pari con questa saga” scrive il critico. “E’ un’opera che coinvolge tutti a livello emotivo e intellettuale, con decine di performance di livello eccellente. Giordana ha girato un film talmente pieno di vita che, anche dopo sei ore di proiezione e quattro decenni di storia, uno spera che prosegua ancora”.
(Fonte: La Repubblica, 24 dicembre 2005)
Nel bellissimo film di Giordana, vengono raccontati 40 anni di storia italiana, attraverso le vicende di una famiglia della piccola borghesia romana e, in particolare, attraverso la crescita e la maturazione civile dei due figli, Nicola e Matteo. A lungo uniti dagli stessi ideali, i due finiscono per percorrere strade che li separano, fino a portarli l’uno contro l’altro. Nicola sceglie di cercare la propria strada tra il fervore dei movimenti giovanili, abbracciando più avanti la carriera di psichiatra in un momento di particolare fermento, legato alla comparsa sulla scena di Franco Basaglia e delle sue idee “rivoluzionarie”. Matteo, erudito ma bisognoso d’ordine, entra nel corpo di polizia dove, a causa del carattere introverso, verrà allontanato da numerosi distretti fino a ritrovarsi in Sicilia, dove si impegnerà nella lotta alla mafia. Accanto alle storie dei due fratelli, scorrono quelle parallele della famiglia e degli amici e, più in generale, della società italiana, segnata da vicende epocali: l’alluvione di Firenze nel ’66, i movimenti del ’68, lo stragismo nero, il terrorismo, la lotta alla mafia e la crisi politico-sociale degli anni ’90. Anni appassionanti e difficili per il nostro paese, attraversato da una crisi gravissima, prima di tutto economica, dopo gli spensierati anni del boom, e poi anche politica e sociale, ma caratterizzati da una forte presenza sulla scena delle giovani generazioni, nel bene e nel male. A parte i rutilanti anni ’80, il cui scintillio illusorio poggiava su un gigantesco debito pubblico, la vita non era più facile di adesso, ma la voglia di protagonismo di chi, fino a quel momento, era stato escluso dai momenti decisionali (penso ai giovani, ma anche alle donne) era fortissima e fortissima era anche la speranza di poter incidere sul corso degli eventi, rischiando in proprio e pagando, spesso, prezzi altissimi.
Viene spontaneo fare il paragone con l’oggi. Dov’è “la meglio gioventù” di oggi? La si vede raramente nelle piazze, sommersa da manifestanti con i capelli grigi. Non la si è vista in occasione delle elezioni primarie, la cui importanza è stata colta solo da chi aveva qualche anno in più. Verrebbe da dire polemicamente che “la meglio gioventù” è quella, che ha fatto la valigia, ci ha messo dentro le sue competenze e i suoi sogni e si è trasferita all’estero. E quelli che sono rimasti? Invisibili. Forse dovrebbero far sentire di più la loro voce e conquistarsi i gradi sul campo. Essere giovani (così come essere donne) non è di per sé un valore. Nel caso di certe discipline come la fisica, gli anni migliori sono davvero quelli intorno ai trenta. Einstein pubblicò i suoi tre fondamentali articoli su effetto fotoelettrico, moto browniano e relatività ristretta nel 1905, a 33 anni. In altri campi, però, questo non vale: Thomas Mann scrisse i Buddenbrook a soli 25 anni, ma ne aveva 50 quando pubblicò la Montagna Incantata e ancora di più quando dette alle stampe il suo ultimo capolavoro, Doktor Faustus. Beethoven compose la sua terza sinfonia “Eroica” a 32 anni, ma ne aveva 54 quando compose la Nona, tre anni prima di morire. Maurizio Pollini continua ad essere forse il miglior pianista vivente e, a 64 anni, ad ogni concerto, riesce a stupire anche gli estimatori più fedeli con l’energia e l’intelligente lucidità della sua lettura pianistica. Più delle competenze, “la meglio gioventù” ha dalla sua le energie, l’entusiasmo, la capacità di sognare e la voglia di mettersi in gioco, a costo anche di fallire. Tuttavia, la filosofia dilagante del successo facile e dovuto, l’abitudine ad un buon livello di benessere garantito dalle famiglie di provenienza e l’aspirazione a “posizionarsi”, hanno spento gli entusiasmi a scapito dei più deboli, naturalmente. La facilità con cui si ottengono titoli di studio anche di livello universitario, senza reale corrispondenza con competenze acquisite, ha semplificato il cammino di chi può godere di appoggi clientelari e/o familiari e ha reso ancora più difficile e amara la ricerca di una occupazione per chi proviene dagli strati sociali più bassi, reintroducendo un processo di selezione sulla base del censo e dell’estrazione sociale, anziché del merito. “La meglio gioventù” di oggi ha il dovere di lottare per invertire questo processo, riportandosi al centro della scena politica del paese.
Emilia Giorgetti