Il conflitto (d’interessi) c’è ma non si vede. Una specie di gioco di prestigio che sfrutta le maglie della legge. Il tutto per eludere le “Norme in materia di risoluzione dei conflitti di interessi”, varate dal governo Berlusconi nel 2004 e prese in considerazione dall’Antitrust nella seconda relazione semestrale del 2005. Al centro della polemica “l’accordo stipulato, in data 9 giugno 2005, tra il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Scientifica e Poste Spa per il servizio, denominato Postescuola, di consegna dei libri di testo alle famiglie degli alunni della scuola secondaria di 1° e 2° grado”, si legge nella relazione dell’Autorità garante. Di cosa si tratta? “In base a tale accordo, Poste, tramite la propria struttura di recapito, offre un servizio che garantisce alle famiglie l’approvvigionamento dei testi scolastici presso il proprio domicilio o presso gli istituti scolastici di appartenenza e mette a disposizione la propria rete, i propri call center e siti internet, per assicurare, oltre alla consegna, le attività di prenotazione e acquisto dei libri di testo”. Il piccolo particolare, denunciato da alcune segnalazioni proprio all’Antitrust, è “il fatto che i volumi oggetto del servizio fossero forniti non direttamente dai singoli editori, bensì da una società riconducibile al patrimonio del Presidente del Consiglio”. La Flc Cgil, per bocca del suo segretario generale, Enrico Panini, parla “di evidente conflitto d’interessi e determinazione, dal parte del ministero, di una situazione di monopolio all’interno delle istituzioni scolastiche”. E racconta che “il ministero dopo la firma dell’accordo, ha spedito ai dirigenti scolastici una lettera che, con tono burocratico ma minaccioso, chiedeva di spiegare il perché la scuola non si fosse avvalsa di questa opportunità”. Le scuole che non hanno attivato il “servizio”, insomma, dovevano giustificarsi. “Parecchi presidi – continua Panini – si sono rivolti a noi, ma erano preoccupati”. Ora arriva il parere dell’Antitrust che pur stabilendo il vantaggio per le casse della Mondadori, non può censurarlo a causa di una legislazione restrittiva in materia. In sostanza, è vero che l’accordo favorirebbe una società del presidente del Consiglio, ma a firmarlo non è stato lui con le Poste, bensì il ministro Letizia Moratti che con le società del Presidente non ha alcun legame.
(Fonte: la Repubblica, 3 gennaio 2006)
E’ di oggi la notizia che, secondo la classifica del Wall Street Journal, l’Italia scivola di ben 19 posizioni rispetto al 2004 nella classifica mondiale della libertà economica, precipitando al 42o posto: preceduta dalla Polonia e seguita da Trinidad. Questo non deve sorprendere se anche tra i fedelissimi adepti del Silvio Berlusconi Fans’ Club, solo l’8% dichiara che lo rivoterebbe “perchè è un vero liberista”. La maggioranza, infatti, (il 40%) si rassegnerebbe a votarlo di nuovo solo “perchè è l’unica salvezza”. Anche per loro, quindi, non è un mistero che la libertà economica trionfalmente sbandierata in campagna elettorale era solo una delle tante bufale, volte a raccogliere consensi. Consensi per fare cosa? Per riformare il paese, salvandolo dai comunisti mangia-bambini? Oppure per salvare se stesso dai processi e dalla bancarotta? Le cifre parlano chiaro. Sono ormai lontani i tempi in cui l’indebitamento ufficiale delle sue aziende sfiorava i 5000 miliardi di vecchie lire. Adesso l’attivo, sempre ufficiale, è di 20000 miliardi. Tutti quei fattori negativi, che hanno impedito all’economia italiana di prosperare e al signor Berlusconi di mantenere le promesse elettorali non sembra che abbiano interessato lui e le sue aziende. Questo quadro porterebbe anche il più ingenuo e in buona fede degli osservatori a credere che la politica sia un affare. E invece no, assicura il solito lacchè: il poveretto ha rigorosamente tenuto separati gli affari dalla politica e, con la “discesa in campo”, forse, ci ha anche rimesso! E’ ben noto infatti che le sue aziende non hanno beneficiato degli ingenti risparmi fiscali con i quali il governo Berlusconi ha gratificato i super ricchi. Avere contemporaneamente il controllo della maggiore azienda di famiglia, Mediaset, e della sua principale concorrente, la RAI, non ha sicuramente prodotto vantaggio alcuno, così come l’abolizione delle tasse sulle successioni e donazioni di grandi patrimoni. Qualche piccola ricaduta positiva forse c’è stata, ma del tutto involontaria. Che colpa ne ha, infatti, il signor Berlusconi se la signora Moratti, in un eccesso di zelo, lo ha gentilmente favorito, contro tutte le regole del libero mercato, stipulando un contratto tra Poste e Ministero per il recapito a domicilio dei libri scolastici, purchè distribuiti dalla Mondadori? Sicuramente lui era all’oscuro di tutto. Ma ora che Repubblica ha diffuso l’imbarazzante notizia, ci aspettiamo che ringrazi pubblicamente la testata per il servigio reso e che, almeno per non essere costretto a smentire il suo devoto lacchè, si affretti a rinunciare alla convenzione o, almeno, ad aprirla anche alla concorrenza.
Emilia Giorgetti
10 risposte a “Affari e politica del signor B.”
Sono assolutamente d’accordo con Maddalena.
Le televisioni sono mute, i giornali non ne parlano. La questione meridionale sembra non esistere. Anche su internet, chi scrive di queste cose non viene certo innondato di visite e commenti.
Chiaramente l’argomento “non vende”, “non frutta”. Ma siccome stiamo facendo politica e non economia (e lo dico da studioso di economia!), rimbocchiamoci le maniche almeno noi.
perchè non apriamo una sezione dedicata a questo e oltre a contattare, come abbiamo fatto, i cervelli in fuga all’estero, stabiliamo una relazione, un affetto, anche con i meridionali che non vivono al sud?
Il fatto che molti bravi se ne vadano via da un posto (il sud, l’Italia, l’India, …) è un problema che alimenta se stesso: la gente se ne va, il posto peggiora, le opportunità diminuiscono e ancora più gente è spinta ad andarsene.
Per passare all’altro punto di equilibrio stabile, “la gente resta, crea opportunità e quindi gli altri sono incoraggiati a restare” potrebbe essere più utile fare tanto sforzo per poco tempo (“poco” vuol dire almeno dieci anni … ma teniamo conto che da sempre vengono dati un po’ di incentivi al sud senza risolvere il problema)
Però non so cosa ottieni se vai a dire a uno del nord-est “da ora per dieci anni diamo enormi facilitazioni alle imprese nel sud, a tue spese, ma poi vedrai che il sud si sarà messo in marcia e non ce ne sarà più bisogno, e potremo magari anche ridarti i soldi”… anche perché poi potrebbe pure non funzionare.
Ho letto che a Venezia ha avuto molto successo un documetario sui viaggi in treno degli emigrati “pendolari” dal Sud al Nord.
Quando ci sarà un po’ di tempo dopo le primarie si potrebbe organizzare qualcosa per farlo vedere e per parlare di questo problema.
Avevo già sentito l’intervento di Maddalena all’assemblea di Roma e approfitto della ripetizione per commentare in differita.
Sono andato a rileggermi la cronaca relativa alla stazione Tiburtina e vorrei esporvi due desideri:
1) che l’anima de iMille che stiamo plasmando sia portata a non appoggiare alcuna manifestazione non autorizzata che limiti la libertà di altri cittadini (l’individualismo sfrenato di cui giustamente parla Maddalena);
2) che per iMille gli aiuti alle zone meno sviluppate del Paese siano mirati allo sviluppo in loco e non al sussidio della fuga (com’era il paradossale sconto ferroviario che la Campania dava ai propri pendolari settimanali verso Milano).
Assoluamente d’accordo con Paolo. Lo dico tra le altre cose, da pendolare settimanale sulla tratta Roma Milano. io passo 400 euro al mese a Trenitalia per i miei viaggi.Chi si prende il diritto di bolcccare un paese perche vuole lo sconto non si guadagna ne il mio appoggio ne la mia simpatia.
Sì, costruire una rete di meridionali in fuga potrebbe essere molto importante per far conoscere i termini della questione proprio perchè non si conosce. Io ho fatto l’esempio dei treni come vicenda esemplificativa di un problema, non perchè sostengo chi non paga il biglietto. E anche sulla vicenda dei sussidi o degli incentivi, forse bisognerebbe incentivare le persone e non le istituzioni immobili, forse bisognerebbe che lo stato prevedesse un abbonamento così come esiste per tutti i pendolari del paese e così discorrendo. Ma troppe sono le parole spese sul meridione ed è fondamentale sottrarsi a quel tipo di dibattito secolare sulla questione. i mille secondo me dovrebbero svolgere un ruolo importante nel dibattito sulla formazione del partito democratico per poter esigere una classe dirigente che si assuma la piena responsabilità delle azioni politiche e amministrative nel sud, cosa che di fatto non avviene. La costruzione di una rete di persone che svolgano la funzione di cittadinanza attiva che riescano a far sentire la loro voce attualmente inesistente sui temi dell’emigrazione interna al paese è invece strumento di conoscenza e di approfondimento che il nascituro partito democratico non si può permettere di continuare ad ignorare.
è un articolo bellissimo. parlare degli espressi in particolare è esemplificativo di uno stato d’animo diffuso in tutti noi ragazzi che ci trasferiamo dal sud al nord. complimenti veramente
sn assolutamente d’accordo cn pietro,purtoppo è una piaga ke nel nostro paese c’è ed è anche piuttosto inevitabile fin quando tutto resta nel silenzio.
Ciao ragazzi, io ho lasciato la mia terra, la Lucania, con le lacrime agli occhi ed ora vivo a Londra. Sono stato costretto a emigrare perche nella mia terra non riuscivo a trovare uno straccio di lavoro, nonostante una laurea in Lingue e varie esperienze di lavoro all`estero. Qui, a Londra, non e facile, ma ci sono molte opportunita lavorative per chi le sa cogliere, Londra e pienissima di italiani che hanno deciso di lasciare l`Italia per un futuro migliore qui. Io pero sogno sempre di ritornare nella mia terra, e spero che un giorno il sogno si realizzi. Un saluto a tutti. Paolo