23 Febbraio 2006

Tagli alla cultura: il paradosso italiano

Attualità

CHE VALORE ha il patrimonio culturale italiano e in quale modo le bellezze del nostro paese possono aiutare il rilancio economico? Con la presentazione del suo terzo rapporto annuale Federculture, associazione che dal 1997 si occupa della valorizzazione dei beni culturali e ambientali in Italia, cerca di rispondere a questi interrogativi. Il quadro che emerge da questa indagine segnala tutte le contraddizioni di un Paese che, con drastici tagli, rischia di danneggiare il settore del turismo culturale, che più di ogni altro garantisce prospettive di crescita economica.
Diverse ricerche dimostrano infatti che il turismo culturale è in controtendenza rispetto alle perdite degli altri settori dell’economia italiana. Nel 2004, ad esempio, ben 83 milioni di persone hanno visitato l’Italia perché attratte dalle sue bellezze artistiche. Inoltre, secondo una ricerca condotta nei primi sei mesi del 2005 dall’Isnart (Istituto nazionale delle ricerche turistiche), i “turisti culturali” sono quelli che spendono di più. I dati riportati nel “Country brand index 2005”, l’indice sul turismo creato dall’organizzazione Future brand, segnalano poi l’Italia come la meta turistica più attraente al mondo. La cultura dunque come risorsa, in vista di uno sviluppo favorito anche da nuove e più pratiche soluzioni di viaggio come i voli “low cost”.
Tutto ciò farebbe pensare a un quadro roseo per l’azienda del turismo culturale italiano. E invece, sottolinea Federculture, i tagli previsti nella Finanziaria 2006 rischiano di danneggiare gravemente il settore. I principali problemi potrebbero derivare dalla riduzione dei fondi per le Regioni e gli enti locali, che ad oggi si segnalano come i principali investitori in cultura e ambiente. “Mentre lo Stato sembra abdicare al suo ruolo storico e istituzionale – afferma il segretario generale di Federculture Roberto Grossi – i segnali incoraggianti arrivano dal movimento degli enti locali e delle Regioni”. Basta pensare che dal 1998 a oggi nelle principali città italiane si è avuto un aumento degli investimenti del 70 per cento da parte dei Comuni.
Il paradosso italiano diventa ancora più grave se si considera che gli altri Stati europei hanno invece adottato politiche di appoggio alla cultura. Le scelte del nostro governo sono in totale controtendenza rispetto alle politiche di Paesi come la Spagna (più 9,6 per cento di fondi per la cultura nel 2005), l’Inghilterra e la Germania (fondi pari al 2% del bilancio statale) o ancora la Francia, che per le arti ha stanziato un miliardo di euro all’anno per il prossimo triennio.
Ma la situazione dell’Italia, che sembra non comprendere l’importanza della cultura in funzione del progresso, trova riscontro anche nel grado di alfabetizzazione tra le 30 nazioni più industrializzate. In questa classifica il nostro Paese occupa infatti il terz’ultimo posto, seguito solo da Portogallo e Grecia, e si segnala per un numero di analfabeti pari a circa 6 milioni di persone. “Rischiamo di diventare un Paese carico di monumenti – afferma Grossi – ma che non produce più cultura e, quindi, innovazione”.
L’augurio con cui si conclude il rapporto Federculture è che le istituzioni sappiano investire in “una programmazione che guardi in avanti” e che sia fondata “sulla professionalità e sulla qualità del lavoro come elementi chiave”.
(Fonte: Repubblica.it, 22 febbraio 2006)