1 Marzo 2006

Le poltrone di Buttiglione

Attualità

Deciso a svecchiare la cultura italiana, l’apposito ministro Rocco Buttiglione è un fumaiolo di idee. L’ultima è l’espulsione dai vertici dell’Istituto Luce dello storico Piero Melograni, quello sventolato come prova che Forza Italia era il «partito dei professori », per sostituirlo con la gentile signora Mariella Calò.
Che certo, non ha mai scritto un libro, non ha mai prodotto un saggio, non è mai stata protagonista del più modesto evento culturale registrato in Italia ma vanta un merito: è presidentessa dell’Udc di Taranto. Le pellicole americane si danno lustro con Tarantino? E noi, tiè, abbiamo la tarantina. La nomina della donna, una mora piacente che nella città pugliese è pressoché ignota perfino a chi si occupa di politica se non come moglie dell’avvocato Franz Calderoni, amico dell’onorevole Udc Michele Tucci, non è però che l’ultima delle scelte contestate al responsabile dei Beni culturali.
Scelte su cui il predecessore Giuliano Urbani, che lasciò spazio allo sventurato filosofo clamorosamente bocciato a Strasburgo quale candidato alla Commissione Europea, non perde occasione di scuotere la testa. Il panorama, per un Paese che si vanta di avere un’immensa percentuale del patrimonio artistico, monumentale e cinematografico mondiale, è in effetti piuttosto eccentrico. Prendete il ruolo di consigliere del Ministro per il Cinema e lo Spettacolo, accusano i contestatori. Una volta c’era Franco Zeffirelli, che sarà un dichiarato simpatizzante di Berlusconi ma certo ha una statura tale che perfino il più prevenuto e trinariciuto nemico doveva riconoscere.
Oggi c’è Claudio Sorrentino, che gli anti-buttiglioniani liquidano perfidi come «il doppiatore di Gargamella, lo stregone dei Puffi» ma che certo, per quanto si possa vantare nel sito auto- celebrativo di aver esordito doppiando il caporale Rusty in Rin-Tin-Tin e poi il mitico Topolino per passare infine a Mel Gibson in «Braveheart» con una parallela carriera teatrale, pare a dir poco di seconda fila, tra i protagonisti del cinema italiano.
Non bastassero le perplessità sulla nomina all’Arcus, la società che gestisce i fondi destinati alla cultura presi dal 3% delle Grandi Opere, dell’ignoto Giorgio Basaglia (accusato da opposizioni e sindacati di essere un lobbista vicino all’Udc e in particolare a Gianpiero Catone, il discusso braccio destro di Buttiglione) le polemiche più aspre stanno divampando, come è noto, intorno a Cinecittà. Nel consiglio di amministrazione precedente, per un po’ presieduto da Pupi Avati, c’erano ad esempio il sociologo Francesco Alberoni, l’intellettuale «geneticamente di destra » Marcello Veneziani, l’avvocato Michele Lo Foco (esperto di diritto degli audiovisivi) e il professore Alessandro Usai, docente alla Bocconi di economia dello spettacolo. Nomi certamente difficili da bollare come sinistrorsi.
E adesso ai vertici della holding, da un paio di mesi, chi c’è? Come amministratore delegato Massimiliano Condemi, il capo di gabinetto alle Telecomunicazioni dell’ex ministro Maurizio Gasparri che, come raccontò un reportage dell’Espresso, era un gran produttore di elenchi di persone da raccomandare. Come consiglieri il capo-segreteria di Buttiglione Massimiliano Conversi, il costruttore napoletano Sandro Abeille e la signora Roberta Lubich, detta «Baby », già conosciuta dalle parti di Bologna come organizzatrice di eventi ma soprattutto ex-moglie del presidente della Camera e uomo forte dell’Udc, Pier Ferdinando Casini. Per carità: tutte cose già viste. Lo ricorda anche un celeberrimo detto del cardinale Enea Silvio Piccolomini, eletto Papa col nome di Pio II: «Quand’ero solo Enea / nessun mi conoscea / ora che sono Pio / tutti mi chiaman zio». Ma è difficile dare torto a chi sorride, davanti a queste nomine, nel rileggere certe celesti rivendicazioni di nobiltà ideale buttiglioniana come le citazioni della «Lettera a Diogneto», un pagano del secondo secolo cui un amico cristiano spiega i rudimenti della fede: «A ciascuno di noi è dato un posto e non ci è lecito disertare».
Lui, sui posti, non diserta di sicuro. Anzi. Basti vedere, appunto, le ultime scelte fatte per il consiglio di amministrazione del Luce, il prestigioso istituto che ha recuperato, conservato, catalogato e parzialmente restaurato quello straordinario tesoro di filmati che raccontano tutta intera la nostra storia più recente, dagli esercizi ippici di Benito Mussolini a Villa Torlonia all’Olimpiade di Roma, dall’attentato a Togliatti ai concorsi per «Miss Ricciolo ». Un tesoro di cui sono stati nominati guardiani Flavio De Luca (che sarà un genio ma era noto solo come capo della segreteria del ministro udc Mario Baccini) e appunto la bella Mariella. Una scelta che ha messo il degno sigillo a un braccio di ferro che andava avanti da anni tra il ministro e Piero Melograni. Il quale, appena Buttiglione era stato nominato alla testa dei Beni Culturali, aveva mandato una lettera a lui, Berlusconi e Letta (mai arrivata una riga di risposta) in cui spiegava che, «avendo già pubblicamente polemizzato con Lei a causa del suo stretto e troppo lungo sodalizio con un personaggio discusso e discutibile quale il signor Giampiero Catone, più volte inquisito, ritengo di non poter trovare con Lei alcuna forma di collaborazione e rassegno pertanto le mie dimissioni dal Consiglio Nazionale dei Beni Culturali ».
Non bastasse, lo storico si era rifiutato di firmare una lettera di solidarietà col presidente dell’Udc dopo la bocciatura di Strasburgo spiegando che Buttiglione si era già presentato in Europa con «termini così integralisti, arcaici e inopportuni » da lasciare «esterrefatti». Per di più, aveva insistito, continuava a servirsi di Catone «oggetto da parte della magistratura italiana di denunce, imputazioni e arresti per una serie di reati, quali associazione a delinquere, falso, bancarotta fraudolenta pluriaggravata». Il «filosofo» dell’Udc non gliela ha perdonata mai. Che te ne fai di uno storico rompiscatole se puoi avere una sconosciuta ma docile amica di partito?
(Fonte: Gian Antonio Stella, Corriere.it, 1 marzo 2006)