Grazie a Repubblica (grazie!) ho potuto vedere anch’io il dibattito ieri sera e mi pare sia andato bene. Berlusconi ormai sembra ogni giorno di più Sabina Guzzanti che fa Berlusconi. Abbiamo assistito a rare perle di comicità quali quelle relative al vero conflitto d’interessi che ammorba l’Italia – lo sanno tutti, quello delle Coop! – per non parlare poi dell’esilarante serie di numeri al lotto sparati ieri sera completamente a casaccio dal Cavaliere.
Prodi mi pare se la sia cavata bene: era nervosetto, all’inizio, ma dopo la prima mezz’ora è diventato chiaro che la scelta che abbiamo davanti è quella tra un magari attempato ma certamente saggio professore universitario e Vanna Marchi in una delle sue più riuscite performance sullo scioglipancia.
Quella che è mancata secondo me è stata un po’ di sana “demonizzazione dell’avversario”, quell’abitudine di dire le cose come stanno che dalle nostre parti riteniamo da un po’ di tempo non faccia tanto chic. Avrei voluto sentir dire, per esempio, che la Bossi-Fini non funziona perché aver fatto fare una legge sull’immigrazione a quei due è stato come far fare a Gargamella la legge sui Puffi. Avrei voluto sentire i nomi di almeno dieci dipendenti o consulenti di Berlusconi che siedono in Parlamento – fatti così, d’impeto, su due piedi – quando lui ha detto che ce ne sono solo tre. Avrei voluto sentir chiedergli conto di tutte le leggi ad personam che il suo governo ha fatto quando ha detto che sulle quarantotto, anzi duecentodue, anzi che dico ottomilasei riunioni del Governo, lui è dovuto uscire solo quattro volte. Avrei voluto sentire una domandina su quanti ministri ha perso lungo la strada quando ha detto che noi siamo una coalizione rissosa.
Insomma, abbiamo vinto con l’eleganza, per questa volta. Noblesse oblige, ma speriamo che basti.