Sono di nuovo a Mosca. Sono partito questa mattina dopo aver serissimamente rischiato di perdere il mio volo: ho votato alle 8 in punto, come primo elettore della sezione 188 a Milano e posso dire con soddisfazione che alle 8.01 il mio seggio aveva un risultato parziale che dava il 100% dei suffragi all’Unione (e ai Verdi in particolare). Conoscendo la mia zona e la mia città temo che le cose saranno molto più complicate alla chiusura dei seggi domani pomeriggio, ma insomma questa volta non si poteva non esserci.
Mentre l’aereo prendeva quota e mi lasciavo dietro la Malpensa e l’Italia non potevo non pensare a tutte le persone, gli amici, che senza certamente mettersi d’accordo, nelle mie due settimane italiane mi hanno avvicinato ammiccanti dicendomi… “nel caso le cose vadano male alle elezioni poi tu ci ospiti tutti a Mosca, vero?” Non proprio una battutona, ma insomma il messaggio era chiaro. E Michele Serra ha descritto proprio bene questa mattina sull’Amaca il senso di estraneità al Paese che una (Dio non voglia, avrebbe detto mia nonna) vittoria delle destre causerebbe in molti di noi.
In volo mi sono letto un po’ di stampa internazionale, a partire dall’Economist con la celeberrima copertina. Gli osservatori stranieri sono sostanzialmente compatti nel ritenere che un secondo mandato per Berlusconi sarebbe una jattura ma non ho di certo trovato nessun ottimismo circa il futuro dell’Italia anche affidata a mani meno impresentabili di quelle del Cavaliere.
A Firenze, durante la presentazione del libro qualcuno m’ha detto che di queste cose parleremo una volta tolteci “le zecche di dosso”, e immagino si riferisse al governo in carica. E’ vero, nonostante le preoccupazioni, mai come oggi nel votare mi è sembrato di adempiere a quel dovere civico che è la definizione del voto secondo la nostra Carta Costituzionale. E se le cose andassero bene, ci sarà poi da chiedere, spingere, vigilare: le sfide sono enormi, il lavoro sarà terribilmente difficile. “Sadly, most Italian people do not yet recognise how sick their economy has become. For that reason they may not be ready for the pain of reform”. Perfetta sintesi della situazione.
Oggi sono io che sono partito, ma mentre l’aereo prendeva quota e me ne andavo via, ho pensato tra una pagina e l’altra che era a voi, lì a casa, che bisognava augurare buon viaggio. E dunque buon viaggio Italia, e per oggi, buona speranza.