E’ una sonnecchiosa domenica di primavera qui a Mosca e me la sto passando leggendo una pila di giornali arretrati. Mi sono imbattuto nella rubrica delle lettere di Time. Si commenta l’articolo di aprile sulla Giovane Italia che probabilmente ricordate. Traduco un paio di lettere, mi paiono niente male. La prima la scrive Nelson Manglallan, un filippino che vive e lavora a Roma. Eccola qui di seguito.
Posso affermare con convinzione che Guia Soncini, la giornalista citata nel vostro articolo, ha colpito nel segno quando ha detto che la gioventù italiana “è a suo agio con le cose come stanno”. Sono un filippino immigrato a Roma e non non potrei essere più d’accordo. La riluttanza dei giovani italiani ad assumersi dei rischi continua a meravigliarmi ogni giorno che passa. Lavoro in una famiglia in cui il figlio di 36 anni non ha alcuna intenzione di uscire di casa, sostenendo che il suo stipendio non gli permetterebbe di vivere per conto suo. Lui è più vecchio di me e guadagna più di me. Io mando metà di quello che guadagno a casa nelle Filippne ai miei cari. Questi ragazzi dorebbero crescere e accorgersi che per migliorare la propria vita bisogna pur accollarsi dei scarifici. Prendete noi immigrati, per esempio: io sono lontanissimo dalle coccole di mia madre e lontanissimo dal calore e dalle sicurezza che avrei vivendo nel mio paese.
Seconda lettera: viene da Fabrizio D’Amico, da Milano.
Ho lavorato per più di dieci anni come giornalista free-lance ma ho passato i miei anni intorno ai 30 senza una solida posizione. Dovevo aspettare. Ogni volta che ho alzato la testa qualcuno diceva che ero arrogante. Ho deciso di provare la carriera diplomatica e così ho divorziato perché mia moglie voleva che restassi a fare il giornalista. “Rimani ciò che sei”, mi diceva, “è la tua ambizione che ti spinge”. Ma oggi si deve cambiare. Gli indizi della crisi si vedevano già dieci anni fa, quando i ragazzi dopo la laurea dovevano aspettare degli anni per trovare lavoro.
2 risposte a “La Giovane Italia”
Lettera 1, vero che se trattassimo meglio i migranti avrebbero opinioni migliori di noi! Comprensibilissima la situazione descritta! D’altra parte in molti Paesi del mondo, per dire, si fanno anche i figli a 15 anni. Posso poi ammirare le nonne 50enni, comunque non so se si possa classificare tutta la diversità della nostra società in questo ambito sulla base di una presunta non voglia di cambiare. In ogni caso chiaro che bisogna criticare anche ferocemente tutti i difetti che abbiamo (e io, se fossi in casa con i miei a 36 anni, impazzirei :-D).
Lettera 2: ineccepibile.
Carolina
Secondo me invece, il nostro amico filippino centra assolutamente il punto. E’ lo stesso concetto che gli Afterhours avevano già cristallizzato in maniera brutale, ma efficace, cantando: “Sui giovani d’oggi ci scatarro su”.
Certo, il sistema italiano è incriccato, ma non vedo alcuna centralità nel tema dell’età. Semmai c’entra la mafiosità intrinseca del nostro sistema, mafiosità dalla quale nessuna generazione è immune, anzi!
E faccio immediatamente un esempio: che vantaggio avremmo avuto ad avere un “giovane” Massimo D’Alema al quirinale? Molto meglio un pallidissimo, ma rispettabile socialdemocratico 80enne come Giorgio Napolitano. Sicuramente persona assai più onesta.
Io ho 33 anni, ma a 26 ho schiodato il culo da casa, senza alcuna certezza. Lavoravo di notte nei pub e di giorno studiavo Istituzioni di Fisica Teorica. Senza l’aiuto di varie persone della classe ’52-’53 non ce l’avrei mai fatta, ma provo solo gratitudine, per alcune persone meravigliose che hanno saputo darmi l’appoggio di cui avevo assolutamente bisogno senza lasciare che mi attaccassi alle loro gonne.
Insomma, ho il forte timore che polarizzare il dibattito partendo dalla centralità del tema dell’età non sia che un altro modo per “cambiare tutto per non cambiare nulla”.
Non sarebbe meglio forse partire da alcuni valori base come l’onestà e alcune regole condivise come la Costituzione Repubblicana? Parliamone…
Ste