4 Giugno 2006

Io vivo a Mosca

Diario

Una delle cose che mi sono state rimproverate più spesso durante la mia parentesi pubblica è stata quella di fare il direttore del personale per una banca americana. Per il mio lavoro sono stato fatto oggetto di critiche pesanti, qualche volta ai limiti dell’insulto, qualcuno si è chiesto addirittura come ci si potesse mai fidare di un capo del personale.
In questi giorni mi sono interrogato moltissimo. I vergognosi eventi del Gay Pride qui a Mosca e le tristi parole del Sindaco Luzhkov mi hanno spinto a chiedermi a lungo cosa io possa fare in questa situazione. Chi mi conosce sa che sono uno che non si tira certo indietro. La risposta che mi sono dato è che quello che farò è semplicemente essere me stesso, pacificamente e pubblicamente come ho fatto a Londra prima di venire qui e come faccio quando sono a casa mia a Milano. Ho qui con me la persona che amo e – in barba al sindaco, al presidente e a chicchessia – continueremo a vivere insieme, presentarci insieme alle cene di lavoro e la sua foto continuerà a campeggiare sulla mia scrivania per la gioia mia e l’informazione di tutti i miei colleghi di banca.
Combatterò pacificamente e gandhianamente per i miei diritti di essere umano. E questo sarà possible perché lavoro per un’azienda che me lo permette, che considera me e il mio compagno una famiglia in Gran Bretagna, in Italia e pure in Russia. Sarà pure un paradosso ma il diritto alla mia dignità io l’ho visto riconosciuto nei fatti – concretamente – prima dal mio datore di lavoro, una banca americana, che da qualsiasi partito o sindacato della sinistra nostrana.

6 risposte a “Io vivo a Mosca”

  1. Teo ha detto:

    Grande!

    Molte volte è sufficiente che il diritto alla dignità personale sia riconosciuto dal datore di lavoro, piuttosto che scritto in una costituzione. Ma, come ben sai, il riconoscimento pubblico e giuridico formale sarebbe un grande passo avanti. Un passo di civiltà per la dignità di tutti.

    Continua così.

  2. Tore ha detto:

    Nessun paradosso, credo. Stiamo parlando appunto della sinistra nostrana, non di quella spagnola.

  3. Marco ha detto:

    eh, hai messo assieme due demoni:
    Banca e Americana
    manca solo che la banca americana finanzi chessò la nestlà o la hallyburpon e ti ritrovi con disegnati addosso i cerchi concentrici del bersaglio ideologico.
    peggio della destra italiana c’è solo la sinistra italiana, ma anche viceversa, e tutto si tiene, ahinoi, in un perenne volar di stracci mentre ci si spartisce il bottino sottobanco.
    nemici ideologici e sodali alla mensa, difficle spezzarne le unghie da oligarchi. parlano i fatti purtroppo.
    forse la russia putiniana è solo più sfacciata e semplice del nostro gattopardesco ancien regime, certo non vedo orizzonti liberali e libertari approssimarsi né qui né là.
    per quanto mitridizzato la cicuta fa sempre schifo.
    ciao!

  4. daniela ha detto:

    Sono capitata sul tuo blog facendo una ricerca sui quarantenni. Ho letto con interesse e curiosità una tua intervista in cui parli della nostra generazione e di una classe dirigente che non riesce a rinnovarsi. Vivo ogni giorno questa situazione. Ho trent’anni faccio la giornalista, lavoro in un partito e non posso fare a meno di chiedermi: ma se per una volta qualcuno provasse ad agire anzichè continuare a discutere di nomi e contenitori che non significano nulla? Bravo a te che ci hai provato e che ci credi. Io, sinceramente, inizio a sentirmi depressa.

  5. Carolina Figini ha detto:

    Vi dispiace se io il pacifico e gandhiano Ivan lo vorrei a sinistra? anche non nostrana, ma a sinistra?
    Carolina

  6. matnet ha detto:

    No Carolina, non ci dispiace. ci dispiace invece che purtroppo sembra che sia la sinistra a non volere Ivan