La morte di Andrei Kozlov, il numero 2 della Banca Centrale Russa ha colpito profondamente Mosca e scosso la comunità finanziaria russa. Proprio nel momento in cui il paese sta tentando per la prima volta con qualche serietà di integrarsi nella comunità finanziaria internazionale e di risanarsi, avvantaggiandosi delle proprie enormi riserve naturali, con delle riforme economiche serie – le riforme politiche sono ancora di là da venire – l’assassinio brutale dell’uomo che stava chiudendo una dopo l’altra una serie di banche e banchette dall’assai dubbia reputazione è un bruttissimo segnale di stop.
L’aria che si respira in questi giorni in Russia, a Mosca, a San Pietroburgo, ma anche in posti come Novosibirsk, la capitale della Siberia (regione che nel nostro immaginario sta più o meno tra l’inferno e la fine del mondo) è psicologicamente la tipica aria da boom economico, come doveva essere l’Italia della Lambretta e della Cinquecento. Giri per le strade e vedi grandi avveniristici palazzi che vengono su con le loro liscissime superfici di vetro, sempre più Volvo, Mercedes e BMW e sempre meno Lada, Volga, Ziguli, supermercati scicchissimi in stile Harrod’s pieni di signore che pagano alla cassa coi loro portafogli di Gucci, ma anche di gente che negli stessi supermercati compra tranquillamente come se si trovassero all’Esselunga.
Nelle strade è pieno di negozi di telefonia, di elettronica, i nostri stilisti vendono a bizzeffe. Sta assolutamente nascendo una classe media, la vedo fiorire sotto ai miei occhi: aprono un sacco di sportelli di banche, anche straniere (che poi è il motivo per il quale io sono qui), nuovi supermercati, forniti di tutto punto, nuovi ristoranti bar e caffè ad ogni angolo di strada. Insomma quello che si vede in giro è una sensazione come di ottimismo diffuso, il che spiega in parte anche l’enorme popolarità di cui gode Putin, che – con tutti i difetti che ha – agli occhi di chi vive qui è arrivato al potere con la gente che faceva la fame e la Russia ridotta ad una nullità sullo scacchiere internazionale e se ne va (se ne va?) dopo aver detto in pubblico a Bush che effettivamente Russia e Stati Uniti hanno un’idea abbastanza diversa della democrazia (e si riferiva all’Iraq) e facendoci pagare caro e amaro il gas della Siberia (vedi sopra alla voce: Siberia). Mi ricordo ancora un amico che mi telefonò l’anno scorso facendo lo spiritoso quando qui avevamo -35° (ma voi avevate comunque un freddo boia pure in Italia) dicendomi con voce garrula: “Fa freddo, neh?”. E io gli risposi, “Sì, ma qui in casa noi abbiamo il riscaldamento assicurato, state attenti che tra un po’ da qua vi chiudono i rubinetti”. Resta a tutt’oggi il momento della mia massima espressione di integrazione col paese ospitante.
Beh, Andrei Kozlov rivestiva un ruolo chiave in tutto questo processo. Innanzi tutto perché stava facendo pulizia intorno a sé con la determinazione e lo stile tipico del civil servant anglosassone, il che, in un Paese in cui il potere è sempre stato per definizione arcicorrotto e incline a farsi soprattutto gli affaracci suoi, lo rendeva una specie di mostro buono la cui autorevolezza era assolutamente indiscussa in particolare tra i banchieri occidentali. E attenzione: Kozlov non era stato un osso tenero per le banche occidentali che avevano deciso di investire in Russia: per dire lui era quello che aveva insistito assolutamente perché le banche estere – e così è, infatti – non potessero aprire sportelli da queste parti senza aver prima creato un’entità legale di diritto russo, cioè in pratica una banca russa che soggiace alle stesse regole, controlli (e difficoltà) di tutte le altre banche russe. Questa cosa è stata ancora di recente criticata dagli Stati Uniti durante i colloqui per l’ingresso della Russia nel WTO, ma di fatto agli occhi dei russi in questo modo si è protetto il mercato bancario locale dall’alluvione delle banche estere che si è verificata in tutta l’Europa centrale, il che, va da sé, ha attribuito a Kozlov autorevolezza anche agli occhi del proprio governo e del proprio paese.
La morte di quest’uomo è una specie di doccia fredda sugli entusiasmi di un paese che cresce, una frenata brusca sulla strada della creazione di un sistema bancario trasparente ed è anche per me la scoperta che evidentemente i perpetui esistono anche in Russia (e, si direbbe, utilizzano metodi molto più sbrigativi e definitivi dei nostri). Andrei Kozlov, numero 2 della Banca Centrale Russa, aveva 41 anni e a modo suo stava cambiando il mondo. Ai perpetui, quale che sia la loro lingua o la nazionalità, la gente così proprio non va giù.
3 risposte a “A volte sparano”
Grazie per questo splendido post.
Ciao,
ho segnalato questo post nella selezione dei post della settimana che pubblico sul mio blog. A rileggerci
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