8 Novembre 2006

Dove si va?

Diario

Soltanto qualche giorno fa scrivevo che una delle cose che dovremmo assolutamente preoccuparci di fare in Italia è di “sviluppare una cultura della meritocrazia e della responsabilità (accountability in inglese: chi fa bene è premiato, chi sbaglia paga)”. La cosa mi è rimasta in mente così oggi sono andato a guardarmi su un po’ di dizionari on line cosa voglia dire esattamente in inglese la parola accountable . Ho trovato varie definizioni: da “subject to the obligation to report, explain, or justify something” a “liable to account for one’s actions”, ma quella che mi piace di più è quella del Merriam-Webster’s Dictionary of Law che recita in modo secco e definitivo “obliged to accept responsibility”. In pratica se fai qualcosa, se prendi una decisione o se collabori all’assunzione della stessa, devi poi obbligatoriamente accettarne la responsabilità. Per esempio, in sistemi democratici di tradizioni più mature della nostra, se fai il ministro dell’Interno non puoi dire che hai accettato una legge “con sofferenza” senza dare contestualmente le dimissioni. Infatti, delle due una: o non eri d’accordo e allora hai subito una decisione che ritenevi sbagliata delegittimando il tuo ruolo in modo assolutamente sostanziale, o eri d’accordo e allora, riconosciuto il fatto che la decisione era sbagliata, dovresti assumerti le responsabilità della tua decisione. E’ un basilare problema di leadership: se le decisioni che sono state prese non appartengono mai fino in fondo a nessuno, alla fine vien da chiedersi chi sta guidando la macchina, e dove stiamo andando.

17 risposte a “Dove si va?”

  1. Giulio ha detto:

    Sono PERFETTAMENTE d’accordo, il problema è però che in Italia TUTTO (dico tutto intendendo comprendervi tutto quello che è emanazione umana) improntato a principi saldamente opposti.
    Secondo me la non assunzione di responsabilità ormai è radicata a livello genetico.

  2. dago ha detto:

    Vorrei dissentire dal commento precedente; vorrei ma non posso. Possiamo imputare ai politici di essere più ignoranti, paraculi ecc. ecc. del nostro (singolo) modello di politico, ma non possiamo negare che siano espressione della nostra (collettiva) identità.
    Quanta poca accountability vedo quotidianamente anche dove non è in gioco niente di personale…

  3. Roberto ha detto:

    Quindi, ogni volta che si vota un decreto in consiglio dei ministri, quelli che votano contro si devono dimettere? Oppure accettano con sofferenza?

  4. scalpha ha detto:

    Caro Roberto,

    se il Governo propone e ottiene l’approvazione parlamentare di una misura qualificante come l’indulto dovrebbe a mio modo di vedere esserci in linea di massima un accordo collegiale del governo. Se poi a “soffrire” fossero il ministro dell’Agricoltura o quello dei Trasporti potrei anche arrivare a capire. Ma che “soffrano” i ministri dell’Interno e di Grazia e Giustizia (quelli immediatamente competenti) mi pare francamente curioso.

    Ivan

  5. Paolo ha detto:

    Mai letta assurdità peggiore. La politica è, per sua natura e prima di tutto, compromesso. Compromesso che anche lei, qualora le avessero offerto la poltrona, avrebbe candidamente accettato.

  6. scalpha ha detto:

    Caro Paolo,

    che la politica sia per sua natura e prima di tutto compromesso è probabilmente vero e non mi pare di aver detto il contrario. Il punto è che una volta accettato il compromesso non si può poi tentare di spogliarsi della relativa responsabilità.

    Se mi avessero offerto la poltrona, come dice lei, io avrei fatto così. Candidamente.

    Cordialità,
    Ivan Scalfarotto

  7. Filippo ha detto:

    caro Ivan, a parer mio la questione sollevata da Paolo e’ sensata. Pur senza essere categorico come lui, e pur dandoti ragione nel caso che hai citato, mi pare che l’esempio che hai fatto tu sia piu’ demagogico che reale. Concordo sul fatto che Mastello non puo’ permettersi di accettare “con sofferenza” una questione sulla giustizia (anche se ha furbamente rigirato il senso della parola “sofferenza”), ma e’ anche vero che non si puo’ dividere i ministeri pertinenti da quelli non pertinenti cosi’ facilmente come la fai tu. La maggior parte dei casi sarebbero dubbi, e quindi che si fa? si dimettono ogni volta? o si nominano le solite commissioni per stabilire se ogni ministero e’ pertinente o meno ad ogni decisione “sofferta”? l’accountability da te citata e’ piu’ un problema legato al fatto che in italia si fa carriera automaticamente con l’avanzare dell’eta’ (o per lo meno si faceva, oggi si fa precariato) invece che con il merito. Le furberie di uno come Mastella sono un problema diverso: e’ la solita incapacita’ italica di indignarsi sonoramente quando un elemento del genere presiede ad uno dei ministeri piu’ importanti e dici le falsita’ piu’ smaccate.

  8. dago ha detto:

    Per scrivere poco ho tagliato una parte importante della mia opinione: cioè che l’uscita di Amato è davvero infelice; forse la reputo poco preoccupante (o meglio: poco degna di nota puntuale rispetto al quadro generale) perché la considero una frase di poca sostanza e molto infelice nella forma.
    Dovessi mai reputarla una frase con un corposo sostrato di sostanza non capirei cosa ci stanno a fare lì quei signori…

  9. andrea del bene ha detto:

    Secondo me c’è anche da daire che se una legge ti fa schifo ma la devi (devi?) per forza votare almeno dillo prima, prendi le distanze subito come ha fatto Di Pietro (l’unico nel governo…).
    Avere una crisi di coscienza due mesi dopo come Amato e la Lega è francamente ridicolo…

  10. Simone ha detto:

    La questione credo sia più complessa rispetto alle parole di Mastella. Credo che Ivan abbia toccato (e nel suo blog lo fa da un pezzo, mi pare in modo del tutto equilibrato: non scorgo mai demagogia nelle sue parole) un tema profondo, che davvero è radicato in ogni dove del paese.

    Tornando alla politica che è compromesso, immagino che ci sia chi ricorda le dimissioni di Cossiga dopo l’assassinio Moro (io avevo solo 7 anni, ma lo ricordo comunque). Tralasciando ogni banale dietrologia, Cossiga dopo pochi anni è tornato da Presidente del Consiglio e successivamente della Repubblica. Questo è lo spirito italiano.

    Non rammento nomi e date ma ricordo anche una vicenda danese in cui il ministro degli interni si dimise per uno scandalo di tangenti o simile. Non è mai più riapparso, in alcuna forma, in politica.

    Questa è la differenza, e se in Italia attacchi a parlare di formare una coscienza di base, al riguardo, subito si leva una difesa di facciata, che ho letto anche in alcuni commenti qui. Normale?

  11. dago ha detto:

    Ma non è solo la versione meno nobile della famosa vecchia “doppia verità”?

  12. Ethos ha detto:

    Amato intendeva dire che la responsabilità dell’indulto, per tornare al tema, non è del governo ma del parlamento. E lui non se la sentiva di opporre il suo rifiuto a tutto il provvedimento, considerando la situazione siberiana di molte carceri italiane.

    La meritocrazia se non è supportata da una società libera, non familistica, non immobilizzata da liturgie bizantine [che peraltro sono bellissime, se di sole liturgie si parlasse], rimane una nobile aspirazione. L’erba cattiva intanto soffoca quel poco di erba medicinale che ogni tanto, a macchia di leopardo, riesce a non soccombere.

  13. Filippo ha detto:

    Amato poteva anche tacere, tanto non sarebbe cambiato nulla. Ciampi prima di lui diceva cose oneste, la sinistra quando era all’opposizione diceva cose oneste, la destra ora all’opposizione dice cose sensate (spesso ma non sempre). Ma com’e’ che tutti quelli che possono legiferare e cambiare il paese fan solo cose disoneste? forse perche’ per andarci devono sottostare a brogli e promessi di mille gruppi e gruppetti che si precipitano a batter cassa in caso di vittoria? il resto e’ solo divismo politico, diretto e indiretto…

  14. inpuntadipenna ha detto:

    Dove si va? se fai qualcosa, sei qualcuno? se non fai niente, sei nessuno? se hai il coraggio di farlo e basta, allora ne vale la pena. Fino in fondo. Anche se non ti conviene. MAGARI FOSSE!!! Destra o sinistra. Ed io che c’entro? Maggioranza o opposizione. Dicono che dentro il palazzo ci siano delle ambite poltrone con degli strani poteri magici…chi sa resistere alle loro tentazioni? Caro Ivan, passeggio da poco sul tuo blog su cui sono sbarcato per caso, ma credo che passerò spesso da queste parti…tanto nel web le distanze tra blogger, anche quando parlano di argomenti lontani, sono piccole piccole…distinti ciao e compli-menti…

  15. claudia ha detto:

    Pienamente d’accordo con Scalfarotto.
    Amato avebbe perlomeno dovuto esprimere la sua “sofferenza” durante i giorni del dibattito parlamentare, opinione che sicuramente avrebbe sortito i suoi autorevoli effetti.
    Ha scelto invece un colpevole silenzio isolando il ministro di Di Pietro, lasciato solo a difendersi da un linciaggio politico agghiacciante.
    Salvo poi dire, oggi, che aveva ragione Lui.

  16. boffetta ha detto:

    Caro Ivan,
    comincio solo oggi a leggere il tuo Blog, e trovo finalmente quello che a stento riuscivo a pensare!
    Credo che questo Blog diventerà un punto di riferimento centrale, d’ora in poi.
    Grazie.

    Stefano

  17. simona ha detto:

    Credo che, se la cultura della meritocrazia non si afferma in Italia, è perché per una serie di vizi storici, istituzionali e culturali, l’etica pubblica si è retta sul principio del “privilegio” più che del merito. questo ha determinato rendite di posizione imponenti. le più disparate, a cominciare da quelle delle categorie tutelate dai sindacati. ne parlavo giusto oggi col professor Michele Salvati e…se volete sapere come la pensa lui, non perdetevi il N. 10 di Critica Sociale sul quale apparirà l’intervista integrale.
    alla prossima
    simona