Leggo sempre con attenzione e anche con affetto gli interventi su One More Blog di Francesca Pollastrini, la Francesca della banlieu, una delle persone con le quali ho lavorato più da vicino ai tempi delle primarie. La storia di Francesca, titolare della cattedra di italiano in un liceo a Parigi invece che precaria a vita a casa sua, è uno di quei perfetti esempi del rapporto malato dell’Italia con i giovani talenti. In questi giorni ho letto alcuni commenti di Francesca piuttosto critici su Madame Royal: ovviamente il suo punto di osservazione, così vicino al luogo in cui si stanno svolgendo i fatti, rende particolarmente autorevoli i suoi pensieri. In un commento a un post di OMB Francesca ha scritto “Ségolène a me non fa impazzire, così come non mi fanno impazzire gli altri 2 candidati. Semplicemente non è una donna di sinistra, o almeno non della sinistra come la voglio io. Mi fa piacere che il PS candidi una donna, ma se avesse preferito uno degli altri 2 candidati non mi sarei assolutamente sentita a disagio: non si deve apprezzare una perché è donna, se un altro (uomo o donna) è migliore per me non ci sono esitazioni. Però, se avessi la nazionalità francese, voterei per lei, perché credo sia l’unico voto utile ed efficace”. Mi pare molto giusto. Io però aggiungerei una cosa che mi pare essenziale: che la candidatura di Ségolène Royal, il fatto che proprio lei sia stata scelta in modo così univoco dai militanti socialisti francesi, ha un suo valore che va al di là della piattaforma programmatica ancora abbastanza vaga della candidata Royal (cito ancora Francesca: “E in politica estera è abbastanza sconcertante: che ne pensa dell’ingresso della Turchia in Europa? Penso quel che pensano i francesi. E cioè? Farò quel che dice il popolo… Andiamo bene.”) e che è legato secondo me all’aspetto simbolico di questa candidatura. Aver scelto una donna, non sposata, madre di quattro figli, espressione certo dell’establishment ma che da sorridente comprimaria (il tradizionale ruolo da foglia di fico riservato alle donne in politica, nelle grandi imprese, nelle banche, nelle università) decide di andare a prendersi la responsabilità e che lo fa non mascolinizzandosi ma rivendicando le proprie specificità di donna, è un segnale importante. E’ il segnale che dice che le nostre democrazie vanno aprendosi, che il numero di coloro che possono aspirare a guidare i nostri paesi va allargandosi. E questo significa che anche le agende dei nostri governi potranno modificarsi. Faccio continuamente l’esempio del governo Zapatero e della legge sulla violenza domestica approvata da un esecutivo fatto per il 50% di donne: io sono convintissimo che esista un nesso diretto di causa effetto tra le due cose. Un governo in cui gli uomini sono la maggioranza schiacciante in termini numerici e culturali, tipo il nostro, non ha la capacità di “vedere” la violenza domestica e di considerarla un problema urgente. In questo senso il fatto che la Royal possa prendere il timone della Francia apre alla possibilità realistica che le priorità si modifichino, che i problemi possano essere visti da una prospettiva non convenzionale, che i nostri governi possano assomigliare di più alle società che rappresentano. Una donna all’Eliseo, un nero alla Casa Bianca, un gay a Palazzo Chigi (vabbè, dai, scherzavo…) sono in qualche modo secondo me una cosa buona in sé – ed è qui che non concordo pienamente con Francesca – proprio perché sono un segnale simbolico forte che costituisce anche la premessa per un riavvicinamento delle persone alla partecipazione. Perché dovrei partecipare se so che non avrò mai (per motivi di genere, età, etnia, fede religiosa, orientamento sessuale, disabilità) la possibilità di incidere e di assumermi responsabilità? E così finisce che la politica resta patrimonio di una cultura totalmente maschilista e patriarcale che esclude dal club quelli che non ricalcano il nostro classico clichè da perpetui. Se Ségolène Royal sarà una buona o una cattiva presidente lo vedremo, ma certo ha aperto una porta in Francia che non potrà più essere richiusa. Una porta che da noi resta per il momento saldamente sprangata (e le chiavi ce le ha il nonno).
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Ivan Scalfarotto
Sottosegretario di Stato al Ministero dell'Interno nel Governo Draghi. Deputato di Italia Viva. Mi occupo di democrazia, di diritti e libertà, di enti locali, impresa e affari internazionali.
Ho fondato Parks - Liberi e Uguali.
4 risposte a “Aprire le porte”
Eccomi qua. Concordo con te, Ivan, sull’analisi della presenza delle donne in politica, ma anche nelle industrie, nelle amministrazioni, e concordo pienamente sull’analisi del governo Zapatero.
E’ vero, con questa candidatura il PS apre una porta che non si chiuderà più ed è anche per questo che voterei per lei se potessi votare in Francia. Però non mi sembra che la signora faccia mai discorsi concreti sulla partecipazione delle donne, o meglio l’unica cosa che è in grado di dire è attaccare gli altri trattandoli di maschilisti. Forse è vero, anzi è sicuramente vero che anche all’interno del suo partito ci sia maschilismo. Sinceramente mi mette a disagio il suo silenzio di fronte a chi dice “oh quanto è bella, 4 figli, che tailleurs!”. Dovrebbe incazzarsi, e invece non lo fa. Cavalca il battage mediatico e spera di vincere. Aiutata da quel bellissimo portavoce (eh vai, la butto sull’estetica), ex fondatore del nouveau parti socialiste, corrente interna un po’ più a sinistra, morta ancor prima di farsi sentire.
Comunque, allez Ségolène. Con la speranza che la sua presenza in politica apra molte porte anche a chi non è figlia DI, né compagna DI, né protetta DA.
Vedremo se sarà una buona o cattiva presidente, ma potrà anche non essere presidente! Comunque gli articoli di Francesca sono tra i migliori, li a Onemoreblog!
Ho vissuto a Parigi per diversi anni e tuttora seguo da vicino le vicende francesi. Il grosso handicap di Ségolène Royal è a mio parere la sua smisurata ambizione che traspare da ogni suo discorso. In fondo non è affatto diversa da Sarkozy. Dice cose più di sinistra, è vero (Sarkozy è una specie di orribile fusione tra le idee di Calderoli e la mediaticità di Berlusconi) ma in fondo se sfrondiamo i suoi discorsi dalla demagogia e dalle varie banalità, resta ben poco.
E’ vero: è una donna, relativamente giovane, madre non sposata. Ma questo sarebbe un progresso enorme per l’Italia, in Francia non viene percepito alla stessa maniera.
Appunto: in Francia che una abbia 4 figli non fa scalpore, hanno tanti bambini i francesi; così come non fa scalpore che non sia sposata, anzi proprio non gliene frega niente a nessuno. In Italia è diverso.
Non so niente della vita degli Hollande-Royal, ma sembra quasi, leggendo un po’ di giornali, che in certi ambienti avere molti figli è figo in sé, se poi a crescerli è una tata. Sarebbe bello che anche i mestieri di più alta responsabilità fossero compatibili con vere paternità e maternità.
Comunque, dai discorsi che sento in giro, secondo me allo stato attuale lei non va al secondo turno. Molti socialisti non voteranno per lei.