16 Febbraio 2007

Se no i xe mati, no li volemo

Diario

Le mie origini familiari sono un po’ buffe. Quando mi si chiede di dove io sia, non so mai cosa rispondere. Napoletano da parte di madre, qui non ci sono dubbi. Ma da parte Scalfarotto le cose si complicano. I miei scapparono da Venezia nel 1848 verso Alessandria d’Egitto e sono rimasti là fino alla caduta di Re Faruk. Mio nonno Ivan (e da qui si spiega perché io mi chiami così… quello che tutti mi chiedono in Russia appena mi presento) tornò in Italia per combattere la prima guerra mondiale (pensa te), farsi ferire e poi sposare mia nonna Maria, una lombardona doc. Il nonno Ivan aveva solide radici ebraiche (sua mamma faceva Senigallia di cognome, ma si convertì per sposare il nonno Edoardo) e queste radici ebraiche in casa si sono sempre sentite fortissime. Così leggendo questo bellissimo articolo di Arrigo Levi mi ha fatto un sacco tenerezza leggere questa frase: “È proprio vero l’antico detto: chi è un ebreo? Uno che dice di esserlo; perché un non ebreo che dica di essere ebreo può essere soltanto matto da legare”. Mi ha fatto tenerezza perché non è tanto vero, io mi sento parecchio ebreo senza esserlo. O forse è solo che sono matto da legare.

2 risposte a “Se no i xe mati, no li volemo”

  1. paulo ha detto:

    Una volta ho convissuto per qualche settimana con un israeliano, un afgano e un giapponese. Feci grandi chiacciere a sfondo sociale, storico, politico e scientifico con l’israeliano, che era giovane professore in anno sabbatico in trasferta. Una volta ci trovammo a discutere della artificiosità o meno del concetto di nazione e di identità nazionale, se sia un sentimento autentico o un retaggio delle monarchie europee. Lui era scettico sulla autenticità delle nazioni nel senso di popoli (da italiano non posso che dire che la faccenda è estremamente complicata e di difficile decifrazione, tanto che ci fu un famoso detto sul dover fare gli italiani dopo aver fatto l’Italia).

    Poi quando chiesi del suo conto, dato che gli ebrei sono a mio parere, dissi, un esempio di una identità che non si è mai persa nonostante le avversità e la diaspora, e quindi un esempio in contraddizione con quel che voleva sostenere, mi cominciò a spiegare che in realtà l’ebreo non ha una vera identità in quanto ad appartenente ad un popolo: pensa a se stesso, a come arrabbattarsi per conto proprio nella vita, si costruisce il proprio mondo, si considera fortemente individuo diverso da qualunque altro individuo, ebreo e non. Fortemente individualista, di fondo, e fiero della propria unicità, poco propenso a considerarsi componente di una specifica o altra comunità sociale, anche con gli stessi ebrei. (non sto rendendo giustizia a quel che esattamente disse ed intendeva dire)

    Il mio commento finale fu: come vedi mi hai fornito un descrizione precisa e dettagliata su in che cosa un popolo è unico a sé e distinto dagli altri nel modo di essere e agire, lo hai caratterizzato con minuzia di particolari. Mi hai saputo definire benissimo in che cosa consiste l’essere ebreo, e in cosa è diverso da tutti gli altri.

    Sorrise dandomi un po’ ragione con l’espressione dello sguardo, perché era il contrario di quello che lui era partito per sostenere.

  2. Andrea Galliano ha detto:

    Caro Ivan,

    ti segnalo quanto successo a Milano:

    Prima della conferenza:
    http://www.pieroricca.org/2007/02/13/gli-incompatibili/

    Dopo la conferenza:
    http://www.pieroricca.org/2007/02/16/malgieri-salvati-srl/

    Meocci, Malgieri, Salvati.

    Ma Salvati è uno dei saggi del Partito Democratico?

    Il “democratico” Salvati che non rispetta la libertà d’espressione?

    Complimenti.

    A presto
    Andrea