Vabbè. Ho fatto una cosettina tipo aderire ai DS e poi sono stato travolto dai misteri della tecnologia e rimasto senza blog per una settimana. Uno dice: ok, il blog nuovo è proprio bello e ne sarà pur valsa la pena, ma capisco bene che poi tutta una serie di lettori sia rimasta un po’ così. Cavoli: ci scriviamo per due anni, poi tu prendi una decisione di questo calibro e tutto quello che ci metti sul blog è una lettera pubblicata sull’Unità. Come se i lettori del tuo blog equivalessero alla moltitudine distratta dei lettori di un quotidiano, come se non avessero diritto a sapere, ad avere un’anteprima, una spiegazione, un minimo di retroscena. Vero. Touché. Toccato.
Ho letto le molte cose che sono state scritte sulla mia decisione, ed in particolare l’articolo che Mario Adinolfi ha scritto per One More Blog, probabilmente la critica più appassionata e severa alla mia adesione ai DS. In più quella che in qualche modo le ha riassunte tutte, per forza e completezza. L’ho letta e credo che condividere con voi le cose che ho pensato leggendola sia forse il modo migliore per darvi qualche dettaglio in più sulla mia decisione.
Seguo il lavoro di Mario Adinolfi da tanto e credo che la nostra battaglia sia assolutamente la medesima. Come dice lui (cito quasi testualmente) quella di contribuire a fondare un partito libero, forte e di massa che vada sotto il nome di Partito Democratico. Su questo siamo assolutamente allineati. Dopodiché Mario pensa che per fare questo si debba provare a creare un movimento che punti allo scontro con le oligarchie dei partiti e che, spaventandole, le costringa ad arrendersi alle nostre condizioni, alzare bandiera bianca e finalmente rinnovare partiti, politica e paese.
Pur simpatizzando grandemente – anzi, facendo quasi il tifo – per questa eroica e pure un tantino ottimistica visione da coltello tra i denti, io faccio un po’ fatica a sentire mie non certo le finalità dello sforzo, ma gli strumenti che si vorrebbero utilizzare. Saranno l’età, o l’aplomb che mi è rimasto appiccicato addosso dagli anni di Londra, ma a me viene più naturale ispirarmi alla tranquilla perseveranza gandhiana che alle pistolettate e ai baffi a manubrio alla Emiliano Zapata. Certo non è stata, come Mario dice, la paura di contarmi: se c’è qualcuno in questo paese che è andato volentieri a farsi contare quello sono io.
Cosicché, quando invece di cedere alla facile tentazione di fondare il duecentesimo partito o movimento del centro-sinistra italiano decido più modestamente di iscrivermi ai DS dichiarando che lo faccio 1. in vista della costruzione del Partito Democratico e 2. condizionando apertamente la mia adesione al fatto che il nuovo partito nasca da un processo limpido e cristallino, Mario Adinolfi – che non solo è per definizione d’accordo con me sia sul punto 1 che sul punto 2 ma è pure iscritto, al contrario di me, ad un partito – invece di essere contento mi attacca su tutta la linea nemmeno avessi deciso di appoggiare Mussi, Turigliatto o Bertinotti.
Quello che Adinolfi pensa, ed è qui che non solo si sbaglia di grosso ma mi fa pure un torto che non corrisponde all’affetto che dichiara per me, è che io invece abbia deciso di vendermi per un piatto di lenticchie, farmi assorbire, farmi mettere la mordacchia, saltare sul carro del vincitore, farmi dare un posticino da qualche parte svendendo anni di battaglie e buona notte al rinnovamento.
Ora io penso che mettermi la museruola non converrebbe a nessuno, secondo me nemmeno a Fassino che avrà pure molti difetti ma certamente sciocco non è. Se anche io accettassi di farmi zittire le persone che liberamente mi hanno seguito e sostenuto finora smetterebbero altrettanto liberamente di farlo.
Dev’essere ben chiaro a tutti che ha un senso che io entri nel PD solo se continuerò a fare esattamente le medesime battaglie che ho fatto finora: laicità dello stato, meritocrazia, diritti civili, ricambio generazionale. La novità sta solo nel fatto che ho deciso di chiarire che entro nel PD, cosa non avevo ancora deciso di fare, trattenuto proprio dallo spettacolo della nascita di un Partito Democratico fatto di sole nomenklature che mi aveva reso molto molto sospettoso sui destini e sull’opportunità di aderire al nuovo partito.
E’ stato lì che mi sono chiesto quale fosse però il mio ruolo, la mia responsabilità. Continuare a lanciare strali dal mio blog osservando la partita da fuori in una splendida rendita di posizione, o sporcarmi le mani, andare a combattere, provare a fare in modo che questo benedetto PD nascesse – anche con il mio contributo – in un modo un pochino meno indecoroso di quello al quale stavamo tutti assistendo?
La mia storia personale, l’ho scritto, è una storia di partecipazione, di uno che non teme di assumersi le sue responsabilità. Ed è per questo che ho fatto il passo che ho fatto e di cui sono sempre più convinto ogni giorno che passa. Lavorerò con la mia tessera in tasca, della quale andrò orgoglioso, perché è la tessera di un grande partito con una grande storia e spero – insieme a tutti i democratici di questo paese, il mio amico Mario in testa a tutti – anche con un grande futuro.
Io penso che il Partito Democratico sia una grande occasione. Non quello che vediamo oggi, quello delle correnti, dei tesseramenti gonfiati e degli avanzi della politica degli anni ottanta. Penso alle belle facce civili, serene e consapevoli che c’erano in fila con me a votare il giorno delle primarie. Quella è l’Italia che mi assomiglia, l’Italia che la politica non rappresenta mai ma che c’è ogni volta che c’è da esserci. L’Italia dei giovani, l’Italia delle donne, l’Italia delle coppie di fatto, l’Italia “meticcia”, l’Italia dei cervelli in fuga: tutta gente che per la politica non esiste ma che io ho incontrato, che mi ha seguito, che mi ha votato.
Ho sempilcemente deciso di provare a rappresentarla quell’Italia, a darle un riferimento. Entro nel PD per dare il mio contributo e provare a fare in modo che quel partito – cha sarà comunque lo spazio politico più rilevante del centro sinistra – ci assomigli un po’ di più. Era doveroso provarci, sarebbe stato colpevole non esserci.
15 risposte a “Dove eravamo rimasti?”
è una bella ma insufficiente risposta, ci penso e poi replico
Grazie Ivan, per me la tua opinione conta molto. Io ho rinnovato la tessera DS per il 2007, ma non ho partecipato al Congresso di Sezione perchè non sono convinta del nuovo Partito e non me la sono sentita di votare per nessuna mozione, non mi hanno convinta nessuna delle tre. Una cosa te la posso dire: mi conforta pensare che persone come te possano vigilare e dare il loro contributo in questo “branco di mummie”. Io sono di Alfonsine – Ravenna (2°paese più rosso d’Italia ndr), e ti dico che al mio paese il Partito si è fossilizzato perchè non è mai stato capace di esprimere forze nuove, o meglio non appena i giovani volevano fare qualcosa venivano trombati se non ci si adeguava alla nomenclatura. Spero che le cose cambino! Il mio timore è che questa nuova formazione rimanga la somma algebrica di DS e Margherita e che alla fine comandino sempre gli stessi. Non voglio morire Democristiana. E in più sono stanca di sentirmi inferiore o diversa perchè orgogliosamente non credo in Dio. Ma dove sono finiti i veri laici? Oggigiorno sei “IN” se dichiari di credere in Dio. Io credo solo nell’intelligenza degli uomini! Ma basta con questa chiesa, basta con questi alti prelati che pretendono di comandare sul Parlamento. La vera Chiesta , quella con la C maiuscola è quella di Don Ciotti, di don Puglisi, di padre Zanotelli e di tutti coloro che praticano la solidarietà e l’amore per il prossimo. Scusa per il mio sfogo. Un grosso abbraccio Paola
Ciao Ivan,
succede che da qualche giorno vengo annoverato al cumulo dei detrattori che hanno preso voce sul tuo blog per criticare la tua decisione di aderire ai DS.
Tale fatto mi ha spinto a leggere i post a questa tua decisione ed ho riscontrato commenti variegati, alcuni fatti da miei omonimi (per esempio uno o più utenti anonimi, Paolo, non meglio specificati), curiosamente riconducibili a fatti e linguaggi del passato che abbiamo vissuto assieme su posizioni diverse, anche alla presenza di altre persone.
Non avendo più scritto sul tuo blog da ormai più di anno, questa ingiusta chiamata in causa mi obbliga perciò a questa precisazione che, sono certo, vorrai pubblicare.
Nell’ultimo anno, nel mio percorso di impegno civile, ho più volte sottolineato che sono state le questioni metodologiche e di gestione ad avermi visto critico nei tuoi confronti ma non i princìpi ispiratori soprattutto in tema di laicità dello Stato che condivido e porto avanti.
Detto ciò, le interpretazioni sulla tua decisione di aderire ai DS sono state diverse; ho trovato particolarmente articolata e significativa quella di Marta Meo su onemoreblog, a cui ho risposto aggiungendo il mio pensiero in proposito che ti riporto.
Hai deciso di aderire ad un partito destinato per propria scelta a scomparire, prima che il PD nasca.
La scommessa del PD invece, per parola dei suoi fondatori sin da Orvieto, è quella di coinvolgere nel progetto PD soprattutto chi non è all’interno dei partiti. Questo concetto lo sta ribadendo con molta forza l’ala ulivista, Parisi in testa.
L’iscriversi preventivamente ad uno dei due partiti comunque destinati a fondersi potrebbe essere interpretato dai tuoi lettori o sostenitori come atto di “presa di coscienza” da parte tua del fatto che o sei dentro uno dei due carrozzoni (DS e MARGHERITA) oppure continui a non contare nulla anche nel nuovo soggetto.
Questo timore è l’elemento di maggior sofferenza verso il PD di gran parte del popolo di sinistra che si riconosce nei movimenti, comitati, associazioni e liste civiche.
E’ vero che ti iscrivi solo ora ai DS, ma tanto basta secondo me a comprendere le molte riflessioni critiche su tale scelta.
Un saluto
Paolo Briziobello
http://www.presente-futuro.it
A me(*) sembra sempre la solita questione dell’essere di sinistra in Italia. Venti milioni di elettori, venti milioni di idee diverse e tutte “giuste”. Qualunque cosa fai, a sinistra troverai sempre una metà che ti critica, sempre, riscontrando in ciò peraltro sempre grande sfoggio di autorità intellettuale e primato morale. Ok, il dialogo e il confronto sono il succo della democrazia e del miglioramento delle idee. A volte però il confronto diventa scontro, oppure non verte sulle idee ma finisce per cristallizzarsi sulle strategie. A me non sorprende vedere la sinistra divisa nel governare, rispecchia esattamente la sinistra della base: ognuno ha una ricetta diversa, ognuno quella giusta (gli altri sbagliano). Per questo le primarie furono un momento straordinario, l’unica idea veramente condivisa nella storia della sinistra italiana (dopo l’antifascismo ovviamente).
In un gioco di squadra però qualcuno in campo ci dovrà pur andare, qualcuno il mediano lo deve fare, e qualche altro seppur piazzato in panchina si deve far trovare sempre pronto. E poi c’è l’allenatore, fin quando non lo si esonera è lui che decide.
Invece nessuno vuole mai fare il mediano, tutti il centravanti oppure fare i tifosi che applaudono e fischiano, allenatori dagli spalti. L’allenatore vero è sempre il primo dei rompiballe.
(*) Mi riconosco solo a metà con il pensiero da me espresso in questo post.
con questo gesto, pure motivato, perdi molto di quegli impolitici, come me, talmente privi di una qualche fiducia nei confronti della classe politica oligarchica e golpista che si sta spolpando quel poco che rimane di questo paese, da non poter concepire di votare uno qualsiasi dei componenti di questa associazione a delinquere. Io non apprezzo molto Adinolfi, almeno da quando l’ho visto in televisione ho visto molto fumo, troppa provocazione, troppa polemica, ma apprezzo, se proprio devo farlo, il suo tentativo di dare capocciate a questo sistema abusivo da fuori. Impresa titanica, ma doverosa. Da dentro, per quanto tu sia in buona fede e capace di fare, sarai fagocitato, ridotti ai minimi termini, all’angolo, privo di strumenti. Prova ne è che nessuno della generazione precedente può dirsi un politico capace, che veramente fa, decide, opera per un bene il più comune possibile. Fassino, Rutelli e altri incapaci del genere, si sono dimostrati per quello che sono, protagonisti di una sottopolitica farlocca. Non voto da anni, a parte qualche occasione locale. Ti avrei appoggiato volentieri. Ma i DS sono ormai una Forza Italia di sinistra, un partito lottizzatore, un residuato di una politica che ha ridotto in questo stato il Paese, e che non avrebbe alcun diritto di decidere ancora delle sue sorti. Buona fortuna, Ivan
>a me viene più naturale ispirarmi alla tranquilla perseveranza gandhiana che alle pistolettate e ai
>baffi a manubrio alla Emiliano Zapata.
>
hai mai pensato che… “sistema che hai, rivoluzionario che trovi” ?
Grande Ghandi, grandissimo, ma…
Prova a pensare se Ghandi avesse mai potuto essere Garibaldi in Italia.
Tornano i conti ora ? 🙂
Personalmente la penso come Adinolfi,solo col napalm si potra cambiare qualcosa in Italia.
Sulla classe dirigente dei DS la penso come Andrea Romano hanno fallito su tutta la linea e dovrebbero avere il buon gusto di dimettersi.
Quanto poi al partito democratico,non ha una storia, non ha una precisa collocazione politica,e poi un partito che nasce senza i socialisti che senso ha? Persino il nome “partito democratico”,che sigifica? Perchè può esistere un partito dittatoriale? e logico che un partito sia democratico;non era meglio il nome l’ulivo?
Concludendo se il partito democratico si farà a queste condizioni sarà la morte del centrosinistra.
A frank77 secondo cui: “Personalmente la penso come Adinolfi,solo col napalm si potra cambiare qualcosa in Italia”
Trovo entusiasmante come certe volte a sinistra, a fronte di posizioni e scelte legittimamente criticabili, ma argomentate e articolate come quella di Scalfarotto, si risponda con delle proposte intelligentissime, argute, nobili e innovative…
@Paulo:Innanzitutto non sono ne di centrosinistra ne di centrodestra,sono uno che vorrebbe che in italia ci fossero un centrosinistra e un centrodestra decenti,e fin quando ci sarà questa classe dirigente(che per stare al potere sicuramente e appoggiata dagli iscritti ai vari partiti) questo non sarà possibile.
Il problema non è cambiare il nome dei partiti o la legge elettore,così facendo si cambia solo la forma ma il contenuto resta.
Mi sembra poi di aver detto chiaramente che la penso come Adinolfi e ti invito quindi ad andarti a rileggerti la mia risposta,e a leggere il libro di Andrea romano che spiega il fallimento di questa classe dirigente.
Non serve l’ennesima persona di buonavolontà che si ritrova in una coalizione che fa tutto il contrario di quello che aveva promesso in campagna elettorale,e poi finisce per uscire deluso dalla coalizione(vedi i casi del prof.Rossi e di Caldarola).
Aggiungo poi avendo letto solo adesso il post di “minimamoralia” che condivido in pieno quello che dice e soprattutto l’ultima affermazione che dice “sui DS che sono diventati una Forza Italia di sinistra” è dolorosamente vera.
Dentro o fuori?
Fresco di riconferma come segretario dello SDI, Enrico Boselli annuncia che i socialisti (PSI dal prossimo autunno) non aderiranno al futuro Partito Democratico, e si domanda: “Come si fa a definire moderno e avanzato il partito democratico dove ci sar…
Frank77
Al di là delle argomentazioni or ora da te esposte, mi premeva sottolineare, cosa che reitero in questo momento, che la conclusione contenuta nella tua frase sul napalm non la trovavo allora e non la trovo tuttora affatto intelligente. Ciò da parte mia vale sia che essa sia stata una battuta (bah!), che un’affermazione genuina dì intenti (incommensurabilmente peggio). Se inoltre rileggi il tuo stesso post ti accorgerai che quella frase è l’unica di tutto il contesto (serio e affatto ironico) che lessicamente contenga la descrizione di un approccio ad una strategia futura, mentre il resto del commento parla solo di errori del presente e del passato.
Visto che nel messaggio di risposta non la precisi né la rinneghi (e tutt’al più demandi a quanto scritto da altri per illustrare cosa tu, personalmente, come individuo di questo pianeta pensi del futuro), non ritengo di dover entrare nel merito di una discussione a due più articolata in cui si potrebbe in parte concordare e in parte discordare, come è giusto che sia, ma solo a patto di farlo a partire da una base di fondo comune (nei fatti e nel registro di linguaggio) la quale, in assenza di tue ulteriori precisazioni, per ora non vedo proprio. Se poi tu scherzavi, e lo chiarisci, allora Ok io direi di averla trovata di cattivo gusto per motivi storici ma ammetterei di aver frainteso e di essere stato un po’ rigido e la prenderemmo a ridere. In caso contrario, allora io e te non abbiamo niente a che spartire e arrivederci! Sarebbe totalmente inutile che tu venissi a spiegare a me cosa non va di questo paese in preoccupante declino.
Pimpa
“Prova a pensare se Ghandi avesse mai potuto essere Garibaldi in Italia”
E allora Pimpa tu prova a pensare cosa sarebbe stato se Ghandi avesse usato questo tuo criterio, di guardare realisticamente alla storia, per intravedere cosa è realizzabile e cosa no. Converrai con me, alla luce di millenni di storia a quel tempo documentata, che l’idea di Ghandi non poteva e non può ancora oggi che risultare essere quella di uno psicopatico visionario, ed io aggiungo da ricovero coatto.
Ah, dimenticavo, di chi si trattava? Ah già, dell’impero inglese, che sciocco, quelli sì che erano dilettanti allo sbaraglio. I nostri sì che erano e sono tuttora ossi duri, di quelli con le p….
Avessimo (o avessimo avuto) anche noi la fortuna di Ghandi di avere a che fare con l’impero della Corona…!
Il rivoluzionismo d’avventura ha sempre un alibi per non guardare dall’altra parte.
E per quel che riguarda me, almeno, anche se il post non era rivolto a me, i conti no, non tornano proprio.
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