Potrebbe essere la mia percezione distorta dalle migliaia di chilometri che mi separano dalla madrepatria, o magari soltanto la stanchezza o forse che Federico parte domani per un mese, chissà. Il fatto è che la situazione mi pare molto più preoccupante di quanto non fosse una settimana fa. Provo ad andare con ordine, evento per evento, lungo una settimana che mi è sembrata molto complicata.
23 maggio. Viene nominato il Comitato 14 ottobre. Nasce il PD, per davvero. E nasce un coso. Dovevano essere 30 ma non si è stati capaci di mettersi d’accordo sulla spartizione. Vengono fuori 45 nomi senza un’idea di futuro. Facce note (tante) e meno note (poche), ma senza uno slancio, senza un’idea, una scintilla, nemmeno un sentore di futuro. Il PD nasce già vecchio e ipertrofico, rigorosamente lottizzato come nella peggiore tradizione della peggiore politica italiana. Nessuno dei 45 ha meno di 40 anni, quelli con meno di 50 anni si contano sulle dita di una mano. Anche Giovanna Melandri resta fuori. Si capisce: è il ministro dei giovani e di giovani manco l’odore, mi raccomando.
25 maggio. Luca Sofri mi include nella lista delle persone che vorrebbe vedere aggiunte al Comintern (come lo chiama lui). Guardo la lista, la guardo come fossi un elicottero, non un entomologo, la guardo tutta insieme, e penso chiaro e forte che se quei 15 nomi fossero stati tutti insieme nel Comitato al posto di 15 scelti a caso tra i soliti noti, le cose avrebbero preso una piega completamente diversa. Diversa e migliore.
26 maggio. Chiaramente non la pensano tutti come me. Giro per la rete e quello che leggo è tutto un vomitare crasso di improperi e tutto un maniacale elencare di sottilissimi distinguo. E Diaco non va, e Cuperlo non va, e la Santi chi è. E porca paletta trovare uno di questi ameni costruttori di futuro che faccia un nome in alternativa, chessò io Diaco no ma Pinco Pallo sì, figurarsi trovarne uno solo che dica sapete che c’è, me la prendo io la responsabilità. No. Solo una serie di raffiche di mitra, un andò cojo cojo generalizzato, un qualunquistico sputare per aria. Penso che se fossi D’Alema o Rutelli mi fregherei le mani davanti allo spettacolo di questi quattro straccioni che litigano e penserei che i miei 45 loro sì che sanno quello che fanno, vanno benissimo e restano esattamente come stanno.
27 maggio. Infatti i 45 restano esattamente come stanno. Si sente solo la voce di Parisi che pensa di andarsene, ma come gli altri 44 (quelli della mia generazione non possono non pensare ai gatti nella cantina del palazzone, ma al Comintern non si ricordano dello Zecchino d’Oro: all’epoca erano tutti abbondantemente già all’università) resta esattamente dove sta. Mentre in Italia il mio partito discute di poltrone, Marco Cappato (RnP) e Vladimir Luxuria (PRC) vengono da queste parti a farsi arrestare e riempire di uova e cazzotti.
28 maggio. Gli elettori di centrosinistra, guarda un po’, sono rimasti a casa.
29 maggio. Vanity Fair mi chiede di intervistare uno dei 45. A Ballarò considerano di invitare in studio uno (anzi, una) della lista Sofri. E’ solo un momento: la sera in studio ci sarà invece “un giovane” della Margherita. Immagino i commentatori della rete siano molto più tranquilli ora che sanno che in televisione ci va chi decide Rutelli e non chi propone (Iddio ce ne guardi!) Sofri. Complimenti vivissimi.
30 maggio. La mia intervista per Vanity Fair non si fa. L’illustre personaggio ha declinato. Troppo impegnato con i lavori del Comintern, immagino.
65 risposte a “Una settimana”
caro ivan,
da qualche settimana mi sento in sintonia solitaria con uno sparutissimo ed insignificante nucleo di persone (te, luca sofri, michele serra…). ho appena deciso che non andrò più a votare.
in bocca al lupo.
gerri
Hai ragione, e’ stata veramente una gran bruttissima (!) settimana, e non è che i prossimi giorni promettano niente di meglio…:o(…
Lo scoramento dilaga..mi sa..
Un abbraccio !
Continuo a pensare che quando si fa una proposta e qualcuno l’accetta, beh, bisogna dare un seguito alla proposta che si è fatta.
Condivido ogni parola di quello che hai scritto, e propongo che si dia un seguito all’unica manifestazione di disponibilità che abbiamo avuto.
Arturo Parisi si è detto disposto a farsi da parte a patto che non sia un giovane precocemente invecchiato già a quarant’anni da decenni di professionismo politico e sopraffatto dalle preoccupazioni per la carriera pluridecennale da costruire in futuro. Benissimo. Tu ti sei mostrato d’accordo con la sostanza della proposta, il tuo nome è nella lista, il tuo nome corrisponde perfettamente alla richiesta, legittima, di Parisi.
Chiediamo a Parisi di farsi da parte per fare posto a Ivan Scalfarotto. Vediamo cosa risponde, non vedo come potrebbe tirarsi indietro. Altrimenti è inutile che firmiamo gli appelli.
Poi la battaglia deve continuare sotto altre mille forme, non possiamo certo limitarci a chiedere agli altri di farsi da parte o di stringersi un po’ per farci spazio. Ma quelli che sono disponibili a farlo meritano di essere messi alla prova, e di guadagnare il nostro applauso se sapranno dare seguito alle parole che hanno pronunciato.
credo che le critiche in web, piovute sulla proposta/richiesta di Sofri, siano scaturite da un’interpretazione non troppo distorta della faccenda. Da una parte non si può criticare la composizione del Comitato per questioni anagrafiche ( Ivan, sarai daccordo con me che in quell’appello non c’era una benchè minima traccia di ragionamento politico) e poi chiedere di allargarlo agli amici, senza alcuna discussione -al contrario, cioè, di ciò che si va predicando.
Se non capiamo, tutti – specialmente chi appartiene alle nuove generazioni che tendono alla leadership – che è il momento di avere idee forti e di propagarle nella società e di ricercarne un sostegno popolare convinto, piuttosto che cercare posti di vertice, ben presto non ci sarà più niente da fare.Nè per noi, nè per chi verrà domani.
Ivan,
non si puo’ fare il discorso ‘moneta buona scaccia moneta cattiva’ , criticare i 45 gatti, e poi avere 15 nomi di cui nessuno sa nulla (tranne te e Marco) o su cui si puo’ avere il piu’ che ragionevole dubbio che non rappresentino nessuna novita’ (Diaco, Cuperlo, Sofri,ecc.).
Dici nessuno si e’ fatto avanti, ma se avete fatto tutto voi!
Imputare il fallimento alle critiche dopo questo metodo perlomeno opaco e’ alquanto ingeneroso.
Caro Ivan,
in parte sono d’accordo e in parte no. Forse anche questo è un sottile distinguo, di quelli che tu stigmatizzi nel post, ma la mia lettura di quanto accaduto è che la proposta Sofri sia fallita non perchè i nomi da lui elencati fossero in larga parte ampiamente criticabili, ma soprattutto perchè – come, mi pare di capire, fa notare Veltri – il metodo utilizzato per stilare quella lista era ed è assolutamente privo della benché minima trasparenza (oltre a non essere “trasparenti” molte delle persone incluse). Hai probabilmente ragione – ci scommetterei un braccio – quando dici che quei dieci dentro il Comitato Promotore avrebbero fatto sicuramente più e meglio di altri dieci, presi a caso, fra le cariatidi già presenti. Ma il metodo è fondamentale ed è il presupposto del cambiamento. Io non penso male, a priori, dei 45 membri del Comitato del PD: sono tutti politici professionisti, persone con molta esperienza e, in alcuni casi, anche apprezzabili, al di là di quanto poi condivida le loro idee. Quello che non va, credo, è il modo che si è utilizzato per creare quel Comitato: oligarchico, partitocratico, spartitorio e sommatorio. Quel modo non è piaciuto a nessuno e, a maggior ragione, non è piaciuto ai giovani che, anche a causa di quel metodo, sono stati esclusi. Ma allora, non si può spacciare come “novità” un’indicazione che è sostanzialmente omogenea, nel metodo, alla realtà che si propone di contestare o criticare. Non necessariamente siamo tutti distruttivi: ma non è certo frutto della malevolenza o del masochismo congeniti il fatto che a più d’uno sia venuto in mente che quei nomi fossero – non tutti ovviamente – pedine giovani di vecchi lupi di lungo corso. Nel mio primo intervento al tuo post “Aggiungi un posto a tavola”, un metodo – nel mio piccolo umilissimo – l’ho suggerito e credo fosse anche estremamente democratico, economico e rapido. Non si chiedeva di cambiare i nomi, si proponeva di ampliare l’elenco e di consentire una scelta. Ho scoperto ieri che Roberto Giachetti, nel suo blog, sta portando avanti un’iniziativa simile. Giachetti, uno della Margherita, un deputato, uno di governo, mica un Sofri alternativo, gggiovane e fuori dai partiti. In uno degli ultimi commenti che ho postato, sono stato anche abbastanza duro con chi si attaccava ad un Diaco per boicottare l’intera operazione. Ma ritengo che attribuire la causa del fallimento alle critiche rischi di impedire di cogliere il vero motivo del mancato successo: il metodo profondamente sbagliato.
scusate ma sono il solo ad aver notato che i nomi dei giovani saggi sono lievitati da 10 a 15? Confrontate il post del 27 con quello di oggi. Sul 27 si diceva chiaramante DIECI saggi. Ora QUINDICI.
Se Vanity Fair commissionasse le interviste ai giornalisti professionisti, sarebbe un bell’inizio per la nuova Italia. Invece si chiede a un nome noto di fare un mestiere che, con ogni probabilità, farebbe peggio di un giornalista professionista politico. Non va bene.
***
Allora, la responsabilità me la prendo io: Diaco no in ogni caso e sempre. Occorre saper fare qualcosa, per essere scelti per un incarico, quale che sia l’incarico. Al posto di Diaco io candido Paola Lo Cascio, che ha 31 anni, è ricercatrice o professoressa associata di Storia della Catalogna nell’Università di Barcellona e si è laureata in Scienze politiche alla Sapienza di Roma.
Francesca Capone, scrittrice, giornalista ed esperta di politiche del lavoro della Cgil.
Se non fosse disponibile manco Francesca, candido Luca Rijtano, architetto, 33 anni e dottorando in architettura.
Ancora: Alessandro Condina, 31 anni da Villa San Giovanni, giornalista e professore di liceo classico. Cristina Colli, intorno ai trent’anni, giornalista di Radio 24, da Parma. Oppure suo marito, Alessandro Principe, 33 anni da Verona, giornalista per Radio Popolare.
Se non fosse disponibile nessuno di questi, vado su alcuni Blogger:
Titollo, Sostiene Proudhon, Elfo Bruno, Querelle(S).
Come vedi ci sono nomi di donne, di uomini, di etero, di non etero, di nordici, di meridionali. Tutti lavoratori o ricercatori. Ma si potrebbe pensare anche di inserire un giovanissimo under 30, qualcuno che si stia laureando e stia lavorando per mantenersi, magari fuori sede e pagando un fitto in nero e inventando il pranzo e la cena ogni giorno.
***
Ivan, Vladimir è in PRC, non in SD.
Baci.
@Adamo: Non facciamoci prendere dal panico. I nomi sono sempre stati 15. Sofri proponeva di prendere 10 nomi nella lista di 15 persone che erano solo (testuale) “alcuni suggerimenti che – nelle differenze – ci pare possano corrispondere ai criteri di cui abbiamo detto”. Ovvaimente nessuno ha dato peso al testo scritto e ognuno ha letto quelllo che voleva.
@Sciltian.
1. Vedi risposta ad Adamo.
2. Sono abastanza sorpreso. Scusami, ma che un giornalista professionista faccia meglio di una persona qualsiasi è tutto da dimostrare. Ovviamente questa è la tesi dell’Ordine dei Giornalisti che io considero – come e più di tutti gli ordini professionali – io considero una delle jatture corporative di questo nostro corporativo paese. Io sogno un paese in cui sui giornali ci possa scrivere chiunque voglia. Del resto, come sai benissimo, l’abolizione degli ordini professionali è stata uno dei punti principali del mio programma alle primarie.
3.Su Vladimir hai perfettamente ragione, e correggo subito. Colpa mia, ho riunito tutta la sinistra cd. “radicale” in SD in un impeto freudiano di semplificazione del quadro politico italiano.
4. Con i nomi che hai fatto, contribuisci in modo non banale alla provocazione di Luca. I nomi che Luca faceva sono degli esempi, i tuoi sono degli altri esempi. Avrei preferito vedere questo tipo di reazione molto più spesso di quanto ho visto in rete finora.
Ivan
Ivan,
1. Concordo in pieno sul tuo ragionamento, soprattutto quando poni l’accento sul mare di “distinguo” nei quali annegherà qualsiasi proposta alternativa al panorama politico attuale. Il nome di Diaco ha lasciato perplesso anche me, ma non avere il senso di quando è il momento di discutere e quando è il momento di passare sopra ai dettagli di scarso significato in nome di un’unità di intenti che è determinante per il successo, è una iattura dura a morire, tipica di quel modo di essere che ci ha portato esattamente al punto in cui siamo, con 10 partiti (o più) a sostegno del governo di centrosinistra in carica.
2. Sei così sicuro che sia un male il fatto di essere completamente esclusi dal comitato dei 45? Io comincio a pensare che forse non sa proprio uno svantaggio. In questo modo dovrebbe essere più agevole proporsi come qualcosa di totalmente, radicalmente ed autenticamente nuovo al momento di concorrere all’elezione della costituente del PD e vedere cosa si riesce ad ottenere in quel momento.
Sempre che la si pianti – una volta per tutte – con i distinguo e si cominci a ragionare davvero in termini propositivi e, soprattutto, concludenti.
Altrimenti teniamoci pure i vari Rutelli & Co.
Ivan, il giornalismo è una professione, come il sistemista informatico. Ci sono delle tecniche di intervista che un giornalista sa o dovrebbe sapere. Occorre non solo sapere bene quali domande fare e a chi (perché si è studiato il caso e si è fatta prima un po’ di investigazione sull’intervistato, id est, essere informati) ma anche come farle. Occorre avere una preparazione completa, per essere in grado di cogliere la palla al balzo di una certa risposta e approfondire su quello stesso campo. Occorre fare domande brevissime ma ficcanti ed esigere risposte chiare. Occorre sapere non cambiare una virgola di cià che viene dichiarato, ma allo stesso tempo evitare le ridondanze.
Imparare a fare le interviste è un’arte, Ivan, come saper programmare in html. Può essere semplice quanto ti pare, ma solo se sai di cosa si tratta. Solo che se poi non sai programmare, al massimo il programma non gira. Se invece fai una cattiva intervista, perdi un’occasione importante, fai fare una bella figura a chi magari non se lo merita, impedisci al lettore di venire a sapere ciò che davvero vuole.
Sulle corporazioni. Sono favorevole all’apertura delle professioni, ma questo non significa che chiunque possa operare SENZA essersi formato prima. Deve essere aperta la formazione, ma la formazione in sè è preziosissima.
L’Ordine dei giornalisti oggi non funziona più e va riformato. ma quando funzionava è stato in grado di stipulare uno dei migliori contratti di categoria del paese e ha difeso bene la deontologia professionale. oggi non sa fare più nessuna delle due cose e non si occupa nemmeno dei giornalisti precari.
***
Sui nomi: i nomi fatti da Sofri non vanno bene per come sono stati scelti (con un giro di telefonate) e perché hanno l’immenso difetto di essere stilati su una base di notorietà del nome, non in nome delle rispettive competenze. Adinolfi è un giornalista (mediocre) che ha un bel blog e fa politica nella dc e poi nella merderita da una vita. Quindi diciamo che è stato incluso perché è una specie di ex giovane iscritto alla giovanile.
Su Diaco, non so proprio cosa dire. E’ noto ad alcuni, non c’è dubbio, ma è uno di quei casi in cui la notorietà nuoce, perché ora molti sanno che tipo di persona sia, sul lavoro, a livello di atteggiamenti politici (vedi ciò che ha detto dopo l’inopportuna presenza sul palco del Pacs Day) e nella vita di tutti i giorni. Per lui, a voler essere proprio generosi, vale la famosa frase del compositore Rossini quando dovette giudicare un’opera di un minore: “C’è del bello e c’è del nuovo, ma ciò che è bello non è nuovo e ciò che è nuovo non è bello”.
Per essere chiaro, Ivan, non vanno bene nemmeno i nomi che ho fatto io. Se volessimo davvero stilare un elenco di nomi di under 40, occorrerebbe avere: un 50% di donne, un 50% dal sud, un 10% di non etero, un 100% di non cattolici, considerato il numero di cattolici già presenti nel PD, e gente di varia estrazione sociale. I miei nomi cercano di tenere conto di questi parametri, ma con ogni probabilità molte di quelle persone non accetterebbero di aderire al PD, perché si sentono progressiste, non credono nel PD, che si presenta come con una percepibilissima propensione all’accordo con partiti moderati o addirittura di destra, come la Lega. In politica a volte si vince e altre si perde, ma mantenendo un proprio profilo di idee, se non di ideali. Non puoi cercare di vincere attuando le idee degli avversari e alleandoti con pezzi di essi.
Ivan, ancora sul giornalismo. Negli Usa, patria del miglior giornalismo di sempre, si diventa giornalisti in due maniere: attraverso le grandissime scuole di Giornalismo, come la Columbia eccetera, o facendo tanta gavetta. La stessa cosa in Italia, poi però devi anche passare una farsa di esame di Stato dove passano tutti, la maggioranza per merito e poi ci sono i soliti pidocchi che passano per raccomandazione o perché sono “noti”.
Io sarei favorevole a rendere quell’esame di Stato serio, non ad abrogarlo. Perché chi scrive su un giornale ha delle responsabilità importanti, che sono riconosciute anche dal codice civile, nel caso che commetta degli errori gravi. E perché è bene che il giornalista abbia in testa anche una panoramica del nostro sistema giuridico e della nostra storia, oltre alle conoscenze specifiche di cui dicevo nel commento precedente.
L’America non è corporativa nel giornalismo, ma questo *non vuol dire assolutamente* che chiunque possa scrivere sui giornali e improvvisarsi giornalista. Detto in altre parole: se l’intervista a Fassino su Vanity Fair la facessi tu, o la facesse Concita De Gregorio, ti assicuro che lei la farebbe molto meglio di te. Perché è il suo lavoro, Ivan, non il tuo.
Caro Ivan,
concordo sulla “tirata di orecchie” in merito alla litigiosita’, decisamente troppa e troppo piena di sofistici distinguo. Pero’ non si puo’ negare che l’origine della litigiosita’ sia stato l’opaco sistema di selezione dei nomi della lista. Come scrive giustamente Sciltian “i nomi fatti da Sofri non vanno bene per come sono stati scelti (con un giro di telefonate) e perché hanno l’immenso difetto di essere stilati su una base di notorietà del nome, non in nome delle rispettive competenze. Un incoronamento dall’alto, una lista gia’ fatta, pronta e confezionata, senza chiedere nulla a nessuno.
Visto con gli occhi di chi non e’ dietro le quinte, questa lista precompilata ha avuto tristemente lo stesso odore del solito atto di incoronazione dall’alto gerontopartitica. Ecco la lista, il popolo voti e non rompa. Non si sogni di partecipare attivamente.
Nomi alternativi potrei fartene, ma sai una cosa? La responsabilita’ me la prendo io, in prima persona. La mia biografia, per chi e’ interessato a leggerla, si trova nel menu’ a destra.
“Accordo raggiunto, nella notte, dopo la querelle innescata dai deludenti risultati delle passate amministrative sul futuro del partito democratico.
Dopo quattro ore di discussione i vertici di Ds e Margherita riuniti con Romano Prodi e il comitato dei 45, hanno trovato la mediazione: il presidente del Consiglio sarà anche presidente del Pd e sarà affiancato da un segretario esecutivo che verrà nominato, con modalità ancora da definire il prossimo 14 ottobre, in concomitanza con l’elezione dell’assemblea costituente”.
Inizia la guerra per il segretario! Le amministrative hanno insegnato ben poco.
Sciltian,
hai dimenticato di dire che anche i figli dei giornalisti sono ottimi giornalisti. E i figli dei notai ottimi notai. E i figli dei professori universitari ottimi professori universitari.
Si sa, hanno mangiato pane e stampa (pane e codici, pane e concorsi universitari) sin da bambini…
Vogliamo per caso che qualcun altro si improvvisi notaio o professore universitario?
Amico mio, chi scrive meglio lo si decide dopo aver letto l’articolo, non prima. E sulla base dell’articolo, non del tesserino che hai in tasca.
Baci,
Ivan
Ivan,
e’ questo il punto (del tuo ultimo commento). Io non ho nessun problema nel sostenere con le mie misere forze te e Marco perche’ so come la pensate su molti temi, vi ho ascoltato, ho letto. Spesso sono d’accordo con voi ed a volte no, ma stimo lo spessore delle vostre riflessioni politiche.
Ma per alcuni dei personaggi messi in quella lista, che ho gia nominato in precedenza, non ho la stessa stima (ovviamente non mi pronuncio per le persone di cui non so nulla).
Detto questo, capisco anche che sia stata una iniziativa organizzata velocemente e cercando di battere sul tempo l’istituzione dei 44 gatti ma questo ha portato ad un metodo che non e’ stato trasparente.
Ecco perche’ non mi sembra che abbia entusiasmato molti.
Infine, Ivan tu sei una brava persona, ma il dogma dell’infallibilita’ ancora non sono disposto a dartelo.
Quanto a giornalisti, Sciltian, ma porca miseria siamo pieni di giornalisti che fanno i politici e politic che fanno i giornalisti!
Scusa, dico, ma noi? Che scriviamo, e “partecipiamo” .
Noi possiamo far parte del comitato.
Se partecipiamo, scrivendo , raccogliendo firme,
battendoci per referednum lo possiamo fare anche davanti al conisglio dei vecchietti.
C’e`la possibilita´di farlo. Ivan si fa’ da portaparola.
Ma tutti noi nel bene o nel male siamo portaparola di un malessere, o no?
Se facessimo delle primarie 😉
Ho detto bene “le primarie” quelle che loro chiamavano
“rande patrimonio democratico” di cui andare fieri…
Ed ora gia’ si soo scordati tutto….
Scelgono, fanno, disfanno.
In caso di rifiuto da parte dei vecchietti
l’alternativa sarebbe convocare un altro comitato.
Nello stesso posto dove lo convocano loro.
E tirare fuori le proposte noi, che non vogliono e non sanno tirare fuori loro.
E che noi, possiamo fare.
Spodestiamoli cosi’.
Scusa, dico, ma noi? Che scriviamo, e “partecipiamo” .
Noi possiamo far parte del comitato.
Se partecipiamo, scrivendo , raccogliendo firme,
battendoci per referednum lo possiamo fare anche davanti al conisglio dei vecchietti.
C’e`la possibilita´di farlo. Ivan si fa’ da portaparola.
Ma tutti noi nel bene o nel male siamo portaparola di un malessere, o no?
Se facessimo delle primarie 😉
Ho detto bene “le primarie” quelle che loro chiamavano
“rande patrimonio democratico” di cui andare fieri…
Ed ora gia’ si soo scordati tutto….
Scelgono, fanno, disfanno.
In caso di rifiuto da parte dei vecchietti
l’alternativa sarebbe convocare un altro comitato.
Nello stesso posto dove lo convocano loro.
E tirare fuori le proposte noi, che non vogliono e non sanno tirare fuori loro.
E che noi, possiamo fare.
Spodestiamoli cosi’.
Scusa, dico, ma noi? Che scriviamo, e “partecipiamo” .
Noi possiamo far parte del comitato.
Se partecipiamo, scrivendo , raccogliendo firme,
battendoci per referednum lo possiamo fare anche davanti al conisglio dei vecchietti.
C’e`la possibilita´di farlo. Ivan si fa’ da portaparola.
Ma tutti noi nel bene o nel male siamo portaparola di un malessere, o no?
Se facessimo delle primarie 😉
Ho detto bene “le primarie” quelle che loro chiamavano
“rande patrimonio democratico” di cui andare fieri…
Ed ora gia’ si soo scordati tutto….
Scelgono, fanno, disfanno.
In caso di rifiuto da parte dei vecchietti
l’alternativa sarebbe convocare un altro comitato.
Nello stesso posto dove lo convocano loro.
E tirare fuori le proposte noi, che non vogliono e non sanno tirare fuori loro.
E che noi, possiamo fare.
Spodestiamoli cosi’.
Scusa, dico, ma noi? Che scriviamo, e “partecipiamo” .
Noi possiamo far parte del comitato.
Se partecipiamo, scrivendo , raccogliendo firme,
battendoci per referednum lo possiamo fare anche davanti al conisglio dei vecchietti.
C’e`la possibilita´di farlo. Ivan si fa’ da portaparola.
Ma tutti noi nel bene o nel male siamo portaparola di un malessere, o no?
Se facessimo delle primarie 😉
Ho detto bene “le primarie” quelle che loro chiamavano
“rande patrimonio democratico” di cui andare fieri…
Ed ora gia’ si soo scordati tutto….
Scelgono, fanno, disfanno.
In caso di rifiuto da parte dei vecchietti
l’alternativa sarebbe convocare un altro comitato.
Nello stesso posto dove lo convocano loro.
E tirare fuori le proposte noi, che non vogliono e non sanno tirare fuori loro.
E che noi, possiamo fare.
Spodestiamoli cosi’.
Ivan, Sciltian e voi tutti….è la stessa situazione di cui parlo anch’io nel mio blog? Visitatelo e commentate questa mia sensazione.
Ho come l’impressione che si stia tornando indietro…in un epoca politica non proprio piacevole…vorrei sapere se anche voi percepite la presenza di un qualcosa di sotterraneo che pian piano sta venendo a galla (un esempio è la sempre maggiore vittoria di sindaci leghisti al nord…).
Piccoli segnali…
Caro Ivan (anche se è l’ultima volta che ti scrivo “caro” se non ti decidi a farti passare l’orgoglio del silente) :), anche stavolta non posso stare zitto.
Passi in rassegna l’ultima settimana ma dimentichi un particolare: che cosa ha di diverso l’ultima settimana dagli ultimi anni?
Ben poco, anzi nulla.
Per quanto riguarda le proposte, non è vero che nessuno si fa avanti.
Guarda noi, la proposta l’abbiamo fatta, secca e precisa.
E’ qui, in questo nostro APPELLO
Senza nomi precostituiti, almeno per ora.
Volutamente lasciando la facoltà di scelta dei nomi agli attuali 45.
Risultato? Buono in termini di interesse generale e visti i pochissimi giorni da quando l’abbiamo formulata, ma non certo grazie alla visibilità che anche siti come il tuo potrebbero contribuire a dare.
Perché ciò non è avviene?
Proviamo a guardare oltre, non rispondiamo alla domanda che ho fatto, chiaramente provocatoria.
Guardare oltre significa anche cercare logiche comuni, terreni e campi di battaglia iniziali magari ai margini del percorso politico diretto.
L’ultim’ora della nomina di Prodi a Presidente del PD è straordinaria…la nomina di un Presidente di un’entità che non esiste…astratta! Tanto per accontentare i maldipancia dei compagni di percorso.
La conseguente riflessione sul nostro impegno è inevitabile.
Se siamo ad impegnarci è perché siamo tutti con una certa visione della società Ivan, troppo spesso però ci troviamo a dubitare del vicino prima di averlo conosciuto.
Insomma, rievochiamo gli stessi fantasmi che contestiamo ai 45 ed alla classe politica attuale.
Non dimenticarcelo, anzi, fissandoci bene in mente questo basilare concetto, permette di fare un grande salto di qualità morale, certamente recepibile dalla massa di cittadini allo sbando, a digiuno da troppo tempo di qualità morali da individuare nel singolo soggetto candidato.
Se qualcuno lo dubitava, domenica e lunedì ne ha avuto la riprova.
L’Italia agli italiani che lavorano, questo va fatto.
Ti aspetto, saluti
Paolo
Caro Ivan (e per me caro sempre), perchè non fai pagare a questo Paolo qui sopra una cifra simbolica da versare in beneficenza per il suo comunicato pubblicitario? A questo bisogna insegnargli le regole dell’advertising…..
Qualcuno che appartiene a questa vetusta nomenclatura, riferendosi alla propria esperienza in politica, ha detto, : ” Eravamo parte di una generazione molto determinata e non abbiamo mai pensato a qualcuno che dovesse fare spazio a noi giovani. Lo spazio ce lo siamo presi.” e ora, Noi giovani, è ora ?
Che dire del giornalismo?
Di certo sono d’accordo con Ivan sull’effetto controproducente dell’ordine professionale quando, invece di essere una garanzia di qualità, diventa piuttosto il dispositivo che rende ereditario il titolo di giornalista. Credo che la sedentarietà dell’informazione nazionale abbia a che vedere con questa interpretazione tutta italiana delle funzioni di un ordine.
La trafila per chi vuole diventare giornalista e non ha un diritto ereditario al titolo è estenuante e assurda. Solo chi ha una vera passione si lancia in quest’impresa, e non è detto che poi- dati i compensi e le logiche di redazione- resista fino al giorno in cui questa sua ambizione non trovi un po’di soddisfazione.
Al contrario, ci sono tante persone che fanno i giornalisti perché avevano l’opportunità di farlo, perché sono attratti dai discreti benefici concessi dagli iscritti all’ordine, e perché, a seconda di come lo fai, non è una faticaccia e ti lascia il tempo per coltivare i tuoi veri interessi (!!!). Questo è un danno per la democrazia (non si dice che il giornalismo è il quarto potere?), non è solo una cosa che frustra i giovani appassionati.
Si può pensare di fare a meno dell’ordine, oppure pensare a riformarlo. Basta che qualcosa si faccia.
Quanto a Ivan che intervista un vecchio futuro (ossimoro!) costituente (vecchio e costituiente? Altro ossimoro!), io non credo che l’intenzione fosse quella di fare un pezzo giornalistico. Credo si volesse offrire uno spazio di confronto e dialogo di cui si avverte il bisogno.
ciao ciao
andrea raspanti
DAL BLOG DI MARCO CAPPATO CHE NON HA VISTO IVAN IN PIAZZA.
Domanda:
Caro Marco,
leggo nei vostri resoconti sugli incresciosi fatti di Mosca (per i quali ti esprimo la massima solidarietà), la presenza anche dell’On Luxuria.
Nulla invece si dice di Ivan Scalfarotto, astro nascente della politica italiana e unica vera novità delle scorse primarie.
Perchè? Forse perchè aderisce al Partito Democratico ed è vostro interesse non far vedere l’anima laica del PD?
Eppure c’era anche lui in piazza ma nessuno ne parla.
Cordilmente
Risposta:
Ho visto Ivan alla conferenza il giorno prima, e anche la sera del giorno della manifestazione. Non l’ho visto in piazza. Non sto dicendo che non c’era, dico solo che non l’ho visto. Se c’era, non mi pare abbia fatto dichiarazioni, altrimenti le avremmo certamente trasmesse. Quanto all’anima laica del PD, ti basti sapere che cerchiamo di far vedere persino l’anima laica del centro destra. Ti prego di credere che non è un’impresa semplice.
Marco ha perfettamente ragione. Io non c’ero in piazza al momento degli incidenti, come ho scritto nel mio post di domenica.
Non sono un deputato e non ero stato invitato alla manifestazione come membro della delegazione, per cui quando siamo arrivati sul posto con Federico la polizia aveva abbondantemente transennato la zona e naturalmente non ci ha fatti passare.
Quanto all’anima laica del PD io credo che esista eccome e che a Marco Cappato sia soltanto scappata una battuta ingenerosa nei confronti della storia di tanti militanti e dirigenti dei DS.
@ giovanni: penso proprio che tu non mi conosca, diversamente da Ivan.
Forse non lo hai ancora capito ma la rete, il blog, internet…sono strumenti di diffusione.
Ci sono in rete anche luoghi di markette pubblicitarie, che non mi appartengono nè interessano ma che dalle tue parole pare ti appartengano.
L’impegno civile di cui parlo, che necessita condivisione e diffusione, evidentemente a te non interessa.
Leggo ora sul Corriere: >
Sbaglio, o ne consegue che gli elettori del PD saranno chiamati a votare esclusivamente le liste, senza possibilità di indicare il leader [/segretario] del nuovo partito?
La citazione dal Corriere è sparita?
Riprovo: Il leader dei Ds, Piero Fassino, ha dichiarato che il segretario del nascente Partito democratico sara’ eletto dall’assemblea costituente. “Non ha nessun senso – ha detto riferendosi alla questione delle leadership – rimettere in discussione le decisioni che si sono assunte la sera prima”
brutta piega si…
anche se inserire pierluigi diaco nella lista dei “giovani”, non è granchè come proposta.
ma forse è peggio senza l’aggiunta dei 15, nonostante ci sia lui. E’ brutto vedere come il “giornalismo” giovane sarebbe rappresentato da diaco.
Diaco è di area socialista (è molto amico di Claudio Martelli), quindi va a rappresentare una cultura lasciata scoperta dal PD, pieno zeppo di ex comunisti.
Speriamo che il suo sbarco nel PD anticipi l’arrivo dello stesso Martelli.
Magnolia, mah, a parte che Diaco è un ex Rete, ex Padre Pintacuda (gesuita!), mi giunge nuova che adesso sia di area socialista. Poi, se fa riferimento a Martelli, significa che rappresenta il mitico Psi degli anni Ottanta. Ognuno di noi conserva come un tesoro il giudizio sul partito di quegli anni.
***
Ivan, io ho detto proprio il contrario di quanto hai capito tu. Io ho detto che il giornalismo ha bisogno di competenze, non di nepotismi e non di nomi noti. Quando dico che la De Gregorio sa fare meglio di te le interviste non è che ti devi inalberare. Lo dico a ragion veduta: ho letto pezzi sia suoi che tuoi. Sai fare altro meglio di lei, ma non gli articoli. Se tu mi dicessi che Marco Simoni è un economista più bravo di me, io non mi inalbereri mica: è vero, è il suo mestiere, non il mio.
Sciltian, guarda che non mi inalbero proprio: Concita per me più che una persona è una categoria dello spirito e sono probabilmente milioni le cose che lei fa meglio di me, incluso forse il capo del personale. E anzi grazie per avermi paragonato a cotanto senno del giornalismo italiano, è un onore che non merito.
Solo che non è una del calibro di Concita la pietra di paragone, ma la moltitudine di scribacchini che nessun esame superato trasformerà maI non dico in star come Concita, ma neppure in semplici giornalisti. Concita – figuriamoci – scrive molto meglio di me e di un’altra cinquantina di milioni di italiani, e questo varrebbe anche se non fosse iscritta all’Ordine. Non è certo l’esame che le ha dato il talento e il suo talento non aveva bisogno di alcun esame.
Insomma, quello che mi fa inalberare, come dici tu, ma non è di quello che si tratta: sono calmissimo, è che si pensi che un patentino in tasca (o una laurea, per quello che mi consta: sai bene che sostengo a spada sguainata l’abolizione del valore legale del titolo di studio) faccia la competenza.
Secondo me non è così. Chiunque abbia la possibilità di scrivere o di esercitare liberamente qualsiasi professione. Chi vale e chi non vale lo si deciderà a posteriori sulla base dei risultati e non a priori sulla base di questo o quell’esamino (che in Italia, come sai bene, è quasi sempre manipolato).
Sciltian caro, gli ordini sono corporazioni. E vanno aboliti.
Il talento non necessita di esami, se c’è si dimostra da sé.
Besos, Ivan
Se non erro gli ordini (r)esistono solo in Italia. Basta questo.
Che ne pensate del sondaggio di repubblica.it sul leader del PD? Oltre 90.000 voti, il 47 % per Veltroni, il 10 per la Finocchiaro e Bersani, Prodi al 5, Fassino al 2, Rutelli all’1 (uno!) per cento. Lo so che sono sondaggi che lasciano il tempo che trovano, ma io trovo imbarazzante che la trimurti formata dall’attuale capo del governo e dai due leader dei due partiti che dovrebbero fondersi metta insieme un 7 %. Ma loro dubito che si sentano imbarazzati…
Riguardo alla questione ordini professionali, giornalisti, etc., assolutamente d’accordo con Ivan. Ovviamente. Giustamente Filippo fa notare che gli ordini (r)esistono solo in Italia. Le corporazioni e, soprattutto, la mentalità corporativista, pure.
Uhm, non so, non riesco a farmi capire. Sarà colpa mia.
Io parlo del fatto che è necessario avere delle competenze per fare qualunque mestiere, incluso il giornalista. Che non è soltanto il talento, Ivan. Occorre avere talento e competenze.
E cosa avrebbe a che vedere tutto questo con l’esame e con la qualifica di giornalista professionista, scusa? Sarebbe quello che misura il talento e le competenze? Quindi quelli con talento e senza esame sarebbero peggiori di quelli senza talento ma con l’esame fatto?
Non sarebbe il caso che talento e competenze le misurassero i lettori (a posteriori: dopo aver letto gli articoli) e non gli altri giornalisti riuniti in corporazione (a priori: prima ancora che tu possa scrivere qualsiasi cosa su di un giornale)?
E non sarebbe opportuno eradicare questa incivile mentalità diffusa al punto da indurre uno intelligente come te a valutare gli scritti di qualcuno prima ancora che vengano ad essere e a qualificarli migliori o peggiori di quelli di un altro sulla base del fatto che l’autore abbia o meno un tesserino in tasca? (“Se Vanity Fair commissionasse le interviste ai giornalisti professionisti, sarebbe un bell’inizio per la nuova Italia“: addirittura!)
E sia ben chiaro Sciltian, non mi riferisco al caso concreto.
Mi riferisco al fatto che uno dei nostri drammi è quello di essere il paese del “pezzo di carta” dove il sapere viene molto dopo, in termini di importanza, della certificazione bollata del sapere. E’ la ragione dell’appiattimento delle nostre accademie, della chiusura ermetica delle nostre professioni, del nepotismo generalizzato, delle tesi copiate, delle lauree comprate e dei concorsi truccati e compagnia bella.
Ivan
Ivan, Sciltian, concedetemi un breve commento alla vostra discussione: si puo’ dibattere all’infinito sui mille distinguo della professionalita’ del giornalismo odierno e sul ruolo dell’Ordine. Ivan sa scrivere bene, anche se non e’ un giornalista, da qui la legittimita’ che gli venga chiesto di fare un’intervista. Purtroppo ho l’impressione che Vanity Fair non abbia cercato Ivan perche’ scrive bene, quanto perche’ cercava il volto noto. Esattamente il malcostume che denunciava Sciltian, troppo spesso applicato a vantaggio di chi, al contrario di Ivan, non ha certo l’arte giornalistica nel sangue ma puo’ contare sul nome famoso.
Sara’ perché vivo all’estero ma a me questa passione per il pezzo di carta sembra sempre piu ridicola. Lavoro in svizzera grazie al riconoscimento di una laurea italiana. Bene, peccato che la mia formazione sia completamente differente da quelli degli altri residenti. Pezzo di carta o meno ho imparato il lavoro giorno per giorno. Esiterei a dire che per fare un lavoro ci vuole sempre una formazione pre-posta perché allora quuesto sarebbe vero anche per la politica.
Ci si puo’ dunque improvvisare anche economista o ricercatore? Improvvisare si puo’ fare sempre. Avere successo o farlo meglio di altri é invece più difficile. Bill gates é l’uomo più ricco del mondo senza aver studiato una parola di economia…
Sono invece d’accordo con Sciltian su questa frase “In politica a volte si vince e altre si perde, ma mantenendo un proprio profilo di idee, se non di ideali. Non puoi cercare di vincere attuando le idee degli avversari e alleandoti con pezzi di essi.” Finalmente trovo ben scritto quello che penso da anni. Penso anche che questo sia il motivo per cui Berlusconi vince e la sx no. Belle o brutte le cose che propone Berlusxconi le pensa davvero. La sx non si sa. Magari domani cambia idea o alleati…
Ad una settimana migliore,
Francesco
Ciao Ivan,
Il pezzo di carta nei paesi seri non è gratis, dubito che e.g. un Ph.D. si possa ottenere per raccomandazioni o cose simili (magari da qualche parte lo si può comprare, non dove sono io). Nessuna rivista specialistica controlla le credenziali, che io sappia (di norma si chiede l’afilizione per sapere dove mandare le mail), dopodiché una persona autodidatta che pubblica i nuovi “principia mathematica” è un caso molto meno probabile di uno studente modello di matematica a Cornell,Cambridge o quel che è.
In Italia c’è il pezzo dicarta a gratis e chi si improvvisa tuttologo, facendo l’errore più o meno opposto. Diciamo che se uno è così geniale da saper scrivere articoli meglio di un professionista che lo fa tutti i giorni e lo fa bene, buon per lui, e buon per te se sei questo tipo di genio. Poi, per carità, si parla d’Italia e quindi qualunque discorso razionale non serve. Secondo me, però, se non dai del tutto per scontato che sei meglio del raccomandato x del giornale y, è meglio, ti puoi stimolare a far bene anche se poi è così.
Ed in generale mi sembra deprimente un disprezzo del “titolo”. Se poi è il “titolo italico, quindi ciarpame”, almeno io sarei contento di leggere un distinguo. Poi, altra nota: I lettori di Irving Kristol o qualche altro reazionario famoso avranno una definizione abbastanza solipsistica di °talento e competenze°. Qualche parametro più elitario de °Il gusto delle masse°, specialmente in un paese di crassi buoi come l’Italia, sarebbe decisamente opportuno.
Fran
Ciao Ivan,
tu neanche immagini quanto sia daccordo con te. Leggevo un po’ di giorni fa questi commenti e pensavo, ma che differenza c’e’ tra spendere un mese per formare un governo ed arenarsi per scegliere un nome piuttosto che un altro.
Alla fin fine, le persone che polemizzavano sui nomi probabilmente non sono poi cosi diverse da quelle che vorrebbero cacciare.
Scusate lo sfogo.
Saluti,
Ruggiero (Londra)
Caro Ivan,
ci siamo conosciuti alla tua ultima apparizione londinese per GeL, nel famoso scantinato. Poi siamo andati a mangiare una pizza insieme da Strada.
Mi sveglio stamattina, finiti gli esami, felice, c’é il sole su Londra. Finalmente! Guardo le email, leggo i giornali on-line dopo un po che non li guardavo. Repubblica con mio grande rammarico, preannuncia il governicchio:
(…) Del resto, dopo le amministrative dello scorso week end nell’Unione si è di nuovo affacciato l’incubo della crisi. Alimentato proprio dal caso Visco. Non per niente, un po’ tutti ormai parlano della cosiddetta “Soluzione B”. Così l’hanno definita l’altro ieri mattina all’ufficio di presidenza della Quercia. “Dobbiamo andare avanti – ragionava Piero Fassino – ma se il governo non ce la fa dobbiamo porci il problema del che fare”.
L’argomento è stato ieri al centro persino di un faccia a faccia tra Walter Veltroni e Fausto Bertinotti. Sullo sfondo l’ipotesi di un esecutivo istituzionale, che coinvolga in primo luogo i centristi di Casini. “È ormai chiaro – spiegava ieri il segretario dell’Udc, Lorenzo Cesa – che si va verso un governo Marini. O magari Dini, oppure Mancino. Un governo che faccia la riforma delle pensioni, la legge elettorale, i regolamenti parlamentari e un po’ di riforme istituzionali. Un paio di anni”.
Un orizzonte che lascia perplesso Silvio Berlusconi (“preferirei un governo elettorale”) ma che intravede pure Clemente Mastella. “Se un ministro presenta la sfiducia ad un viceministro, vuol dire che è proprio finita. Se cade Prodi, però – avverte il Guardasigilli che ha parlato a lungo con Casini – , io mi riterrò libero”. E Giorgio La Malfa, leader del Pri schierato con la Cdl, scommette addirittura sul rimescolamento dei poli: “Il centrosinistra, se vuole salvarsi, deve puntare sul governo istituzionale lasciando la sinistra radicale e mettendo dentro noi e l’Udc. Poi ci presenteremo al voto come i moderati contro la destra”.
Insomma, vista da Londra, Roma appare un nido di vipere e l’Ulivo un partito di congiurati. Manco di praticità, mi si potrebbe rimproverare: il governo si basa sul voto di ottuagenari e Mastella, il gradimento è a picco e il PD rischia di essere strozzato ancora in fasce. Nessuno lo vuole ma, insomma, il governo tecnico è l’unica alternativa per la sopravvivenza…
Ma sarà poi vero o ci stanno prendendo per i fondelli (come successe quando Cossiga fece il governo D’Alema) passando con i cingolati sulle nostre democratiche teste?
Io ho una mia opinione al riguardo:
1. sono tutte scuse.
2. non mi fido piu degli attuali dirigenti dell’Ulivo – Rutelli, Fassino e D’Alema – e se si condidano alla dirigenza anche del PD sono pronto a ostacolarli e a votare o far votare, per quel poco che posso, per una nuova classe dirigente, meno afflitta da personalismi, più umile e capace di ascoltare (Finocchiaro, Veltroni, Letta, Bersani i nomi non mancano)
3. credo che la crisi di governo sia, cmq, una soluzione più dignitosa di un governo Marini coi centristi che segnerebbe, questo si, la fine del progetto riformista dell’Ulivo. Quindi, se cade il governo, che Mastella, Marini e Casini facciano il governo con Berlusconi, Bossi e Fini, che fa anche rima, se hanno il coraggio e i numeri per farlo.
Ciao.
Bene, Filippo almeno mi ha capito.
Le competenze, in ogni campo, se ci sono si possono e devono misurare. Un metro di misura, per le competenze giornalistiche, è il passaggio di un Esame di Stato incentrato su: diritto civile, diritto dell’informazione, storia contemporanea e attualità. L’Ordine dei Giornalisti, in sè, per come è oggi, si può tranquillamente abrogare, ma la misura della prova, secondo me no.
Senza il metro di misura delle competenze, chiunque potrebbe scrivere sui giornali, che temo sia quello che vuoi tu. Ma se chiunque scrive sui giornali, si faranno molti danni seri a causa della propria incompetenza. La stampa non è solo uno strumento democratico, è anche un’arma, poiché contribuisce al formarsi dell’opinione pubblica. Se io scrivo su un giornale che lil signor Pinco Pallo è pedofilo sulla base di una voce non verificata, che non mi sono preso la briga di andare a investigare, magari il mio pezzo viene ripreso dai giornali di tutta Italia perché Pinco Pallo è un uomo pubblico. Pinco Pallo potrà sempre farmi causa per diffamazione a mezzo stampa, e dopo qualche anno avere giustizia, ma intanto io gli ho rovinato l’immagine politica, personale e forse anche la vita. Hai voglia poi a pubblicare una smentita… la frittata è fatta.
Dopotutto, questa è la differenza di credibilità che passa tra un giornalista e un blogger: il blogger scrive di solito senza verificare nulla, il giornalista in teoria dovrebbe verificare due volte tutto. Alla fine, siccome anche i blog sono molto letti, la giurisprudenza sta cominciando a ritenere civilmente responsabili i blogger di ciò che scrivono. Cosa che conferma la mia tesi: per fare il giornalista occorrono competenze.
Sciltian, io ti capisco sempre 🙂
attento pero’ a non strabordare con le tue competenze sempre a comunque. Se un qualsiasi rotocalco vuole chiedere ad un non-giornalista di scrivere un pezzo -perche’ il rotocalco non puo’ permettersi di pagare un giornalista vero, o perche’ ha il gomito che fa contatto col piede, affari loro- affari loro. Pagheranno un’eventuale qualita’ inferiore ed eventuali denunce per millantati scoop fasulli. Oltre a far calare le vendite. Un po’ di liberta’ per chi vuole scrivere un pezzo e sa farlo, indipendentemente dal fatto che sia giornalista o meno, e occasioni per farlo non guastano. Credo fosse questo il senso del discorso di Ivan, che mi sento di condividere come capisco e condivido le tue obiezioni.
Sono stupefatto.
Non potrei essere più veementemente e completamente in disaccordo con quello che scrivi, Sciltian, dalla prima all’ultima riga.
La ragione la si capisce dall’effetto paradossale di una frase che scrive Filippo: “Un po’ di liberta’ per chi vuole scrivere un pezzo e sa farlo….”. Un po’ di libertà?! E da quando la libertà si concede a pezzettini, un po’ alla volta?!
L’unica condizione per scrivere un articolo per quanto mi riguarda è che un editore te lo commissioni. Punto.
Se sei incapace, non te ne chiederanno un altro, perché un giornale scritto da incapaci non vende. Poi, in un paese civile, se commetti reati, c’è già il codice penale. Se danneggi qualcuno, c’è il codice civile. Introdurre surrettiziamente una barriera all’ingresso a causa delle inefficienze della giustizia è francamente pretestuoso e anche un po’ ridicolo.
Ogni altra limitazione della libertà non ha nessun senso e quella che tu descrivi, Sciltian, non è altro che una forma bella e buona di censura. Mi pare una visione non solo corporativa ma pure un pochino autoritaria proprio in considerazione del ruolo della stampa in paese democratico.
Comunque siamo ormai completamente OT: mi toccherà fare un post sull’argomento….
Ivan
Beh Ivan, tu consideri l’eventuale danno a mezzo stampa come un incidente di percorso, che ci può stare. Io proprio per niente. Questo è il nocciolo dirimente dei nostri due opposti punti di vista.
Filippo, sì, senza dubbio hai ragione. Parliamo di Vanity Fair, non del Washington Post, non a caso. Ma l’idea che ha Ivan del giornalismo come una specie di campo aperto a chi ottiene la commissione di un articolo, secondo me è del tutto sbagliata, specie quando la commissione è ottenuta per via del fatto che sei un nome noto in un altro campo, e non nel giornalismo.
Ivan, quando dicevo un po’ di libertà, ho usato un diminutivo ironico. Giustamente la libertà non si concede a spicchi, ma mio Dio un po’ di ironia che senno’ finiamo per diventare vecchi cinici! 🙂
Sciltian,il campo di battaglia del giornalismo lo dovrebbe regolare il libero mercato, regolato a sua volta dalle competenze. Ivan sostiene che a tutti deve essere garantita la possibilità di scrivere un pezzo (e mi sta bene), tu dici che ci vogliono competenze (e va bene anche quello). Quello che non va bene sono gli eccessi a cui tutti e due tendete: Ivan vorrebbe la completa libertà italica che poi si risolve in anarchia alla ricerca del nome noto -salvo poi lamentarsi che il livello del giornalismo e’ basso, chissa’ come mai- tu invece vorresti un giornalismo completamente professionistico -salvo poi lamentarti che l’Ordine/casta e’ un baluardo anacronistico e deleterio per il giornalismo stesso-.
In conclusione, Ivan e Sciltian, state dicendo tutti e due cose giuste. Il problema e’ che le vostre giuste idee del giornalismo, portate all’eccesso, generano i due maggiori problemi oggi presenti nella mondo della carta stampata nostrana: la ricerca del nome noto e la presenza di una casta. Democrazia vuol dire evitare che troppo potere si accumuli da una parte o dall’altra, come sempre la verita’ sta nel mezzo.
Spero di essere stato chiaro, e qui chiudo perche’ credo siamo ad un empasse.
Condivido il punto sull’impasse, avevo assolutamente colto che il po’ di libertà non era un tuo pensiero, ma penso che tra i due problemi di cui si parla ci sia una sproporzione enorme. Passo e chiudo, salvo forse scriverci un post oggi pomeriggio.
Ivan
” L’unica condizione per scrivere un articolo per quanto mi riguarda è che un editore te lo commissioni. Punto.”
Se un editore commisiona una vaccata da pundit (“propaganda”, diciamo), un qualunque propagandista può mettere insieme fonti non verificate e vomitare idiozie diffamatorie. Non a caso il punditismo all’americana ruota oramai intorno a persone che invocano costantemente la libertà di diffamare, offendere, distorcere i fatti (O’Reilly, Coulter, Limbaugh, etc etc etc). Se milioni di dittoheads (pappagalli) comprano tali articoli perché vogliono leggere tali propangande, allora un giornale che dice stronzate va a gonfie vele (cazzo! Ma vende tantissimo! Allora hanno ragione! etc.). Che so, un qualunque magazine della destra americana (no, non ho i numeri delle loro vendite). Insomma, facciamo un bel sistema post-moderno in cui tutto è soggettivo, possibilmente chi urla di più ha la soggettività vincente. E, per sentirci bene, diciamo che è differente dalla merda precedente.
Ma è assolutamente indispensabile vedere le cose in bianco e nero? Per carità, non pretendo una risposta. Vedo però che Ivan come altri che si vorrebbero proporre come alternativa alla gerontocrazia non hanno nulla di alternativo in quanto a metodo. Continuo a pensare che, a prescindere dalla Destra e dalla Sinistra, in Italia si abbia bisogno di standard limpidi e possibilmente alti. Così, a prescindere dal ruolo che una persona copre, si può esser ragionevolmente certi che quella persona sappia cosa stia facendo e rispetti le regole.
Magari partendo dall’educazione: così se uno si laurea, siamo sicuri che sa quello che ha studiato e lo sa sfruttare. E quindi, quando assumiamo un laureato per fare e.g. un’intervista, sappiamo che ha probabilità molto più alte di un ingegnere nucleare di fare un’intervista pertinente (per esempio sa come raccogliere dati su chi intervista e quali domande fare dato il giornale commissionante, etc.). Così si ha un minimo di razionalità ed uno, se vuole fare il giornalista, magari studia giornalismo e può dire “cazzo, se sarò il migliore nei miei studio potrò avere un buon futuro da giornalista”.
Niente di personale per nessuno, ma mi sembra che, in ambiente Italico, esista un solo modo di parlare: o con me o contro di me. Mi dispiace ma da quello che leggo, Ivan, ragioni in questa maniera al pari di troppi altri. Poi, vabbe’, vedo che chiunque abbia un momento di fama, in Italia, diventi Montezuma al quadrato.
Dovrei prendere la cittadinanza australiana, probabilmente.
Fran
E’ veramente impressionante notare quanto gli italiani abbiano una paura – terrore, direi – di qualsiasi cosa possa assomigliare, vagamente, lontanamente, alla concorrenza e al libero mercato. E, nel contempo, quanto tentino di farsi forti – di darsi forza e, persino, competenze – con titoli, titoletti, cartestracce, pergamene, papiri e tutto quanto, promanando da un’autorità, l’ipse dixit, possa certificare – ma “certi”-ficare che? – le loro capacità. Se ne leggono di tutti i colori e ce n’è per tutti i gusti. Peccato, però, che chi sta dentro la scuola sappia bene quanta ignoranza le aule quotidianamente producano, e chi sta all’Università ben conosca qual’è il valore – reale, da utilizzare e spendere sul mercato del lavoro – della maggior parte dei titoli accademici. Sulla ricerca scientifica stendiamo un pietoso velo, vero? Della consistenza degli esami di stato ancora non avevo trovato accaniti sostenitori e veramente stento a credere che Gastaldi sia uno di quelli. Comincio allora a pensare che il problema – il vero problema – di questo paese, sia di natura strettamente psicologica: infantilismo congenito. Non genetico, proprio congenito. Un po’ come il peccato originale, insomma. La necessità di un’autorità superiore – anzi: Autorità – che tutto sa e che tutto dispone, che “certi”-fica – perdonate, l’etimologia fa brutti scherzi a volte – in base a non si sa bene quali parametri, un’oggettiva (?) idoneità. Perchè, diciamola tutta, una Verità – insieme ad una Via e ad una Luce – esiste, esistono eccome. Mica che ognuno può essere libero di decidere chi, come e quando va bene per un certo lavoro o per una certa professione a prescindere dalla sua formazione. Ma che, scherziamo? E cosa è tutta questa libertà? Ordini, disciplina e ginnastica, marsch!
a raga’, chiudiamola qui questa storia degli ordini. La discussione iniziata da Ivan e Sciltian -completamente OT all’argomento del post- mi pare vada avanti da troppo senza produrre risultati apprezzabili. Attendiamo un eventuale futuro post di Ivan a riguardo.
Sottoscrivo in pieno il commento di Fabio.
Avendo in casa ben tre studenti universitari, ed avendo pertanto un’idea abbastanza precisa di cosa sia realmente – nella media – l’università in Italia (ma nel modo è davvero così diversa o sono solo più bravi a spendersi e un po’ meno autolesionisti di noi?), provo un senso di tristezza quando vedo qualcuno che ancora pensa che una laurea o un esame di stato (anche senza trucchi) siano in grado di mettere il “bollino blu” meritocratico ad una persona.
Quanti laureati che sono dei perfetti iincapaci e quante persone con livelli di istruzione inferiore che sono dei genietti nel loro campo conosce ognuno di noi? Probabilmente abbastanza per poter dire che purtroppo (o per fortuna) la questione è parecchio più complessa e il metro di giudizio migliore, alla fine, credo resti davvero il mercato, pur con tutti i difetti che questo comporta.
Mah, che la discussione sia all’empasse lo dite voi.
A me il ragionamento ultimo di Filippo ha convinto pienamente. Quando si discute tra persone che si rispettano, si deve essere pronti ad accettare la validità delle opinioni e dei ragionamenti altrui. Quelli di Filippo a me hanno convinto.
complimenti Mario. Avendo in casa ben tre studenti universitari, ed avendo pertanto un’idea abbastanza precisa di cosa sia realmente – nella media – l’università in Italia. Una frase formidabile.
Immagino che la prossima volta che andrai dal medico, se magari hai in casa tre malati, ti sentirai autorizzato ad autoeleggerti esperto di medicina, con tanto di analisi della situazione e consigli al medico stesso.
Rispondo in due parole alla tua domanda: ma nel mondo (l’universita’) è davvero così diversa o sono solo più bravi a spendersi e un po’ meno autolesionisti di noi? Semplicemente nel mondo l’universita’ ha un contatto serio col mondo del lavoro. Contatto che fornisce occasioni ma che chiede serieta’. L’industria richiede forza lavoro qualificata, l’universita’ la fornisce. Lo studente studia, paga la retta all’universita’ (che e’ contenta), si laurea e trova lavoro qualificato nell’industria (che e’ contenta) e ha un lavoro qualificato (ed e’ contento lui). Una filiera semplice, ma che richiede ad ognuno di prendersi le proprie responsabilita’. Se lo studente non studia non si laurea (non e’ cosi’ in Italia), se l’universita’ non fornisce forza lavoro di qualita’ l’industria non attinge al suo bacino-laureati (e l’universita’ si fa un cattivo nome, gli studenti si ritirano e l’universita’ chiude. Non e’ cosi’ in Italia), se l’industria non assume laureati di qualita’, fallisce data la concorrenza sul libero mercato (e gli studenti non vanno piu’ a scuola con conseguente danno per l’economia globale. Non e’ cosi’ in Italia).
Caro Mario,
Proviamo ad argomentare insieme, a meno che tu non mi voglia a tutti i costi bollare come il “Nemico”.
Premessa: non vivo in Italia da 4 anni e da 4 faccio ricerca altrove (prima in Europa, adesso in Australia, che è poi un pezzo di Inghilterra).
“(ma nel modo è davvero così diversa o sono solo più bravi a spendersi e un po’ meno autolesionisti di noi?)”
è davvero diversa., in alcune parti del mondo. Ed i pezzi di carta, in tali casi, tendono ad esprimere le competenze di una persona. Per chi invece vuole non dover mostrare nulla (comporterebbe studio, lavoro, etc.) basta “Il libero mercato”, dove, appunto, un Limbaugh qualunque può vendere parecchio inventandosi i fatti. Per carità, non vorrei che i fatti dovessero contrastare con le opinioni di alcuni, sarebbe anti-democratico, suppongo? La compagna Ann Coulter sicuramente approva.
Ma sempre a proposito di libero mercato, nei paesi Anglosassoni le docenze sono a contratto, con valutazione di titoli (esatto, i pezzi di carta) e pubblicazioni . Una pubblicazione su una rivista “peer-based” non è un articolo di cronaca su di un giornale Italiano, alcuni ci vincono i Nobel per la medicina ad esempio. OT per OT, in determinati paesi si è ossessionati dai titoli perché corrispondono a precisi compiti svolti. Ad esempio, bisogna pubblicare almeno una volta all’anno durante la scuola di dottorato, pena l’espulsione. Un pinco pallino qualunque può fare domanda per una qualunque posizione, ma dubito che se non sa di cosa parla verrà scartato “perché la lobby dei baroni vuole il pezzo di carta”.
Di nuovo: titoli e qualifiche valgono quando conseguiti in un ambiente specifico dove si apprende come svolgere un certo compito, che non è l’università Italiana. Magari ci sarà pure più di una verita ( T={0,1,*}, e sono gia’ tre!), dopodiché usare criteri non perfetti ma più o meno validi per giudicare se uno un mestiere lo sa fare o meno, non guasta. Mi viene voglia di dire che voler tirare fango sui pezzi di carta è un tipico vizio italico di chi non vuole sforzarsi ad istruirsi e la vuole sapere lunga senza informarsi (sui fatti, poi? Giammai!). Avendo una laurea Italiana ed un M.Phil. Olandese, sono d’accordo sul pezzo di carta Italico, non ci sprecherei neanche il fango.
Ed in altri paesi, il “genietto” di un settore, se deve ricoprire un incarico previo titolo, spesso può riscattarlo in varie maniere (magari su richiesta dei datori di lavoro, che glielo pagano…). Ad esempio, per “manifeste competenze sul campo”. Il laureato incompente o non sussiste (ti segano prima) oppure viene disintegrato alle valutazioni per un determinato ruolo. Di nuovo: in Italia la laurea (ed il master? ed il Ph.D.?) può essere “pezzo di carta”, ma l’Italia non è il mondo intero (di Montezuma…). Mi pare che gli ordini esistano solo in Italia, e credo che ci sia un parallelo fra la scarsezza della preparazione e l’esistenza degli ordini. Se uno ha un pezzo di carta straccia in mano, meglio fare una corporazione degli incompetenti per ottenere un posto fisso comunque, no?
Poi, chiaramente, se uno proprio non riesce a tirar giù l’idea di criteri di valutazione ufficiali, trasparenti, chiari (che corrispondano al rilascio di un titolo e non ad un sistema di corporazioni etc etc), può sempre invocare la possibilità di molteplici interpretazioni. Una di queste è che un certo presidente dell’istituto di astrofisica è un genio. Certo, non la mia. Poi, giusto per fare un parallelo, un motto di certi figuri che comunicano e liberano, è “Non esistono fatti, solo interpretazioni”. Figurarsi, staranno in quota PD ormai.
Rimango dell’opinione che studiare fa bene e giova alla preparazione di un individuo. Senza studio, difficilmente ci saranno competenze e la capacità di svolgere un lavoro. Mi domando se si possa nascere con una sorta di talento innato per le interviste, o la capacità di dimostrare teoremi sui numeri primi, etc. che permetta, senza aprire libro, di avere massima padronanza di tale settore senza lo sforzo dell’istruzione. Che io sappia, non esistono pubblicazioni al riguardo. Magari si può chiedere alle masse cosa ne pensano, e magari si può chiedere loro a chi dare la prossima medaglia Fields. Sarebbe molto democratico, suppongo.
Trovo immensamente ironico che Ivan abbia una sezione “cervelli in fuga”, ad ogni caso. Forse dovrebbe ribattezzarla “Gente con in pezzi di carta che se la tira ed in fuga”.
Fran
Oh, finalmente qualcuno (Fran) che cita Ann Coulter.
Io questa sottospecie di Brambilla (la Brambilla in confronto è molto ma molto più colta e accurata, e parlo di quella Brambilla inchiodata a Ballarò da Soru e dalle statistiche dell’Istat completamente sballate sulla Sardegna, che per buttarla in caciara si è poi messa a parlare del randagismo “tipico della Sardegna”) l’ho dovuta recensire nel mio libro su maccartismo e cinema, avendo lei trattato di maccartismo prima di me. Le stronzate che scrive la signora, completamente prive di supporti scientifici ma anche di quelli del buon senso e dell’onestà intellettuale, sono emblematiche, all’interno della nostra discussione.
La signora Coulter non sa quasi niente di storia né di giornalismo. Anzi no, se scrivo così potrebbe querelarmi, qualora sapesse leggere l’italiano. Diciamo che ha una sua visione molto personale degli eventi passati e presenti… Si è laureata in legge in una prestigiosa università americana e ha cominciato a fare politica appresso a un senatore repubblicano. Da lì è diventata un’autrice di successo di pamphlet che per brevità chiamerò “giornalistico-politici”, ma che non rispettano alcuna delle regole del giornalismo americano e mirano allo smerdamento dei politici liberal americani.
Seguendo l’ottica di Ivan, il giornalismo alla Coulter è quello giusto. Secondo me, proprio no.
hai della stoffa Fran, come agitatore ovviamente…
Filippo, non perderti il commento in cui ammetto che mi hai convinto sulla questione delle competenze versus libertà. 😉
Sì, sono d’accordo, questa frase di Fran:
Trovo immensamente ironico che Ivan abbia una sezione “cervelli in fuga”, ad ogni caso. Forse dovrebbe ribattezzarla “Gente con in pezzi di carta che se la tira ed in fuga”.
sa tanto di touché. 🙂
Fran, avevi detto tutto bene fino in fondo, riferendoti alla gente che se la tira in fuga. Io sono uno di quelli, di sicuro non me la tiro e se avessi potuto sarei rimasto a casa mia. Come credo tutti i cervelli in fuga (o stomaci vuoti).
Ad ogni modo, sputar nel mucchio do cojo cojo, insultando a destra e a manca chi capita, non ti fa sembrare piu’ uomo come pensi. Ti fa sembrare solo un ragazzino.
Cordialmente. Filippo
Ho visto Sciltian, grazie 🙂
credo che il discorso tra te e Ivan possa essere riassunto nel classico dualismo tra liberta’ e controllo (di stampa). Ivan e’ per la prima regolata solo dal mercato (che pero’ ha anche interessi che vanno al di la’ dell’economico), mentre tu vorresti il controllo di qualita’ di tutto cio’ che viene pubblicato (che pero’ assomiglia tanto ad un organo di censura). Un accumulo di potere troppo massiccio per una o l’altra parte. Liberta’ o controllo, due facce della stessa medaglia. Credo che Ivan sottostimi pesantemente l’importanza del controllo sulla completa liberta’.
Ad ogni modo meglio fir qui questa eterna discussione. Io ho detto tutto cio’ che dovevo dire e non voglio ripetermi, in piu’ questo dovrebbe essere un blog politico e non per dar sfogo alle proprie megalomanie da ragazzetto (vedi sopra).
Mah, io non sono d’accordo sul giudizio tranchant che dai agli scritti di Fran. Però sono d’accordo sulla polemica OT di questi commenti. Il dualismo “libertà di accesso” vs “controllo della qualità della stampa” è quello che divide Ivan e me.
Io però non invoco affatto la censura. Una volta che uno è giornalista professionista e sa cosa deve fare per lavorare a regola d’arte, deve poter scrivere senza alcuna censura, meno che meno preventiva! E’ lì che se sbaglia, poi pagherà (economicamente e, in certi casi, penalmente).
capita che mi inalberi, Sciltian, quando ricevo critiche gratuite. Del resto, come ho scritto, quell’ultima frase nel commento di Fran pareva messa la’ solo per aizzar cagnara e poco aveva a che vedere con il resto del messaggio (umanisticamente valevole). Il profilo dell’agitatore.
Per il resto chiudo qui, facendoti notare che, la tua idea per cui chi scrive deve essere giornalista, e’ una velata forma di censura preventiva, effettuata sulle persone (e le idee che esse rappresentano?). E qui chiudo definitivamente.
Flippo, non mi sono “autoeletto esperto” di nulla. Ho solo preso uno spunto dalla mia esperienza personale per esprimere il concetto che lauree ed esami di stato sono solo uno dei percorsi possibili, non certamente l’unico. E che neppure questo percorso è, in sè, garanzia di riuscita, perchè spesso è la qualità umana che manca, a prescindere dai titoli. In Italia di sicuro, altrove non posso esprimermi con sicurezza ma, per quel poco che conosco, il dubbio che non sia poi così radicalmente diverso (nel mondo del lavoro e nelle professioni, più che nelle università) mi viene: da qui la ma domanda. Tutto qui.
Mi sembrano considerazioni talmente ovvie, che avrei capito di più eventuali critiche riguardo alla sostanziale banalità della mia osservazione.
Fran, certamente non sono il tipo da considerare “nemico” qualcuno che nemmeno conosco … Dalle argomentazioni che svolgi capisco che i nostri punti di vista sono molto più vicini di quanto ti possa apparire, direi quasi coincidenti (salvo la chiusura del post), soprattutto quando sottolinei con forza il valore della preparazione individuale per costruire la competenza. Il mio commento precedente leggilo più come un tentativo di far dialogare in modo più costruttivo quelli come te, che vivono all’estero, e quelli come me, che vivono in Italia.
Noi ci siamo accorti, e ci stiamo accorgendo tutti i giorni, che esiste un mondo più grande.
Ogni tanto farebbe piacere avere la sensazione che chi è fuori si accorgesse a sua volta del fatto che anche qui non c’è sempre e solo quello sfascio che vi ha portato lontano. Che esistono realtà e persone con le quali vale la pena di avere un rapporto ed un confronto. Sui fatti, è ovvio.
Almeno fino a che la ragion d’essere di questo blog è cercare di operare – insieme – perchè le cose cambino.
In Italia.