Nei commenti di un mio post precedente qualcuno mi ha criticato non per le cose che ho detto, ma per quello che non ho detto negli ultimi giorni. “Qui succedono casini enormi, Ivan, e tu ci racconti dei fatti tuoi, delle cose dei gay, perché non ci dici invece quello che pensi? Non lo sai che per fare la politica con la P maisuscola devi dire qualcosa su questi argomenti?” Qualcun altro ha pure detto: “E già, chissà se Ivan almeno li legge i nostri commenti”.
Ho letto quest’ultimo commento questa mattina alle 8 dal Kazakhstan (4 a.m. ora italiana) dove ero arrivato ieri sera dopo cinque ore di volo, e ho risposto che io commenti dei miei lettori altroché se li leggo. Anzi, non solo li leggo ma magari ci penso su anche tutto il giorno. E infatti ho continuato a pensarci per tutto il giorno e ora, sul volo di ritorno per Mosca, eccomi qui a buttare giù di getto qualche riflessione sull’argomento.
La prima è anche troppo facile e dirò subito che non costituisce in nessun modo una scusante per ogni mia eventuale omissione, di cui mi assumo comunque interamente le responsabilità, ed è che tenere un blog è un lavoro. Un lavoro anche pesante. Non è un problema del lettore, per carità, ma comunque resta il fatto oggettivo che se vuoi mettere qualcosa on line tutti i giorni – e questo è quello che cerco di fare io – per raggiungere l’obiettivo ci vuol tempo e attenzione. Se poi vuoi dire qualcosa di molto sensato su qualcosa di molto serio, ci vogliono probabilmente anche delle ore. Ogni tanto le ore ce le hai, ogni tanto non ce le hai, e così non sempre riesci a commentare tutto a botta calda. Il che magari è anche una buona opportunità per riflettere sulle cose e prenderti il tempo necessario per non reagire esclusivamente d’impeto su temi che magari abbisognano di qualche riflessione. Però magari il lettore si aspetta un commento veloce e quando non lo trova si spazientisce. Me ne assumo la responsabilità, come ho già detto, ma insomma vorrei chiarire che non sempre l’assenza di commenti equivale all’assenza di opinioni.
La seconda cosa è che ogni tanto vivo dei momenti di stanchezza, come probabilmente molti di voi. In questo viaggio per Almaty mi sono portato dietro un thriller, francamente non di gran livello, intitolato “La morte del Papa”. La trama, tra pistolettate facili, inseguimenti automobilistici e apocalittici scenari, dice sostanzialmente che Papa Luciani fu fatto fuori da Marcinkus e dalla P2 perché aveva deciso di fare pulizia nello IOR. Il libro non è un gran che, ma leggendolo non ho potuto fare a meno di pensare che l’autore portoghese del romanzo ha potuto sbizzarrirsi ad utilizzare la storia italiana come trama del suo libro perché noi, da queste parti, non ce ne siamo fatta proprio mancare nessuna: da Pecorelli a Moro, dal crack Ambrosiano a Calvi appeso al Blackfriars bridge, da Gelli, Ortolani e Pazienza ad un papa misteriosamente morto dopo soli 33 giorni di regno.
Se ci aggiungiamo (completamente a caso, così come mi vengono) Gladio, Ustica e Bologna, Piazza Fontana, Via Gradoli e le sedute spiritiche, Falcone e Borsellino, la P2 e tutti i suoi iscritti Berlusconi incluso, i depistaggi dei servizi e altri ammennicoli della nostra storia recente con i cui retaggi e le cui inconcludenti sentenze giudiziarie ci siamo abituati perfettamente a convivere come se nulla fosse, viene da chiedersi che cavolo di paese questo sia.
E così quando scoppia questa cosa di Visco e di Speciale e relativa cagnara il senso di déjà vue dà quasi la nausea. Al di là dei torti e delle ragioni il caso è pur sempre gravissimo, parliamo di una polemica che investe altissime cariche dello Stato, e il senso di delusione e di smarrimento è fortissimo: perché, al di là dei torti e delle ragioni appunto, è comunque lo Stato, che appartiene a tutti, che ne esce fuori malissimo. Viene quasi da pensare insomma che non ci sia proprio nulla da commentare, che il fango nel quale siamo stabilmente immersi da decenni non cambia e non è destinato a cambiare, non in questo momento, non con questa classe dirigente che poi grosso modo è quella di venti o di trent’anni fa.
Non sono un politico di professione, faccio un lavoro che mi sballotta per il mondo e che – come è giusto che sia, dato che mi pagano – mi prosciuga tutto il tempo che ho. E’ un lavoro privilegiato al quale si aggiunge il privilegio di avere un minimo di ascolto pubblico quando dico quello che penso. La mia è una piccola voce, una voce strappata alle domeniche e alle ore di sonno e strappata anche alla nausea e alla stanchezza, ma è comunque una voce, il che costituisce un ulteriore privilegio.
Quando ti viene concesso un privilegio il minimo che tu possa fare è provare a restituire in qualche modo il dono che hai ricevuto. E così, potete starne certi, con questa voce, con tutti i suoi limiti – ivi compreso quello di non poter usarla con la costanza e la continuità che vorrei – continuerò a chiedere quello che credo spetti all’Italia, alla Repubblica Italiana, alla sua civiltà e al suo rango, quello che le sarebbe dovuto per diritto: il rispetto.
Rispetto. Pulizia, non foss’altro che una pulizia almeno formale. Nessuna politica, in nessun luogo del mondo, è asettica e priva di bassezze, ma in nessun altro paese la politica è così arrogante e guascona, così ipocrita e sfrontata. In nessun altro paese del mondo occidentale è così basso il senso dello stato, così opaca la sua immagine, così evidenti i conflitti d’interesse, così basso il livello della legalità e della pubblica moralità, così impudiche le lotte tra i poteri pubblici. Da nessuna altra parte.
L’ultima volta che sono andato a Londra ho avuto una discussione abbastanza dura con alcuni amici che mi sono carissimi. Colpa mia. Una di loro, Tina Geraldi, per la quale nutro un grande affetto e grandissima stima, durante la riunione ha attaccato pesantemente la politica di Blair. Io ho reagito male, le ho chiesto se avesse per caso idea di come si vive in certi paesi della Campania, che prendersela con Blair per i suoi pur macroscopici errori era comunque un guardare la pagliuzza nell’occhio di un paese, il Regno Unito, che a noi italiani di Londra ha offerto opportunità introvabili in Italia. Ho detto che non si poteva lamentarsi degli ospedali dell’NHS senza aver fatto prima un giro agli Incurabili a Napoli. Ho detto che la politica britannica, con tutte le sue enormi magagne è per nostra sfortuna tuttora un modello a cui aspirare e che magari avessimo da qualche parte un Blair (quello di dieci anni fa) dalle nostre parti.
L’ho detto con la stessa rabbia con la quale mi guardo intorno quando torno a casa in Italia e non ho tenuto conto – errore gravissimo per uno che fa politica, seppur con la p minuscola – di quanto importante fosse per Tina e per gli altri poter comunque aspirare a migliorare il proprio mondo. Un mondo che per loro fortuna, ma anche per loro scelta, sta saldamente ancorato all’isola britannica e non al nostro malmesso stivale.
E così ogni tanto mi stanco. E allora il blog diventa lo spazio per qualcosa di più personale. Che non è però meno politico. Perché politico è il non tacere, politico è il continuare a parlare e a testimoniare, politico è partecipare senza compromettersi ed è assolutamente politico il continuare a lavorare – ritagliandosi disperatamente il tempo, magari durante una turbolenza piuttosto pesante su un volo qui da qualche parte nei cieli dell’Asia centrale – per contribuire, per quello che si può, a provocare un cambiamento.
12 risposte a “Batto un colpo”
Politica è quella cosa che i nostri politici stanno distruggendo per non saper rinunciare a se stessi, a un puntiglio di potere che appare incomprensibile a chiunque se non a loro stessi. L’antipolitica ci ingoierà presto e solo allora – come accade sempre con le cose che perdiamo – capiremo quanto fosse importate. Ivan sei una persona apprezzabile. Continua.
ecco Ivan, io penso che sia invece un merito il non perdersi nella pastoietta quotidiana, che rischia di invischiare anche i piu’ benintenzionati in una fanghiglia di preoccupante colore. Meglio mantenere un certo distacco dal day by day per potere guardare l’insieme e concentrarsi su cose di piu’ alto respiro e di piu’ sicura presa. I miei due centesimi sono che è meglio riflettere sulle politiche necessarie per rinnovare e ringiovanire l’Italia piuttosto che sui politici che, in scena da ormai troppo tempo, mettono su uno spettacolo ad ogni replica peggiore.
ciao!
ps. com’era il Kazakhstan?
Non ho altro da dire se non che hai tutta la mia solidarietà. Per quello che serve. Chiara
Bravo Ivan! Almeno uno che sa parlare ma che sa anche tacere e pensare.
Pensa che se almeno qualcuno di quelli che strillano ogni minuto e di quelli che parlano a vanvera, per poi ritrattare e dire il contrario, capissero il valore della riflessione, qualche passo avanti si potrebbe fare anche da noi.
grande…
Magnifico,stupendo….grande ivan
sei su D di Repubblica!
Bel pezzo di Concita De Gegorio “Se non ci resta che lo sciopero del voto”.
Ciao Ivan,
gia’ che ci sei, perche’ non ci racconti le tue impressioni su Astana, la fantasmagorica capitale del Kazakhstan, costruita con 20 miliardi di euro in un posto dove la temperatura oscilla tra -40 e + 20 a secondo della stagione? Non sarai un giornalista ma i tuoi racconti di viaggio mi sono sempre piaciuti…
Benedetto
I post di “getto”, sentiti, come questo, mettono a nudo la tua stupenda umanità. Un abbraccio e a presto. V.
L’avevo intuito che ti stavi ritirando sul privato. Secondo me, a questo punto, non è che ci siano molte altre alternative. Su Speciale, dagli Usa, non ci ho capito granché. Direi che se fosse così tremendo come Prodi e Visco lo dipingono, non gli avrebbero dovuto offrire il posto alla Corte dei Conti per comprarne il silenzio. Poi, un generale nominato da Tremonti, sarà probabilmente una persona pericolosa e inaffidabile, ma come sempre l’Unione fa il tacon peggiore del buso.
Bravo!
Ivan, il “qualcun altro” che ha scritto “chissà se Ivan legge i nostri commenti” sono io e lo sai…Non è appellarsi alle sottigliezze ma, bastava dire: “Nico ha scritto questo” , perchè in realtà l’ho scritto io e perchè non ti ho scritto nulla di male. Mi dispiace aver in quale modo offeso quello che per te è, il tuo personale rapporto col tuo blog che, come giustamente tu dici, non è fatto di sola politica (e menomale direi io!!). Esiste anche altro al di fuori della politica. Sono d’accordissimo. Avere un blog richiede costanza e cura…TEMPO! So che sei iper indaffarato e che può capitare che tu non possa dare retta proprio a tutti i commenti…è umano Ivan.
Quando ho deciso di iscrivermi al tuo blog, l’ho fatto perchè mi piaceva l’opportunità di scambiare idee con la persona che personalmente ho votato alle primarie e che ho suggerito di votare per stima e perchè quello che hai sempre detto, lo avrei detto anch’io. Sei stato sicuramente il portavoce politico delle mie idee laddove non trovassi più nessuno in cui identificarmi.
In vista del PD, ho abbandonato i DS….sto quasi per entrare in politica…voglio iniziare dal basso, dalla politica attiva fatta tra la gente e per la gente assieme ad un nutrito gruppo di coetanei maschi e femmine, senza nè quote rosa nè quote blu nè quote grigie. Donne di tutte le età, uomini soprattutto giovani. Crediamo in un piccolo progetto che se funziona, spero possa essere di esempio per molti ragazzi stanchi di subire la politica.
Sto per entrare in Rifondazione, in attesa di un unico soggetto di sinistra. Alle scorse elezioni votai per la Rosa nel Pugno…poichè credevo nel fattore novità, perchè votare un partito esplicitamente LAICO poteva significare un grande segnale per la politica. Purtroppo il progetto è fallito forse perchè erano fallite le dirigenze…
Ivan, faccio parte di quel correntone mussiano dei Ds…e ho spesso letto che credi nel PD….ma in cosa? è un progetto riciclato spacciato per nuovo….stesse persone, stesse dirigenze, stesso concetto di quote rosa, quote azzurre e intanto i dinosauri non si scollano dalla poltrona.
Dimmi che stai pensando anche tu ad una vera sinistra. Dimmi che ci credi…e dimmi anche, se puoi, che non sono un semplice utente: sono Nico.