Qualche giorno fa, Filippo replicava ad un mio post parlando del Web in Italia come un canale di comunicazione e partecipazione politica ancora “per pochi” in Italia. Questo a dispetto della presenza di Internet in circa il 52% delle famiglie italiane.
Mi e’ venuta allora la curiosità di capire cosa succede in USA quanto si tratta di politica e Internet. La campagna presidenziale del 2004 ha rappresentato uno spartiacque. E i numeri sono impressionanti. 75 milioni di Americani (37% della popolazione) hanno usato Internet per raccogliere informazioni, discutere dei candidati e dei temi della campagna. Inoltre, 13 milioni di cittadini hanno usate Internet per partecipare direttamente offrendosi come volontari o inviando denaro!
Nonostante tutto ciò, il modo di fare politica in USA non è cambiato molto. L’investimento politico in media, secondo il Pew Institute, continua a focalizzarsi su tv, radio, mailing e telefono, e solo l’1% è dedicato alla comunicazione via web, a la percentale non si schioda da anni.
L’effetto più importante sembra essere stato quello alla “base”, sempre secondo il Pew Institute. I cittadini usano sempre più il web per mettersi più facilmente in contatto con persone con simili idee e valori, per creare network che portano avanti iniziative di interesse locale o nazionale, blog dove si discute e si dibatte.
In poche parole, in America la classe politica non sembra aver colto in pieno le potenzialità di Internet nel stabile un contatto diretto con gli elettori, al di fuori dalla campagna elettorale, dove e’ stata più la “spinta dal basso” che una chiara strategia a fare la differenza.
Guardando questi dati ho pensato ad Internet e il suo uso nel marketing e nella comunicazione. Quando Internet è entrato in scena, tutti noi “markettari” abbiamo cominciato a sognare un mondo in cui la comunicazione di marca non era più un monologo, ma un dialogo diretto con i consumatori, con un loro maggiore coinvolgimento nella vita della “marca”. Ma la cruda realtà è venuta fuori dopo qualche tempo. I consumatori non vogliono essere “coinvolti” da Barilla o Esselunga, vogliono solamente che facciano il proprio lavoro e mantengano le proprie promesse!
Il vero impatto di Internet, quello veramente rivoluzionario e di grande valore, non è stato quello di connettere le marche con in consumatori, ma di connettere i consumatori fra di loro. Adesso i consumatori (ovvero noi stessi), si scambiano informazioni su cure mediche, fanno campagne per abbasse il prezzo di beni di prima necessità, pubblicano foto di prodotti che non funzionano. Le marche sono state relegate al ruolo di fornitori, e i consumatori parlano “delle” marche, ma non parlano “con” le marche.
Allo stesso tempo, all’interno delle grandi corporazioni l’ “Internet discourse” è tenuto costantemente sotto osservatorio e impatta grandemente, molto più di quanto si pensi, le strategie di business e di prodotto, oltre che di comunicazione.
Penso che questa potrebbe essere una grande opportunità per il PD, se riuscirà a proporsi come facilitatore del dibattito, tenere gli occhi aperti e, ma solo se necessario, intervenire direttamente. In poche parole, penso che la sfida per il PD sia prima di tutto di saper “ascoltare” quello che succede in Rete, capire il peso e l’importanza dei dibattiti che vi si svolgono, esplorare i temi che vi sono dibattuti, pensare e lanciare campagne su temi che appassionano i cittadini e impattano sulla vita di tutti i giorni. E sarebbe un bel vantaggio competitivo rispetto agli avversari.
Le premesse non sono positive. La presenza delle politica “ufficiale” italiana online sembra quasi esclusivamente legata ai siti di partito, che sembrano un classico “taglia & incolla” di comunicati stampa, con l’aggiunta di lunghissime interviste con gerarchi di partito su temi improbabili. Un “Little Shop of Horrors”, qualche volta con spunti divertenti! D’altra parte, sapendo che, se non ricordo male, D’Alema ha imparato ad inviare gli SMS solo da pochi mesi…
In un Paese ingessato come il nostro, con parrocchie, sezioni e sindacati a fare da collante con il Paese “reale” (ma è ancora vero?), se il PD farà questo piccolo sforzo di “ascolto” avrà fatto un grande passo.
E penso che tutto ciò impatterà due importanti aree: il continuo confronto con la realtà del Paese e adottare un linguaggio o modo di comunicazione che sia piu’ vicino a quello dai cittadini….
E scusate se è poco….
14 risposte a “Il Partito Democratico e il Web – Riccardo Brenna”
Riccardo, sono completamente d’accordo a meta’ con te 🙂
condivido il messaggio che lanci, il PD (e piu’ in generale una qualsiasi nuova politica italiana che voglia ascoltare le esigenze del popolo) non puo’ non tenere conto del web. Concordo anche con la tua disamina sugli USA. Ma qui parliamo dell’Italia e non degli USA. Tutto quello che dici sugli USA si puo’ applicare anche all’italia, ma con un fattore di quantita’ 10 volte inferiore. Qui il web e’ 10 volte meno importante che non in USA. Vuoi perche’ siamo prigionieri delle terrificanti tariffe ADSL di telecozz (e molti il web non lo usano per i costi spropositati, viva la novella tassa di 10euro che sti strozzini hanno appena fatto approvare per le linee dati senza abbondamento telecozz), vuoi perche’ siamo un popolo che sta invecchiando, vuoi perche’ chi ha in mano le TV ben si guarda dall’introdurre qualsiasi granello di sabbia negli ingranaggi ben rodati della comunicazione TV.
Allora tutto male? no ovviamente. Giustamente il web mette in comunicazione gli utenti che possono organizzarsi tra di loro. Ascoltare il web vuol dire ascoltare i cittadini. Solo non sopravvalutiamo l’importanza *odierna* del Web in Italia. La costituente del PD sara’ tra 100 giorni. Puntare sul web e’ doveroso, ma non puntiamoci sopra tutto quanto, bisogna diversificare il portafoglio degli investimenti in short-term, mid-term e long-term. Il Web in Italia per me oggi non rappresenta certamente un investimento short-term.
PS scusa Riccardo, dove hai preso quel dato del 52% di famiglie italiane connessa a internet? Che io sappia in Italia stiamo a meno del 30% (contro il 74% dell’Olanda per esempio), una delle percentuali piu’ miserabili d’europa, in linea col fatto che abbiamo costri tra i piu’ alti (allineati ovviamente) per gli orripilanti servizi di telecozz. Ma magari mi sbaglio io. Puoi illuminarmi?
caro riccardo,
si ascoltare il web penso che sia importante, ma sono d’accordo con filippo, senza darci troppo peso in realtà. E’ piuttosto (come d’altra parte dici tu) un fantastico luogo dove si puo’ discutere, ma chi discute sono i più impegnati e “attivi”. Sappiamo tutti, che le elezioni si vincono colpendo “il ventre mollo”, e che il web distorce molto la realtà (ricordo che sul web il buon ivan era dato ben sopra mastella, cosa che poi purtroppo non è accaduta per parecchi voti …)
quindi occhio, riunire gli “attivi”, magari impigriti e demotivati dalle pratiche delle cariatidi va bene, ma “ascoltare” il web temo possa fornire una visione molto distorta della società.
cordialmente,
riccardo(S)
Il numero l’ho preso dalla penetrazione Internet nelle famiglie fornite da Nielsen Netratings a Gennaio 07 (l’ho trovata su Internet). Ma anche se fosse il 30% non sarebbe male comunque. Inoltre, penso che i prezzi sono comunque destinati a scendere e quindi la penetrazione aumentera’ nel medio periodo.
x Riccardo: io ho numeri diversi: 28% circa delle case (Adiconsum) hanno un allacciamento a internet, ma magari ci sono piu’ famiglie che usano a scrocco la stessa connessione 🙂
cmq 28% non lo chiamerei “non male”, se lo paragono con il 74% d’Olanda (o i 20Mb/s della Wanadoo francese) lo chiamo “catastrofe”.
in any case, non sono cosi’ fiducioso come te e che i prezzi italici diminuiranno nel breve periodo. Vedi liberalizzazioni dell’ultimo miglio nell’aria? io vedo telecozz che continua ad essere ex-monopolista di stato e imporrre i suoi prezzi stratosferici al (depresso) mercato italiano. WiMax e WiFi? Troppi impedimenti di stato a protezione della riserva di caccia di telecozz. Certo, se iMille guadagneranno voce in capitolo le cose potrebbero cambiare 🙂
Nelle telecomunicazioni, a livello mondiale (compresi paesi orribilmente protezionistici come la Cina e l’India), l’accesso al servizio (ovvero l’ISP), sta diventando sempre piu’ una commodity, ovvero le grandi corporazioni in questo business sono piu’ interessate che le persone accedano al servizio, per poi cecare di vendere loro “data services”.
Se guardi gli annual report di aziende quali Orange o AOL, vedrai che la situazione si muove in quella direzione. In aggiunta a questo trend, nel breve periodo queste aziende sono terrorizzate dal churning, ovvero dalla gente che si muove da un fornitore all’altro in base al prezzo. Capisco che in Italia il protezionismo sia ancora forte, ma non credo sia destinato a durare, e penso che nuovi attorni entreranno in gioco con offerte “tutto compreso” che muoveranno le acque.
Dio ti ascoli, riccardo…
btw, riccoardo, forse sono io che sono uno scassaballe, ma prendere ad esempio di paesi oltraprotezionisti Cina e india mi sembra un po’ forzare la mano alle statistiche. Cina e India sono si’ ultraprotezionistiche, ma l’avanzata del web nonostante il protezionismo e’ dettata dal fatto che Cina e India vogliono crescere. E crescendo non possono prescindere dalla comunicazione. In Italia non vedo alcuna voglia di crescere, vedo molti succhiadenaro come telecozz adagiati su un mercato bloccato e rendite di posizione per godersi in pace la vecchiaia. Da qui la scarsa propensione all’innovazione nonostante un protezionismo di stato sulla carta inferiore.
Sarebbe bello se potessi trovare dati per una comparazione tra il tasso di crescita delle connessioni italiche e quello di altri paesi, emergenti e/o europei. Spero di sbagliarmi, ma ho il forte sospetto che vedresti tassi di crescita per l’Italia tra i piu’ bassi in assoluto. Investitori stranieri o no in terra nostrana, credo che il problema focale sia invece la regolazione del mercato, e non dato dalla presenza o meno di investitori stranieri (quelli vengono in italia e fanno gli italiani, vedi l’anglo-olandese ABN-AMRO/BARCLAYS che domina l’italica Antonveneta ma in terra italiana applica gli stessi interessi da fame delle banche italiane invece di quelli ben piu’ alti in terra d’Olanda). Senza regole chiare e aria pulita, gli unici stranieri che verrai entrare in italia non faranno altro che entrarci con un portafoglio azionistico di “medi rendimenti-bassi rischi”, che vuol dire che lascian tutto come sta e si pappano la loro fetta di torta (sicura al 100%), salvo andare ad investire altrove dove il mercato e’ piu’ pulito e consente margini maggiori (ma a scapito di rischi maggiori che in italia non hai visto che il mercato e’ iperdirezionato da connubi malsani)
Ne approfitto per chiarire il concetto di “penetrazione” (in senso statistico, naturalmente:).
Sono stato quattro mesi proprio in NetRatings e mi hanno fatto una testa così sul fatto che la % di penetrazione di Internet riguarda la popolazione, quindi tiene conto dei computer condivisi da più persone nella stessa famiglia. Si tratta di misurazioni attendibili perchè il panel è statisticamente bilanciato (e perchè mi pare di ricordare che il rilevatore che le famiglie installano sul pc permetta di segnalare CHI si sta connettendo in quel momento).
Un altro dato interessante è che la percentuale di utenti muniti di ADSL ha superato il 50% soltanto a inizio 2006.
Michel, c’e’ modo di fare un benedetto paragone tra la crescita italica e quella di altri paesi emergenti e/o europei in termini di “penestrazione” (in senso statistico, naturalmente) 🙂
ops, scusa Manuel, quella prima era un domanda. ho dimenticato il punto interrogativo 🙂
Filippo, guardati la penetrazione nel home panel di Nielsen Netratings e confronta con gli altri Paesi nel panel, si trova in http://www.nielsen-netratings.com/press.jsp?section=pr_netv&nav=3
Capisco tutti i dubbi che hai sul protezionismo in Italia, ma appunto perche’ e’ da un po’ che lavoro con cinesi e indiani e ho visto i cambiamenti degli ultimi anni, “voglio” essere ottimista anche per l’Italia. Non abbiamo alternative, dobbiamo cambiare o la pagheremo a caro prezzo. Magari la leadership del PD dovrebbe capirlo, se l’ha capito il Partito Comunista Cinese…
capisco riccardo, o si cambia o si muore. L’ho gia’ sentita questa frase, anche se era o si fa l’italia o si muore 🙂
ad ogni modo hai ragione: dobbiamo cambiare, proprio per questo siamo qui. Perche’ se non cambiamo la pagheremo a caro prezzo, ma la pagheremo solo noi, perche’ tra amici, parenti, pensioni e generali dei PDinosauri, loro si saran sistemati ad Hammamet a spese nostre.
Caro Ivan per me è arrivato il momento del distacco dal sistema: sono convinta dell’urgenza della tua candidatura alla segreteria del PD.
Questa volta siamo in molti a non poterne più di vecchi e triti modi di dire e fare la politica!
D’altronde la pazienza ha dei limiti!!!! Sono anni che spero in un cambiamento, adesso ci sei tu e bisogna tentare assolutamente di rompere tutti quei nodi che ci stringono e costringono.
A presto, Gloria