5 Settembre 2007

Baronie e finanziamenti – Filippo Zuliani

Cervelli in fuga

Da Repubblica, mercoledi’ 05 settembre 2007:
“Dal livello dell’università e della ricerca dipende una parte decisiva del destino del nostro Paese”, aggiunge Mussi, ed è perciò necessario al tempo stesso “destinare più risorse al sistema e garantire l’efficacia e l’efficienza della spesa”.


Affermazioni importanti, che meritano pieno sostegno. Si moltiplicano intanto, però, pesanti indizi di deterioramento del clima. Un dato di grande interesse emerge da un campione [..] del primo round dei fondi di ricerca distribuiti ai giovani (entro il nono anno dopo il Phd) dal Consiglio Europeo delle Ricerche. Gli italiani vi figurano assai bene, al secondo posto dopo la Germania (17%) e a parità con l’Olanda, col 14% di successi: consolante conferma dell’alto livello della ricerca in Italia, anche rispetto ad altri paesi (Gran Bretagna e Francia 8%, Belgio 10%, Spagna 4 %).
Ottimo, se badiamo solo alla cittadinanza d’origine. Ma se invece guardiamo, ed è essenziale, dove i singoli studiosi hanno deciso di impiantare la loro ricerca in caso di successo finale (ogni singolo grant può arrivare fino a 2 milioni di euro), l’Italia perde vistosamente terreno: di quel 14% solo il 5% (cifra sempre riferita al totale) intende restare in Italia, mentre il 9% si distribuisce fra Inghilterra, Francia e Olanda.
In altri termini, I giovani prendono I fondi e vanno dove c’è terreno fertile per lavorare. Lodevole l’iniziativa dei finanziamenti ai giovani, a riguardo appoggio Mussi completamente. Ma finché le baronie continueranno ad essere ipergarantite, i giovani seguiteranno a scappare, stavolta con in tasca i finanziamenti italiani.

23 risposte a “Baronie e finanziamenti – Filippo Zuliani”

  1. Alessandro ha detto:

    Vorrei porre sul piatto il problema dei presidi di facoltà, scelti tra gli ordinari per gestire sia la didattica che l’amministrazione. In generale, sono persone che non conoscono e non reputano utile apprendere gli strumenti della programmazione progettuale ed economica: navignano a vista, lasciano fare agli amministrativi, sperando se la cavino. Essendo ordinari, non intervengono su uno dei problemi principali di quasi tutte le facoltà: l’eccesso di ordinari che non lavorano e non possono essere ripresi e obbligati a lavorare. In sintesi, Mussi rappresenta una sicura garanzia di status quo, così come qualsiasi preside eletto dai suoi stessi colleghi (è una specie di super-preside). Suggerirei la creazione della figura di un amministratore (non scelto tra gli amministrativi della facoltà ma esterno, ministeriale ad esempio), che si occupi della gestione economica, mentre al preside sia delegata la funzione didattica, con l’obbligo di intervenire, pena la sanzione del suo operato, nei confronti dei docenti imbelli. Questa mossa richiede la creazione di una classe di ispettori governativi di altissima qualità: come quelli che in Inghilterra verificano periodicamente la qualità delle lezioni universitarie sedendo accanto al professore che spiega.

  2. Filippo ha detto:

    soprattutto richiede la creazione di una classe di ispettori governativi pulita. Riesci ad indicarmi un prededente in tal senso in Italia?

  3. Alessandro ha detto:

    Nessuno vuol essere controllato in Italia. Me ne accorgo ora che dalla UE controlleranno la qualità della mia ricerca: a me piace, mi insegna cose nuove e mi fa essere più bravo. Non capisco gli altri, sono tutti preoccupati.

  4. Filippo ha detto:

    non hai risposto alla mia domanda. In Italia abbiamo avuto veruni esempi di comitati di controllo (quello RAI ad esempio). quanti hanno funzionato? te lo dico io: manco uno. Meglio lasciar perdere altre velleita’ similari per il futuro. capisc’amme’.

  5. Alessandro ha detto:

    Mi sembra che quella della Rai sia una commissione di vigilanza parlamentare. Penserei piuttosto a una unità tecnica del Ministero dell’Università, con ampi poteri di sanzione, sorpattutto sul lato economico. Ma al ministero dell’Università c’è Mussi, professore universitario, quindi nulla da fare.
    Non so se unità simili esistano in altri settori produttivi.

  6. Filippo ha detto:

    c’e’ la Guardia di Finanza 😀

  7. Alessandro ha detto:

    Che si muove se esiste un esposto preciso e circostanziato da fatti documentabili. Ma la didattica è un lavoro con delle regole cui i finanzieri possano rifarsi? Occorre una sanzione da un organo competente. Si potrebbe provare a proporre la realizzazione in Italia di un gruppo di ispettori della didattica universitaria, molto preparati, ben pagati, e con ampi poteri. Sarebbe una rivoluzione.

  8. Filippo ha detto:

    mah, sai Alessandro. L’italia e’ un paese strano. Piu’ paghi bene e piu’ le persone, anziche’ sentirsi appagate del loro lavoro e dei relativi guadagni, diventano ingorde e vogliono di piu’. Saro’ anche demagogico ma l’esempio dei parlamentari rende bene. Per non parlare di mille assessori, consiglieri e altri fauni di nomina politica (benpagata) che fanno tutto fuorche’ il loro lavoro. Una commissione universitaria didattica di altissimo livello non puo’ che essere nominata dal rettore e dei vari presidi di facolta’, l’apice della politica universitaria.
    Ti aspetti che nominino una commissione pulita? e per giunta capace di mettere in luce gli altarini dei loro protetti? non scherziamo…

  9. Alessandro ha detto:

    Intendo a livello ministeriale. Ma come ho già detto, abbiam Mussi. Da noi musso vuol dire asino, un cognome parlante quindi, come nelle commedie antiche.

  10. Alessandro ha detto:

    Proporrei all’attenzione della sezione del bolg 2 punti fondamentali: 1) il controllo centralizzato della didattica universitaria; 2) il passaggio della responsabilità della conferma del ricercatore dopo i primi 3 anni dalla singola Università al Ministero.
    Sento sempre più colleghi, a Milano come a Roma, che vengono dissuasi dal partecipare ai concorsi perché troppo bravi e “rischiano” di vincere. Se vincono entrano in un ambiente ostile che può distruggere la loro carriera non confermandoli dopo i 3 anni. Questa è mafia. Io non l’accetto. Nessuno può accettarla.

  11. Filippo ha detto:

    Alessandro,
    1) la didattica, purtroppo, e’ gia’ centralizzata. Questo fa si’ che le singole universita’ non siano libere di proporre i corsi che preferiscono (mantenendo una base di esami “classici”) che potrebbero efficacemente appoggiarsi all’economia locale (es. se hai un’acciaieria locale, perche’ non poter fare corsi sugli acciai? mistero)
    2) Ma il fatidico esamone romano, non era gia’ anni fa nell’occhio del ciclone perche’ TUTTI i docenti non lo volevano? andiamo avanti e indietro come i gamberi ubriachi?
    La mafia c’e’ perche’ di fatto i baroni fanno quello che vogliono senza controlli. Nemmeno il cartellino hanno, Finche’ Mussi si ostinera’ a garantire l’attuale intoccabilita’ baronale non andiamo da nessuna parte. Di’ ai tuoi colleghi di chiudere tranquillamente i libri e andare a pescare: i soldi li prendono lo stesso e gli scatti di carriera sono automatici. Se poi non vengono promossi, pazienza. Almeno si godono la vita.

  12. Alessandro ha detto:

    Ho fatto l’esperienza delle piccole università: dipende tutto dalle persone che la fanno. Quindi c’è molto arbitrio. E l’autonomia universitaria insieme alla supposta necessità di rappresentare il territorio hanno portato alla creazione di moltissime piccole università inutili, dense di mafia familiare e ignoranza, che hanno contribuito al depauperamento del Ministero. Corsi-fotocopia in città a 20 km l’una dall’altra. L’incapacità di gestione dell’autonomia universitaria è evidente, perché la fanno i baroni!
    Si può chiudere un’università inutile dopo che per 20 anni l’hai finanziata?
    Il problema è che quasi tutti navigano a vista, sia a Roma che in Provincia. E quasi nessuno merita il potere che ha. Suggerisco di affidare per qualche decina di anni il sistema universitario italiano in gestione a qualche stato europeo. So che come suggerimento è pari a una resa, ma non vedo altre strade. Forse, l’unica alternativa è di farsi sentire ogni giorno da chi ha il potere, senza perdere di vista il proprio obiettivo di vita.

  13. Filippo ha detto:

    //Si può chiudere un’università inutile dopo che per 20 anni l’hai finanziata?//
    No. O almeno non senza riallocare TUTTO il personale docente (statale). Altrimenti ti trovi con i sindacati in piazza per 20 giorni.
    //affidare per qualche decina di anni il sistema universitario italiano in gestione a qualche stato europeo.//
    E che facciamo? la Triplice Allenza con Germania e Austria? 🙂
    A parte gli scherzi, Alessandro, come vedi il problema non e’ di facile soluzione. La lezione vien da Grillo e dal libro “la casta”: gli italiano sono i primi a non voler ammettere che il loro permissivismo sia la prima causa del male italiano. Cercano cosi’ l’indignazione per potersi sentire assolti nell’urlace vaffanculo ai farabutti politici e politicizzati, rei di tutti i mali d’italia. Purtroppo, come ho letto su un blog siciliano: “ti viene voglia di batterti per cambiare le cose, ma quando vedi che il 70% dei siciliani vota per Cuffaro capisci da dove venga l’indignazione italiana, e come sia mal indirizzata nell’ennesimo tentativo di mondare anni di permissivismi e complici silenzi”.

  14. Alessandro ha detto:

    Si potrebbe affidare per 20 anni il 70% che vota Cuffaro agli austriaci.
    PS: ci son livelli e livelli. Un conto è uno che non sa che fare e vota Cuffaro. Un altro conto è uno che vota Cuffaro così può rubare tranquillo.

  15. Alessandro ha detto:

    Si potrebbe affidare per 20 anni il 70% che vota Cuffaro agli austriaci.
    PS: ci son livelli e livelli. Un conto è uno che non sa che fare e vota Cuffaro. Un altro conto è uno che vota Cuffaro così può rubare tranquillo. Tenderei a pensare che solo tra i primi può nascere il Vaf. Nota Filppo che Grillo non lo classifichi in 2 parole. Inoltre, sembra necessaria una soluzione di continuità di un qualche tipo (non so quale, ma Grillo fa paura, anche a D’Alema, e non è poco) perché i procedimenti mafiosi son dappertutto e uno non ce la fa a stargli dietro.

  16. Filippo ha detto:

    sbaglio o si stava parlando di insegnamento universitario?
    il voto a cuffaro era per fare un esempio di come l’indignazione venga cercata quasi chirurgicamente quando le cose vanno male, per mondare le proprie colpe e affibiarle a qualcun altro. Invece di farsi un esame di coscienza.
    Io non mi sono mai piegato di fronte al servilismo baronale italiano, ho fatto il mio lavoro senza mai svendermi. E sono stato costretto all’espatrio. Oggi, dopo qualche anno, parlando con amici italiani che all’epoca la pensavano come me, mi sento dire: “e perche’ non ti sei fatto amico anche tu il baronetto di turno? gli fai i favori e ci guadagni il posto”. Come fosse tutto normale. Salvo poi andare in piazza ad urlare vaffanculo. La colpa e’ tutta di Mastella o di Mussi?
    Finche’ non passera’ questo punto, l’autocoscienza e l’appartenza a uno stato civile, di’ pure ai tuoi amici frustrati di andare a pescare. Il posto (se fisso) non glielo toglie nessuno e gli scatti salariali automatici. Non diventeranno professori, ma guadagnare lo stipendio del ricercatore per far pesca d’altura invece che lavorare, non e’ un brutto modo di vivere la vita.

  17. Alessandro ha detto:

    Mi sembra che la tua risposta abbia un tono eccessivo.
    Il fatto che tu sia stato costretto all’estero concorda con lo stato di molti colleghi che in Italia fanno la fame: perché hanno una famiglia, perché hanno dei problemi qui che non permettono loro di andarsene. O forse perché sono provinciali, ma pur sempre bravi ricercatori. Forse hanno avuto delle chances e si sono fidati delle persone sbagliate. E sono precari proprio perché hanno autocoscienza, o perché stanno in una piccola sede dove la 270 sta tagliando tante opportunità. Si può avere autocoscienza e gridare Vaf. Anzi credo sia una congiunzione piuttosto diffusa. Ti chiedo di non giudicare quelli che qui sono rimasti.

  18. Filippo ha detto:

    Alessandro non fraintendermi. Non e’ mia intenzione giudicare chi e’ rimasto o chi e’ partito. Ognuno fa le sue scelte. Quello che volevo sottolineare io era che, a prescindere dalle scelte, finche’ si fa il vaffa in piazza ma si continua a girare la testa dall’altra parte nella vita di tutti i giorni (e sono in tanti, ricordi quello che scritto sul 70% che vota cuffaro?) allora hai voglia a cambiare le cose.
    Il mio non era giudizio, era semplice pragmatismo. O ci si fa un mazzo cosi’ giorno per giorno (niente vaffanculo e poi chi s’e’ visto), tutti quanti, i grillini del vaffanculo facile in primis, oppure e’ inutile combattere contro i mulini a vento. Molto meglio andare a pescare, ti risparmi ulcere e fegati spappolati dal nervoso. Inutilmente.

  19. Filippo ha detto:

    PS farsi un mazzo cosi’ giorno per giorno non vuol dire solo alzare la testa contro le baronie. Vuol dire, anche e soprattutto, farsi un esame di coscienza e prendere atto del proprio ruolo nel sistema baronale. Quante volte i miei amici che mi incitano al silenzio per farmi amico il barone di turno hanno voltato la testa dall’altra parte. Ne’ ah ne’ bah. Perche’ “non voglio problemi” e “a me sta bene cosi'”, “io non mi lamento” e via dicendo. Il vaffa di Grillo meta’ degli italiani dovrebbero indirizzarlo in primis contro loro stessi, per tutte le volte che hanno girato la testa e fatto spallucce. L’Italia di oggi e’ la somma dei suoi cittadini, prima che non della classe politica (la quale ci mette assai del suo, comunque).

  20. Alessandro ha detto:

    Son daccordo in linea generale ma ti invito a rivalutare le persone che hanno aderito alla proposta di legge popolare formulata da Grillo: non è demagogica o assurda, benché capisco che ai politici di professione possa dare fastidio l’adesione di massa. Politica e popolo devono riavvicinarsi: interessante è il fatto che i Meetup ricomincino ad andare ai consigli comunali. Ci sono stato una sola volta nel mio piccolo comune di origine (prov. Udine), a 18 anni, e mi sono vergognato. Ieri leggendo tra le reazioni dei consiglieri all’iniziativa, tutte positiva, molti sottolineavano che anche i loro colleghi più intemperanti (leggi maleducati, violenti, buzzurri, ignoranti) sentivano il controllo dei cittadini e si comportavano con più decenza. A me questo piace molto.
    Una chicca: la mia università vuole pubblicare on-line i risultati della valutazione della didattica fatta dagli studenti. Fantastico, finalmente. Poi però ti dice che come docente se vuoi hai tempo fino al 31 ottobre per negare il consenso. Ma se è un diritto degli studenti, che c’entra il consenso dei professori?

  21. Filippo ha detto:

    c’entra che fare i cani da guardia feroci costa tempo. Tra un po’, quando il fenomeno Grillo si sara’ sgonfiato, torneremo al passato? io mi auguro di no, ma tangentoli mi ha insegnato che senza autocritica dei cittadini -costruttiva per il futuro-, spento l’entusiasmo forcaiolo tutta ritorna nei binari della normalita’ (italiana).

  22. Alessandro ha detto:

    Bisogna imparare che per essere cittadini occorre essere mentalmente ordinati, e ritagliare spazio di qualità per la partecipazione.

  23. Andrea ha detto:

    “la mia università vuole pubblicare on-line i risultati della valutazione della didattica”. Mi sembra gia` un ottimo punto di partenza. Secondo me uno dei rimedi potrebbe essere proprio la partecipazione piu` attiva degli studenti nella vita universitaria. Nel senso di organizzare attivita`/iniziative che siano a vantaggio di loro stessi. Se si continua a chiedere aiuto ai piani superiori la strada per l’indipendenza e la maturita` personale non puo` essere raggiunta.