La mia amica e collega Eliana Palazzi ha incontrato il ministro Mussi alla festa dell’Unità a Bologna. Gli ha consegnato la lettera di protesta, firmata da molti astrofisici italiani, sulla nomina del comitato che sceglierà il nuovo presidente dell’INAF.
Il ministro l’ha rimproverata dicendo che non siamo mai contenti. E per forza! Come si fa ad essere contenti su una situazione così disastrosa?
Sulla questione donne, si è giusticato dicendo di aver contattato Margherita Hack. Ma come?! Margherita Hack ha 85 anni, e non fa ricerca da molto tempo! La mia amica ha ribattuto che esistono molti giovani capaci, che farebbero un ottimo lavoro.
E lui ha risposto che ci vuole gente con una certa esperienza. Vabbè… è senza speranza. Un ministro della ricerca che non sa come funziona la ricerca.
La conversazione è stata interrotta da una brava signora, preoccupata per le sorti del PD e quelle di suo figlio. La mia amica è tornata a casa, sconsolata, convinta che in Italia avere esperienza per una donne voglia dire essere nota al grande pubblico.
Forse una velina andrebbe più che bene, che dite?
8 risposte a “Il Comitato dei Baroni II – Sandra Savaglio”
Sandra, Sandra… Mussi sta ridisegnando politicamente lo scacchiere della futura sinistra unita. Sulla Ricerca in Italia ha avuto alcune idee interessanti, ma con un comune denominatore: i cambiamenti riguardano solo il nuovo, il vecchio non si tocca. I baroni non si toccano, in altri termini. Chi ha dato ha dato, ma chi ha incassato continua ad incassare.
Le acrobazie a cui tu hai assistito anche tu, servono a Mussi per non inimicarsi il mondo baronale, assai influente in quell’area della sinistra da cui Mussi attinge a piene mani. In altri termini Mussi fa politica, prima che Ricerca. Per cui non puo’ permettersi di scontentare il suo elettorato se vuol concorrere per un posto da leader nella futura Sinistra Unita. Fa pero’ specie notare come le mosse politiche di Mussi siano accettate con una banale scrollatina di spalle dai suoi fan (la Moratti, si sa, e’ stata e sara’ peggio), viceversa ad un Ivan Scalfarotto non si perdona neppur un’occhiata in direzioni improprie, pena la perdita della virginea integrita’ morale.
Un mio amico americano che insegna a Londra mi diceva serenamente che l’università italiana è completamente corrotta. Lui ci ha anche lavorato, con i docenti italiani, di alcuni è anche amico. In sintesi, lui non pensa che ci sia il buono sotto il marcio, ma che il marcio sia struttura. E non gli posso neppure dare del qualunquista, è proprio uno sguardo esterno, incuriosito e non reattivo.
Mi sembra un buon punto di vista. Infatti, certe volte parli con i tuoi ex docenti di un tempo che ti dicono chiaramente che fanno mafia, perché se non lo facessero entrerebbe nei ranghi il peggio in maniera ancora più cospicua: gente che segue teorie anni ’50, o che fa solo politica da 50 anni.
Se questo è il panorama generale, la competizione tra chi vuole fare ricerca o didattica all’Università rimanendo in Italia e ha un certo senso della realtà deve essere anche e pesantemente politica, giocando il gioco sporco. Può succedere che qualche concorso vada semi deserto e quindi la persona brava ce la faccia lo stesso: ma spenderà molti anni fertili inutilmente nel frattempo. Questa grossa componente aleatoria è assurda in un paese dove c’è un mercato del lavoro di ricerca.
Nel mio ragionamento distinguo il merito individuale, che qualche volta è davvero alto in chi vince i concorsi, dalla necessità di entrare in una rete di relazioni. Proporrei un’analisi che mantenga questa distinzione
ragionamento illuminato, Alessandro. Quando comunicai al mio ex-boss la mia decisione di trasferirmi all’estero mi domando perche’. Io risposi: “perche’ sono stufo di perdere il 30% del mio tempo a fare burocrazia che non mi compete (e per cui altri sono pagati) e altrettanto se non piu’ per conoscere tizio e tenersi in contatto con caio. Io voglio lavorare in maniera efficiente”.
Filippo, son daccordo, è così: how much of your time is actually yours? La riflessione sul proprio tempo è trasversale ai livelli e alle professionalità, entra nella vita che scorre, ti permette di poter dire ci sono, ora, e non sono perso, anzi.
Alessandro, io la vedo piu’ in termini di produttivita’, che poi e’ il fine ultimo del lavoro: produrre.
Se devo buttare il 30% del mio tempo a fare burocrazia (che spesso non mi compete, ma chi e’ pagato per farlo e’ al mare o ha “altro” da fare) e il 30% a far politica, la mia produttivita’ si abbassera’ in maniera drastica. Non a caso, in Italia, in ogni dipartimento che si rispetti, esiste e vive una figura di professore sconosciuta all’estero: il magnaccia oscuro. Tale magnaccia e’ il tipico professore che non ha grandi meriti scientifici ma e’ viscido ed inserito nei maneggi politico-burocratici locali. In pratica, permette al dipartimento di sopravvivere e/o prosperare (dipende dal livello di maneggio). Gli effetti sono tremendi, perche’ ovviamente il marciume dell’inviduo e del sistema che limita ma impersonifica filtrano nello studentato e nel dipartimento a tutti i livelli (studenti accondiscendenti, colleghi volemmosebbene e fondi che appaiono e scompaiono).
Forse il tuo amico ha ragione, forse veramente siamo riusciti a far diventare il marciume sistema. Che bel risultato.
Certe volte non produci ma usi lo stesso il tempo in maniera appropriata, per esempio pensi. Alla fine spesso il miglior prodotto è il risultato di molta preparazione iniziale con pochi errori in fase di realizzazione e quindi poca spesa. Ma anche il trial and error funziona in alcuni casi.
Son comunque daccordo che di burocrazia un ricercatore non si dovrebbe occupare: ma perché la segretaria del Dip. è sempre in ferie e ha lo studio più grande di tutti?
Filippo, un saluto
perche’ alla fine tutte le fatture passano per la segreteria…
Al Ministro Mussi si doveva semplicemente rispondere: “non è che lei deve scegliere le persone giuste. Molto semplicemente, non è lei la persona che dovrebbe trovarsi lì”.
Saluti a tutti.
C.