Non si tratta solo di economizzare gli sforzi ed evitare di produrre solo dell’inutile rumore di fondo che dura sempre pochissimo, non produce nessun effetto e comunque per essere eventualmente ascoltato dev’essere – appunto – molto rumoroso. Non basta soltanto urlare e sbattere i piedi per terra come vedo fare da un po’ di tempo a questa parte da amici che pure stimo e a cui voglio bene; si tratta anche di chiedersi in ogni situazione quale sia la sostenibilità e la praticabilità effettiva delle soluzioni che si hanno in mente.
E’ quella che nelle grandi aziende internazionali si chiama “continuity of business”, la capacità di tenersi in vita, che viene invocata immediatamente ogni qual volta ci si trovi in una situazione di “disaster recovery”, quando cioè si deve dimostrare la capacità di riprendersi e di ripartire dopo che un evento temuto si sia verificato. Insomma, in caso di catastrofe, in caso di disastro (tipo la sconfitta elettorale di questi giorni, con Alemanno in Campidoglio e Schifani – Schifani!… – alla seconda carica dello Stato) il tema è certamente quello di mettere in campo una strategia di “disaster recovery”, qualcosa che ci tiri fuori dai guai, ma senza mai dimenticare che il sistema (sia esso l’Italia, la sinistra in generale o il solo Partito Democratico) deve continuare a funzionare anche nel durante, perché – nell’interesse generale di ciascun organismo e delle sue parti – è indispensabile che quell’organismo non smetta mai, nemmeno per un minuto secondo, di funzionare.
Questo è il filtro con il quale ho letto la marea di parole che abbiamo tutti collettivamente scritto in questi giorni, in queste ore. Milioni di parole, molte magari anche giuste e sacrosante, ma tutte centrate sul “disaster recovery”, quasi niente sulla “continuity of business”. E allora che si fa? Qualsiasi cosa si faccia – anche radicale, come probabilmente serve, data la situazione – è bene che si faccia in un’ottica di costruzione per il futuro. Come ho scritto di getto in quelle
tre righe il 28 di aprile durante lo spoglio dei voti a Roma, io credo fermamente che la generazione, il gruppo dirigente, che ha guidato il centro-sinistra negli ultimi vent’anni debba riconoscere e accettare l’evidente chiusura di un ciclo e passare quanto prima la mano. Sostituire Veltroni con Bersani o D’Alema, o Finocchiaro o Rutelli, o Fioroni o Marini o Franceschini o chissà chi altro tra le persone che hanno guidato questo schieramento politico negli ultimi 15 o 20 anni non mi pare avrebbe alcun senso: le strategie e le politiche di questi vent’anni hanno dimostrato tutti i loro limiti e nemmeno il tentativo, meritorio ma eseguito col paziente ormai agonizzante, di creare il Partito Democratico è servito ad evitare il disastro.
C’è poi anche un’estetica della politica, un problema di eleganza, di buon gusto e di civiltà dei comportamenti politici. Definire la candidatura Rutelli un errore è poco: quella candidatura è stata la summa di tutte le possibili deficienze, negligenze e miopie di cui si possa rendere responsabile una classe dirigente. Durante la campagna elettorale ne ho discusso per ore al telefono con la persona che ho più sentito visceralmente contrariata dalla candidatura Rutelli:
Cristiana Alicata. In quanto romana e in quanto lesbica Cristiana era indignata e me lo diceva forte e chiaro; abbiamo anche avuto una discussione molto franca sull’opportunità di appoggiare Grillini al primo turno (cosa che lei poi ha finito col fare) oppure no. Quello che io dicevo a Cristiana era che concordavo che la candidatura Rutelli fosse assolutamente una sconfitta secca per noi: per noi gay, per noi laici, per noi contro i perpetui, per noi combattenti per un’Italia che non sia sempre il luogo dell’eterno ritorno (se ne è accorto anche
Merlo su Repubblica un paio di giorni fa). E tuttavia le dicevo che ormai quella battaglia era persa e andava messa dietro le spalle: quello che c’era da fare secondo me era sostenere il Partito e Rutelli (per assicurare comunque la “continuity of business”) e lavorare duro per acquisire negli anni a venire un peso politico tale da poter giocare le battaglie future e contribuire alla scelta dei prossimi candidati (“disaster recovery”, dove il disastro era appunto il processo che ci aveva condotto alla scelta suicida di un candidato evidentemente sbagliato).
E’ andata come è andata e ci siamo giocati la continuità del business, che a Roma è ora nelle mani di Alemanno-Rauti (per tacere del resto della banda). Che si fa ora a disastro accaduto? Quanto a Roma, Rutelli – già pesantemente sconfitto nelle politiche del 2001 – dovrebbe a questo punto avere il buon gusto di ritirarsi, io credo. Dovrebbe proprio fare come
Michael Dukakis o come
Bob Dole: sparire dalla politica e occupare il suo tempo dando conferenze su Roma, raccontando all’interessato pubblico di quali magnifici progressi compì il Municipio capitolino sotto la sua amministrazione (mentre invece sconsiglio il tema “Web, portali e turismo”).
Quanto al Partito a livello nazionale, io credo che sia arrivato il momento che la mia generazione e quelle che seguono si assumano le proprie responsabilità di adulti, in prima persona. Detto questo, però, non si può ignorare che mentre a Londra i
Miliband e i
Cameron della situazione sono stati messi in condizione di fare il ministro degli esteri o il capo dell’opposizione a 40 anni, qui da noi la classe dirigente del centrosinistra si è ben guardata dall’allevare il futuro di questo paese.
La riproposizione di Prodi nel 2006, quella di Rutelli a Roma nel 2008, il fatto che nessuno dei big del partito nemmeno accenni all’idea di passare la mano, sono la dimostrazione di un problema molto serio che è quello dell’identificazione secca che questa classe dirigente ha fatto di se stessa con le istituzioni. Se io non mi preoccupo di assicurare un futuro all’istituzione che gestisco, vuol dire in sostanza che quell’istituzione mi interessa soltanto fino a quando la governo io e quando io non ci sarò più, beh, pazienza. Se lo facesse il presidente della Treccani sarebbe già molto grave, se lo fa un gruppo di persone che vuole fregiarsi del titolo di statista la cosa diventa veramente drammatica.
In aziende dove si lavora seriamente sul talento ogni dirigente sa che non c’è possibilità di promozione a più alto incarico se non si è predisposto un piano chiaro per la propria successione, se non ci sono insomma uno o più eredi apparenti che sono stati individuati e formati, col concorso determinante del dirigente in partenza, per poterlo sostituire. Se Prodi fosse un mio collega oggi, mentre va in pensione, gli chiederei come capo del personale di dirmi chi crede di aver tirato su in questi anni, preparandolo adeguatamente e per tempo a prendere il suo posto. E poi lascerei a lui l’imbarazzo di valutare se stesso rispetto al raggiungimento di questo obiettivo, così strategicamente determinante per la vita stessa dell’istituzione che ha guidato: l’Italia.
Veltroni è forse l’unico che in un ricambio di classe dirigente ha creduto, basta guardare a certe candidature in parlamento e alla composizione del Coordinamento e dell’Esecutivo nazionale del partito. Certo, poi le decisioni si prendono in quell’inspiegabile forum denominato “caminetto” che non è previsto dallo Statuto, che nessuno ha nominato e che a nessuno risponde, ma voglio attribuire a WV il beneficio del dubbio e pensare che se avesse vinto le elezioni forse avrebbe anche acquisito la forza per fare pulizia e completare l’operazione di rinnovamento che in qualche modo aveva prospettato.
E’ per questo, ancora una volta per il principio della “continuity of business”, che non credo oggi sarebbe un bene se Veltroni lasciasse, senza nessuno che si assumesse la responsabilità delicatissima di agevolare, facilitare e garantire una transizione ormai non più procrastinabile. Io penso che per il bene del partito e del paese Walter debba restare dandosi un mandato molto chiaro, fatto – opposizione al governo a parte – di un solo punto centrale: individuare, formare e insediare la nuova leadership che si presenterà forte e autorevole alle elezioni del 2013 e che possa credibilmente governare il paese fino almeno al 2023.
Questa classe dirigente esiste già, molti nomi li ha fatti Francesco Costa ma se ne potrebbero fare ancora moltissimi altri, e tuttavia è bene anche dire che una nuova classe dirigente non può pensare di prendere in mano il Paese solo per l’avvenuta estinzione biologica delle generazioni che l’hanno preceduta. Bisogna anche che si proponga, che dica e dimostri chiaramente di essere pronta a prendere in mano il paese e di volerlo consapevolmente fare. Le persone e le capacità ci sono, le occasioni non mancano, l’ora mi sembra che sia definitivamente suonata.
46 risposte a “Disaster Recovery & Continuity of Business”
D’accordo su tutto, ma ho una domanda, come facciamo a far schiodare i caminettisti? 🙂
come aiutiamo questo necessario processo? coi blog? coi forconi? gli scriviamo una bella lettera? aspettiamo che vengano battuti pure alle europee?
qualcosa bisognerá pur fare..si accettano proposte…
Ivan, sospendo il giudizio sul PD fino alla nomina dei ministri ombra. Per ovvie ragioni, saranno tutti onorevoli e senatori. Se saranno i soliti noti, avremo collezionato la terza sconfitta. Se invece verranno scelti dei volti nuovi, avremo qualcosa in cui sperare. Per il momento, ho un dubbio: come ci si candida a fare il ministro del governo ombra? E’ possibile candidarsi (inviando il relativo curriculum) o decide tutto il politburo riunito intorno al caminetto?
Ivan, sospendo il giudizio sul PD fino alla nomina dei ministri ombra. Per ovvie ragioni, saranno tutti onorevoli e senatori. Se saranno i soliti noti, avremo collezionato la terza sconfitta. Se invece verranno scelti dei volti nuovi, avremo qualcosa in cui sperare. Per il momento, ho un dubbio: come ci si candida a fare il ministro del governo ombra? E’ possibile candidarsi (inviando il relativo curriculum) o decide tutto il politburo riunito intorno al caminetto?
Poi dice “i manager”
Leggetevi questa analisi di Ivan Scalfarotto e piangete del fatto che non è un dirigente del PD. Se fossero capaci di analisi tanto intelligenti forse non saremmo dove siamo.
Ti seguo da un po’ e ti trovo un’ottima persona per la civiltà dei tuoi toni e per la sensatezza delle cose che dici. Persone come te devono avere un futuro nel PD e spero che tu trovi lo spazio che ti meriti nella classe dirigente. Sapere che ci sono persone come te nel partito mi infonde un po di fiducia, che in verità, ultimamente, sta purtroppo cedendo il posto al pessimismo.
Ti seguo da un po’ e ti trovo un’ottima persona per la civiltà dei tuoi toni e per la sensatezza delle cose che dici. Persone come te devono avere un futuro nel PD e spero che tu trovi lo spazio che ti meriti nella classe dirigente. Sapere che ci sono persone come te nel partito mi infonde un po di fiducia, che in verità, ultimamente, sta purtroppo cedendo il posto al pessimismo.
d’accordo. allora andiamo al congresso di partito e facciamo pressione per la transizione di cui parli. Cominciamo a lavorarci da ora, con il chiaro obiettivo di cui parli. Finche’ restiamo sui blog, di fatto legittimiamo l’attuale classe dirigente a non andarcene mai. Bussiamo alla loro porta e chiediamogli di andarsene.
Bravo Ivan, ottima analisi.
Mobilitiamoci, portiamo questo “manifesto” con convinzione a livello locale, nelle sezioni, nei circoli e facciamolo crescere per portarlo al Congresso….ma come si fa?
Veltroni ha accennato al Congresso anticipato, ma subito i frequentatori del “caminetto” hanno detto che non se ne parla (non serve !?!)
Entri nelle sezioni del PD e trovi la stessa filosofia dei “caminettisti” (come dice Mario Adinolfi “Nun se movemo da come stamo”) per paura di perdere l’influenza esercitata fino ad oggi.
……
Accidenti !! sono molto pessimista.
Bravo Ivan,
penso anche io che la tua sia stata una ottima analisi. Cosi’ come lo e’ stata quella di Francesco Costa.
Ho una unica osservazione da fare. Tu hai parlato delle candidature per il parlamento volute da Veltroni. Alcune di queste candidature sono state ottime. Altre sono state pessime.
Esempio di una candidatura pessima e’ stata quella di Marianna Madia che avevo avuto modo di commentare qui…
http://imilleboston.wordpress.com/2008/03/13/la-insensata-candidatura-di-marianna-madia/
Il cambiamento (e su questo siamo tutti d’accordo) e’ ora piu’ che mai necessario ma il cambiamento dovra’ avvenire secondo criteri intelligenti, responsabili e meritocratici.
Il partito democratico che vorrei da spazio ad Ivan Scalfarotto o a Francesco Costa (o a tanti altre persone che ho avuto modo di conoscere un poco in questi mesi) ma non a Marianna Madia.
Purtroppo quella di Marianna Madia non e’ stata l’unica candidatura insensata.
Andrea
Bravo Ivan,
penso anche io che la tua sia stata una ottima analisi. Cosi’ come lo e’ stata quella di Francesco Costa.
Ho una unica osservazione da fare. Tu hai parlato delle candidature per il parlamento volute da Veltroni. Alcune di queste candidature sono state ottime. Altre sono state pessime.
Esempio di una candidatura pessima e’ stata quella di Marianna Madia che avevo avuto modo di commentare qui…
http://imilleboston.wordpress.com/2008/03/13/la-insensata-candidatura-di-marianna-madia/
Il cambiamento (e su questo siamo tutti d’accordo) e’ ora piu’ che mai necessario ma il cambiamento dovra’ avvenire secondo criteri intelligenti, responsabili e meritocratici.
Il partito democratico che vorrei da spazio ad Ivan Scalfarotto o a Francesco Costa (o a tanti altre persone che ho avuto modo di conoscere un poco in questi mesi) ma non a Marianna Madia.
Purtroppo quella di Marianna Madia non e’ stata l’unica candidatura insensata.
Andrea
Si, l’articolo di merlo è simpatico (a parte il “gabbiano” di Baudelaire che in realtà era un grande albatro, ma pazienza…i ricordi scolastici appassiscono anche loro con l’età).
Il concetto d’altronde era stato già molto ripetuto nei giorni scorsi. Una delle formulazioni migliori l’aveva data Ezio Mauro sempre su Repubblica: “…quella discontinuità di cui i cittadini sentivano il bisogno, e che il Pd non ha avvertito: fino al punto di decidere in una stanza chiusa per pochi intimi – il Pd, partito che ha fatto un mito delle primarie – il cambio di poltrona tra Veltroni e Rutelli. Senza capire che ciò che funziona in termini di esperienza e di attitudine può sembrare all’opinione pubblica, più che mai oggi, un’autogaranzia castale, un’autotutela collettiva, da “classe eterna”, nomenklatura, più che da partito aperto”.
In fondo era l’uovo di colombo: perfino gli stessi maggiorenti del partito avevano capito bene il vento che tirava oltre un anno fa quando decisero le primarie che incoronarono Veltroni. E veltroni poi del rinnovamento, del “voltare pagine” aveva fatto prima la sua missione politica, poi un tema ossessivo della campagna elettorale. Che proprio il pd che tutto aveva giocato su questo spirito si sia poi incartato così a Roma è proprio paradossale. Evidentmente quando tira un vento di ansia di “discontinuità” e quando poi tu stesso te ne fai carico e lo alimenti, non puoi più fermarlo, non puoi chiedere agli elettori gradualità, comprensione dei travagliati parti interni ecc. ecc.: a quel punto ci vuole coraggio e devi andare fino in fondo.
Certo poi ci sarebbe da chiedersi perchè questo vento non ha colpito, invece, anzi ha favorito, Il remake dei remakes: Berlusconi.
In parte, naturalmente ha pesato il fatto di giocare la partita dal ruolo favorevole (specie appunto dal pdv del “cambiamento”) di opposizione.
In parte risponde sempre Mauro molto bene: “Il cuore del vero meccanismo politico inossidabile del quindicennio – Berlusconi e il suo sistema – riesce a fuoriuscire da questa maledizione, perché il populismo è esattamente questo: establishment ed outsider nello stesso tempo, ribellismo e professionismo, antipolitica e casta. Un miracolo dell’inganno, ma un miracolo che funziona” (e, fra l’altro, le considerazioni che mauro svolge intorno a questo punto ci indicano anche i punti deboli del “meccanismo” ora che è al governo, e quindi DOVE andrà attaccato da un’oppposizione inbtelligente).
In parte, io credo, dipende dal fatto che il problema riguarda soprattutto l’elettore di sinistra: “l’elettore di sinistra” è più…esigente. So che qualcuno storcerà il naso, ma per me, in parte, è così. ‘E soprattutto il popolo di sinistra ad essere stufo e deluso, per tanti motivi che ora sarebbe inutile ripetere qui, e quindi a voler vedere un rinnovamento dei propri partiti di riferimento. Il pd dunque non può fare altro che seguire questa richiesta: non può cullarsi nel paragone con gli altri.
(del resto se si guardano i numeri, i voti effettivi, delle politiche si vede che anche nella vittoriosissima destra, il voto ha premiato soprattutto la lega, FI+AN hanno avuto sì qualcosina di più dell’altra volta, ma poco: e l’altra volta avevano perso sia pur di un soffio= ergo anche di là un pò di “ristagno” nell’entusiasmo dell’elettorato c’è nonostante tutto quanto detto sopra, il “miracolo” ha funzionato soprattutto perchè c’era la lega).
Tuttavia anche Mauro, da perfetto uomo di establishment, poi cade nel solito errore:
“Un voto, bisogna dirlo con chiarezza e subito, del tutto ideologico, che viene in gran parte dalla sinistra radicale, così convinta dalla tesi autoassolutoria che vede nel Pd la colpa della sua scomparsa dal Parlamento, da far pagare al Pd la battaglia di Roma, lavorando contro Rutelli. Per questi cannibali fratricidi, grillisti e antagonisti, Rutelli era il bersaglio ideale, come anche per qualche estremista del Pd: troppo cattolico, importatore della Binetti, amico dei vescovi, come se la scommessa fondativa e perenne del Pd non fosse quella di tenere insieme, a sinistra, cattolici ed ex comunisti”.
Insomma la colpa è…degli elettori! Ci risiamo…
Scusate le lunghe citazioni , ma credo tocchino dei punti fondamentali per il futuro del pd è quindi credo valga la pena soffermarsi un poco.
Intanto è ridicolo quell’accenno (fatto peraltro da molti commentatori) ad un presunto “remare contro” della SA (intesa evidentemente come quadri locali del partito). Ma, Mauro (e Rutelli et alteri) dai! Sarebbe realismo questo? I dirigenti della SA si sono dimostrati del tutto impotenti a salvare se stessi figuriamoci Rutelli! In due parole: pensare che i dirigenti della SA abbiano avuto la capacità di spostare voti (pur appoggiando ufficialmente rutelli) è ridicolo prima ancora che miope: quelli ormai non contano nulla. Cominicate a mettere in pratica i buoni propositi di “ascolto” del territorio: vedrete che Rutelli non piaceva alla base, ai cittadini, agli elettori. Punto. Non c’era bisogno di nessuna imbeccata “dall’alto” (anzi magari se quelli avessero remato contro, è la volta che forse la base cominciava a votare Rutelli!…).
Due: io sono lontano mille miglia dalla SA, ma Rutelli avevo detto che non mi piaceva. E con me tanti come me. Quindi la SA c’entra poco qui. Certo poi io, che sono mooolto paziente e responsabile, sarei stato disposto a turarmi ancora una volta il naso e votarlo al secondo turno (pure già detto in tempi non sospetti), però non si può sempre sperare che i cittadini si turino il naso! ma ci vuole tanto a capirlo? Io (noi) siamo perlomeno- come dire?- appassionati di politica, quindi facciamo anche scelte molto “pensate” (bene o male), ma il 90% degli elettori? Si può pretendere dalla gente normale che facciano tutti sti calcoli?
Noi saremmo quelli che Mauro chiama “gli estremisti del pd” . Quindi: il partito fa quello che gli pare, sbaglia la llinea politica, è ambiguo, non ha un’identità, mette candidati invotabili per giochi di corrente interni, ma…sono gli elettori che sono estremisti! Eh no, caro Mauro (e chi la pensa come lui) è il partito che si deve schiarire un pò le idee.
E veniamo allora al terzo punto: quello fondamentale, quello della “scommessa fondativa del pd” che sarebbe “quella di tenere insieme, a sinistra, cattolici ed ex comunisti”. Questo è proprio uno dei punti dolenti. Ora cosa sono oggi i “cattolici” ? E cosa sono oggi i “comunisti”? Questo è il punto.
Le alternative sono due: o si continua (come si è fatto sin qui) a pensare che i “cattolici” siano lo specchio fedele della linea politica espressa dalle gerarchie ecclesiastiche, cioè li si identifica con una certa classe dirigente, e allora ,io credo vista quella linea politica, che la scommessa fondativa del pd effettivamente non abbia speranza, sia persa in partenza: non si può conciliare l’inconciliabile.
Quanto poi ai risultati elettorali futuri, io credo che se il pd si muoverà su questa linea da un lato perderà molti elettori liberaldemocratici, e molti elettori a “sinistra”, senza guadagnare un solo voto fra i mitologici “moderati” (che non esistono, ma questo discorso meriterebbe un post a parte): e le elezioni svolte lo dicono chiarissimamente.
Oppure si capisce che i “cattolici” che possono guardare a sinistra (e non quelli che comunque, qualsiasi cosa faccia il pd, votano e voterebbero automaticamente per i partiti di centro-destra) sono già diversi e autonomi dalle gerarchie ecclesiastiche cioè non sono necessariamente clericali, o perlomeno si scommette su questa ipotesi (che è l’unica possibile per il futuro del pd) e si cerca di implementarla con una linea culturale, si cerca di costruire un rapporto con questo elettorato possibile, e allora la scommessa potrebbe essere vincente. Ma da questo pdv quello che ha scritto mauro, appunto, è una baggianata. E cioè: non c’è bisogno dei Rutelli e delle Binetti per questi cattolici. Credete che a Roma se avessero messo un candidato di estrazione e cultura socialdemocratica, cmq meno baciapile, sarebbe andata peggio? o i “cattolici” del pd non l’avrebbero votato? Non credo proprio.
Io penso che chi si vuole accreditare come classe dirigente debba abituarsi a vivere nel mondo dei grandi, e rassegnarsi al fatto che gli anni della scuola sono finiti.
Non serve nessuna tutela o padrinaggio di Veltroni per i prossimi 4 o 5 anni: esistono infatti gia’ oggi persone, come Maurizio Martina, Andrea Orlando, Nicola Zingaretti o Enrico Letta, che hanno tutte le qualita’ per fare il segretario del PD, e che potrebbero cominciare a farlo oggi pomeriggio. Sono persone che hanno gia’ avuto modo di vincere misurandosi con il consenso (che e’ l’ unica misura di merito, in democrazia) e che hanno esperienza nella amministrazione, nel governo e in ruoli di alta dirigenza del partito. Sono persone che si sono qualificate come classe dirigente perche’ si sono guadagnati la credibilita’ per rappresentare quei pezzi di societa’ con la quale vivono e lavorano, anziche’ facendoci sentire e vedere solo quando ci sono elezioni, primarie o qualche brandello di visibilità da raccogliere.
Con la fine del governo Prodi e la sconfitta elettorale il ciclo politico di una generazione si e’ chiuso: quando si aprira’ quello nuovo non sara’ nemmeno un minuto troppo presto.
La corsa e’ adesso. Chi vuole partecipare si avvicini ai blocchi di partenza; gli altri, per favore, si accomodino in tribuna.
Tutto vero, tutto giusto. Se avete dato però una letta a questa intervista di Fassino
http://espresso.repubblica.it/dettaglio/Walter-non-si-tocca/2024447
mi sa che questo tipo di analisi quelli del caminetto non le fanno proprio.
Domandina: come far loro capire che stanno continuando a sbagliare tutto?
Oh bene, finalmente un post col quale sono d’accordo anche io.
Penso che per essere più credibili oggi nella sconfitta, occorreva ieri fare come ha fatto Cristiana Alicata. Appoggiare Rutelli acriticamente, come molti hanno fatto pur considerando quella candidatura una sciagura, è stato un grave errore politico.
Pazienza, mettiamocelo alle spalle sapendo che la prossima volta se ne farà tesoro.
Il gruppo dei 35-40enni deve prendere il potere nel modo in cui fece D’Alema al tempo di Occhetto: una volta sicuro di avere un gruppo che lo sostenesse assai ampio, andò a bussare alla porta del leader e gli disse: “vattene”.
Anzitutto: contatevi e capite di quale potere disponete. Probabilmente siete una piccola minoranza, voi laici di sinistra, ma se siete dei bravi politici potete e dovete cercare di tessere delle alleanze dentro al partito. Vedete chi vi può appoggiare, anche nella consapevolezza che a una lotta del genere si va per vincere, con la possibilità di perdere malamente.
Su AdF mi sono permesso di candidare Marco Simoni. Le reazioni sono di questo tipo: chi è fuori dal PD parte da un pregiudizio positivo su Marco, chi è dentro al PD parte da un pregiudizio negativo.
In pratica, mi sa che voi godete di maggiore appoggio fuori dal PD che dentro al PD. E se è così, sono dolori per voi, perché sarà ben difficile vincere le lotte interne al PD non essendo popolari dentro al PD stesso.
Quindi, proprio per stare nella continuity of business (sebbene un partito non sia un’azienda, caro Ivan, non farti influenzare troppo dalla mentalità bersluconica) dovete ipotizzare anche un piano B. Se non vincete la lotta interna e alla segreteria rimane il trip Veltroni-D’Alema, voi che farete? Rimarrete dentro a fare le belle bandierine, oppure verrete a costruire il vostro progetto laddove ci si richiama esplicitamente al socialismo democratico?
Oh bene, finalmente un post col quale sono d’accordo anche io.
Penso che per essere più credibili oggi nella sconfitta, occorreva ieri fare come ha fatto Cristiana Alicata. Appoggiare Rutelli acriticamente, come molti hanno fatto pur considerando quella candidatura una sciagura, è stato un grave errore politico.
Pazienza, mettiamocelo alle spalle sapendo che la prossima volta se ne farà tesoro.
Il gruppo dei 35-40enni deve prendere il potere nel modo in cui fece D’Alema al tempo di Occhetto: una volta sicuro di avere un gruppo che lo sostenesse assai ampio, andò a bussare alla porta del leader e gli disse: “vattene”.
Anzitutto: contatevi e capite di quale potere disponete. Probabilmente siete una piccola minoranza, voi laici di sinistra, ma se siete dei bravi politici potete e dovete cercare di tessere delle alleanze dentro al partito. Vedete chi vi può appoggiare, anche nella consapevolezza che a una lotta del genere si va per vincere, con la possibilità di perdere malamente.
Su AdF mi sono permesso di candidare Marco Simoni. Le reazioni sono di questo tipo: chi è fuori dal PD parte da un pregiudizio positivo su Marco, chi è dentro al PD parte da un pregiudizio negativo.
In pratica, mi sa che voi godete di maggiore appoggio fuori dal PD che dentro al PD. E se è così, sono dolori per voi, perché sarà ben difficile vincere le lotte interne al PD non essendo popolari dentro al PD stesso.
Quindi, proprio per stare nella continuity of business (sebbene un partito non sia un’azienda, caro Ivan, non farti influenzare troppo dalla mentalità bersluconica) dovete ipotizzare anche un piano B. Se non vincete la lotta interna e alla segreteria rimane il trip Veltroni-D’Alema, voi che farete? Rimarrete dentro a fare le belle bandierine, oppure verrete a costruire il vostro progetto laddove ci si richiama esplicitamente al socialismo democratico?
Perfettamente d’accordo con la prima parte del commento di AdF: è ora di muoversi!
Francesco Costa ha dato dei nomi? Bene, tutti questi nomi devono essere contattati da qualcuno, partite, costruite una rete fra di voi (in buona parte vi conoscete, no?), datevi degli obiettivi chiari e immediati. Avrete il sostegno di tanti (forse sì, soprattutto fuori dal PD, ma tutti potenziali elettori)
AdF parla di laicità, secondo me è ancora presto per questo: cominciate dalla base, dall’immediato, ragruppate tutte queste persone, fate sentire la vostra voce, per iniziare a chiedere semplicemente la transizione, il passaggio di consegne, la semplice applicazione di ciò che è scritto nello statuto (vedi alla voce “caminetto”) e tutto quello di cui tu, Ivan, ti lamenti in questo post e altri fanno nei loro.
Ma ora! E’ inutile dire “si deve far questo, si deve far quello”. Qualcuno si assuma la responsabilità di fare il primo passo: coordinare queste voci per produrre una proposta concreta di “Disaster Recovery”. Altrimenti giovani o vecchi tanto vale, sempre e solo parole.
Se siete veramente in tanti a chiedere il rinnovamento avrete ascolto e, anche nel caso in cui perderete, farete capire che ci siete. Quando l’attuale dirigenza prenderà altre batoste sarete lì pronti.
Se invece siete una sparuta minoranza, beh… sì, che ci fate nel PD?
Forza!
Il tentativo di cambiare da dentro è stato un fiasco, com’era facilmente prevedibile, quelli le poltrone non le mollano manco se li prendi a randellate (strepitosa a questo proposito questa intervista a D’Alema). Ora ci sono quasi cinque anni di tempo, è l’occasione per essere innovativi fin dalla reazione, facendo davvero tesoro degli errori per cambiare strategia.
Voi avete età, testa, cultura, mezzi e voglia di fare. Avete un vantaggio enorme, che potete gestire con giudizio. E allora uscite di corsa da quel verminaio che vi annebbia il cervello, fuori tutti, subito. Poi aggregatevi su pochi presupposti solidi e condivisi e cominciate a lavorare alle fondamenta di un progetto nuovo e diverso. Passatemi la retorica, ma una casa non si costruisce su fondamenta già marce.
Nel giro di poco la Rete sarà il principale luogo mondiale per l’aggregazione del consenso. La Rete è anche un luogo in cui stupidità e approssimazione (qualità in cui i soliti noti eccellono, “please visit our website, but also visit Italy”) vengono al pettine ancora prima dei nodi. Non lasciate che obiettivi di basso profilo (riuscire a intrufolarsi da posizioni di retrovia) vi distolgano da un progetto alto. Ricordo la primissima riunione de iMilla, quando Marco S. mi disse “Ahò, mò famo la rivoluzione!” Forse allora era prematura, non lo è adesso, anche perché non c’è più niente da perdere. E allora, prendete fiducia in voi stessi, fatevi avanti, cominciate a fare rete, a raccogliere consenso e talenti.
Con Berlusconi presidente, Schifani al senato e un sindaco di Roma con la croce celtica al collo non è possibile che voi, “la meglio gioventù”, stiate ancora parla di dar fiducia a Veltroni, indipendentemente dalla responsabilità che ciascuno gli attribuisca per il disastro. Gli interlocutori non possono più essere Veltroni e i suoi, la parrocchietta del potere. Voi dovete parlare al mondo, agli orfani di centrosinistra, a chi come me che ha scelto di non votare, a chi ha votato col naso tappato, senza entusiasmo, agli elettori di sinistra che hanno preferito la Lega.
Laicità, legalità, rinnovamento, democrazia e trasparenza nelle istituzioni, parità di diritti. Su queste poche voci si può costruire un mondo, basta riuscire a far propria l’idea che “dal letame nascono i fior”. E allora il disastro dell’ultimo mese può essere letto come un’opportunità, anziché come una sfiga. Ma per favore, cominciate col capire che caminetti, loft, italianieuropei, lobby e correnti non sono interlocutori, ma il primo ostacolo da superare.
Il tentativo di cambiare da dentro è stato un fiasco, com’era facilmente prevedibile, quelli le poltrone non le mollano manco se li prendi a randellate (strepitosa a questo proposito questa intervista a D’Alema). Ora ci sono quasi cinque anni di tempo, è l’occasione per essere innovativi fin dalla reazione, facendo davvero tesoro degli errori per cambiare strategia.
Voi avete età, testa, cultura, mezzi e voglia di fare. Avete un vantaggio enorme, che potete gestire con giudizio. E allora uscite di corsa da quel verminaio che vi annebbia il cervello, fuori tutti, subito. Poi aggregatevi su pochi presupposti solidi e condivisi e cominciate a lavorare alle fondamenta di un progetto nuovo e diverso. Passatemi la retorica, ma una casa non si costruisce su fondamenta già marce.
Nel giro di poco la Rete sarà il principale luogo mondiale per l’aggregazione del consenso. La Rete è anche un luogo in cui stupidità e approssimazione (qualità in cui i soliti noti eccellono, “please visit our website, but also visit Italy”) vengono al pettine ancora prima dei nodi. Non lasciate che obiettivi di basso profilo (riuscire a intrufolarsi da posizioni di retrovia) vi distolgano da un progetto alto. Ricordo la primissima riunione de iMilla, quando Marco S. mi disse “Ahò, mò famo la rivoluzione!” Forse allora era prematura, non lo è adesso, anche perché non c’è più niente da perdere. E allora, prendete fiducia in voi stessi, fatevi avanti, cominciate a fare rete, a raccogliere consenso e talenti.
Con Berlusconi presidente, Schifani al senato e un sindaco di Roma con la croce celtica al collo non è possibile che voi, “la meglio gioventù”, stiate ancora parla di dar fiducia a Veltroni, indipendentemente dalla responsabilità che ciascuno gli attribuisca per il disastro. Gli interlocutori non possono più essere Veltroni e i suoi, la parrocchietta del potere. Voi dovete parlare al mondo, agli orfani di centrosinistra, a chi come me che ha scelto di non votare, a chi ha votato col naso tappato, senza entusiasmo, agli elettori di sinistra che hanno preferito la Lega.
Laicità, legalità, rinnovamento, democrazia e trasparenza nelle istituzioni, parità di diritti. Su queste poche voci si può costruire un mondo, basta riuscire a far propria l’idea che “dal letame nascono i fior”. E allora il disastro dell’ultimo mese può essere letto come un’opportunità, anziché come una sfiga. Ma per favore, cominciate col capire che caminetti, loft, italianieuropei, lobby e correnti non sono interlocutori, ma il primo ostacolo da superare.
L’ottimo Biraghi dice una raffica di cose sensate e sagge.
Però se tu Ivan e tu Marco avete ancora voglia di lottare assieme ai “caproni” alla Diego Bianchi (la definizione è sua, ed è autoironica, non è certo un mio insulto: per me Diego e Marco rasentano lo stadio panteistico) dentro al PD, fate questa lotta interna. Organizzatevi, dichiarate guerra, candidate uno di voi e – se perdete – prendetene atto e considerate l’ipotesi Biraghi (che poi è anche la mia) e considerate che Sinistra Democratica sta per tornare sui suoi passi e a quanto si legge dal documento Salvi-Villone stanno pensando di fondersi con il PS.
Secondo me la cosa davvero difficile è convincere i caproni ad abbandonare l’ovile.
Però se la prospettiva fosse un nuovo ovile, bello e strutturato come quello di un tempo, chissà…
Chiaro che se non cercate nemmeno di assaltare la dirigenza oppure se l’assaltate e prendete lo stipite della porta in fronte e poi vi acquattate ai piedi dei soliti noti, poi non stupitevi se per i prossimi dieci o venti anni governeranno i Berlusconi (Silvio, Piersilvio e Formigoni).
Fatevi avanti. Avete intelligenza, capacità, cultura politca, onestà intellettuale, consapevolezza dei problemi e senso del futuro.
Costruite un documento, raccogliete firme attraverso il web, cercate consenso all’interno del partito tra coloro che sono più aperti e pronti a raccogliere la sfida , pubblicate sui giornali, presentatelo alla direzione nazionale.
Insomma dimostrate che la possibilità di un ricambio c’è e che i perpetui non sono indispensabili, che dietro non c’è il vuoto ma un gruppo capace di recuperare consenso e credibilità tra la gente.
E’ il vostro momento, fuori dal guscio!
Fatevi avanti. Avete intelligenza, capacità, cultura politca, onestà intellettuale, consapevolezza dei problemi e senso del futuro.
Costruite un documento, raccogliete firme attraverso il web, cercate consenso all’interno del partito tra coloro che sono più aperti e pronti a raccogliere la sfida , pubblicate sui giornali, presentatelo alla direzione nazionale.
Insomma dimostrate che la possibilità di un ricambio c’è e che i perpetui non sono indispensabili, che dietro non c’è il vuoto ma un gruppo capace di recuperare consenso e credibilità tra la gente.
E’ il vostro momento, fuori dal guscio!
Insomma, secondo Biraghi la risposta alla crisi della sinistra italiana e’ fare un nuovo partitino.
Straordinario. E’ davvero una fucina di innovazione, quest’ uomo.
Il PD è paragonabile ad un antico palazzo in decadenza trasformato in alloggi popolari di fortuna, troppi occupanti accampati alla buona … il problema è decidere chi deve andarsene, e chi per meriti e capacità invece dovrebbe rimanere ed essere aiutato nel risanamento prima del prossimo terremoto, dopo non basterà cambiargli nome! E’ questo è quello che è successo anche alla SA ed alla diaspora di partitini molto esclusivi, talmente esclusivi da autoescludersi …
Nella mia ignoranza politica (condivisa anche opinione di vari amici/conoscenti) un esempio di persona valida che ha fatto molto più di legioni di parolai è Bersani, con tutti i limiti della situazione, quindi il discorso anagrafico è importante, ma fino ad un certo punto. Occorre carisma ma anche umiltà per andare avanti e capire quando invece fermarsi e lasciare spazio ad altri … la banalità ovviamente è riferita a tutti ma nessuno in particolare!
Condivido quasi tutto quello che è stato detto qui dentro in epoca recentissima (post elezioni, per intendersi), fra gli altri, da Anellidifumo e da Alberto Biraghi.
In particolare, condivido il giudizio drastico sulla dirigenza del PD e l’auspicio che la stessa, responsabile del “Disaster”, si faccia da parte.
Vedo però che il tono usato è quello dell’ “armiamoci e ….. PARTITE”, rivolto a Ivan, a Marco Simoni e a chissà chi altri. Spiegatevi meglio. Il senso del vostro discorso è che qualcuno dovrebbe dare battaglia nel PD per costruire un partito finalmente nuovo per davvero (moderno, laico ecc. ecc. ecc.) ANCHE PER VOI, con voi (e tutti quelli come voi) lì fuori, a far da spettatori e a vedere che succede, sempre troppo occupati a salvaguardare la purezza delle proprie idee per sporcarsi le mani dando una mano a far pendere la bilancia dalla parte che ci preme?
Così, tanto per capire …
Mario: chi mi conosce sa che sono partito un sacco di volte, ho cominciato a partire quarant’anni fa e ho sempre continuato a partire. Ormai ho dato abbastanza.
Ancora: non è questione di purezza di idee, ma di presupposti, quelli enunciati lassopra, che ritengo un presupposto minimo per prendere in considerazione una qualunque proposta politica di centrosinistra. Sosterrò attivamente chiunque parta da lì, come ho sostenuto Ivan ai tempi delle primarie. Non sosterrò – anzi, farò opposizione – quando li vedrò accantonare, qualunque sia la motivazione, come mi sono opposto a Ivan dalla sua “scesa in campo” diessin-partitodemocratica.
Gianni: non “un nuovo partito”, ma “un partito”, al momento un partito non esiste, esiste una coalizione di malaffare, il Piddì, in cui poche persone decenti (come il padron di casa) corrono il serio rischio di essere contaminati, bruciando ogni possibilità di essere utili in futuro. Cercherei anche di eliminare la parola “partito”, che da qualche anno fa orrore a tanti. Sono convinto che la via d’uscita stia in aggregazioni ampie e fluide, da far nascere attorno a progetti e candidature condivise, grazie a un lavoro capillare di rete che dovrebbe cominciare subito, sulla base – come detto – di pochi presupposti chiari e solidi.
Mario: chi mi conosce sa che sono partito un sacco di volte, ho cominciato a partire quarant’anni fa e ho sempre continuato a partire. Ormai ho dato abbastanza.
Ancora: non è questione di purezza di idee, ma di presupposti, quelli enunciati lassopra, che ritengo un presupposto minimo per prendere in considerazione una qualunque proposta politica di centrosinistra. Sosterrò attivamente chiunque parta da lì, come ho sostenuto Ivan ai tempi delle primarie. Non sosterrò – anzi, farò opposizione – quando li vedrò accantonare, qualunque sia la motivazione, come mi sono opposto a Ivan dalla sua “scesa in campo” diessin-partitodemocratica.
Gianni: non “un nuovo partito”, ma “un partito”, al momento un partito non esiste, esiste una coalizione di malaffare, il Piddì, in cui poche persone decenti (come il padron di casa) corrono il serio rischio di essere contaminati, bruciando ogni possibilità di essere utili in futuro. Cercherei anche di eliminare la parola “partito”, che da qualche anno fa orrore a tanti. Sono convinto che la via d’uscita stia in aggregazioni ampie e fluide, da far nascere attorno a progetti e candidature condivise, grazie a un lavoro capillare di rete che dovrebbe cominciare subito, sulla base – come detto – di pochi presupposti chiari e solidi.
@Mario: mi ci metto anche io in quelli che hanno detto “armiamoci e partite”, e spiego subito il perchè.
La mia intenzione non era quella di “scaricare” il lavoro su di loro, ma di metterci davanti a un dato di fatto: chi è che può fare qualcosa A QUESTO LIVELLO attualmente? Chi è che può tentare di proporre una nuova voce nel PD? Non certo chi ne è fuori o chi è mero elettore, ma chi, com Ivan, come gli altri, è dentro e ha già una scia di consenso, con un gruppo di persone che credono in loro e sono pronti a sostenerli.
E noi stiamo qui ad aspettare che loro facciano il lavoro sporco? No, noi siamo qui ad aspettare di sapere cosa c’è da fare, in che modo si può dare una mano, dove serviamo, cosa possiamo dare.
Ma devono partire loro, se partissimo noi sarebbe l’ennesimo progettino del tubo, settoriale, autoreferente, destinato all’insuccesso.
Noi possiamo lavorare, dare una mano, a più livelli, ma il coordinamento deve partire da loro, che hanno una base di persone che può ascoltarli e collaborare.
Coordinamento, insomma, che è poi il motivo per cui esistono i politici, no?
Mario, intanto grazie per la condivisione di quanto dico. Fa sempre piacere vedere che le proprie riflessioni sono condivise. Poi vengo subito al punto: lo so che il mio appello suona come un “armiamoci e partite”. Il problema è il seguente: io vivo in Canada. Più di scrivere nel mio blog e in questo di Ivan, o quello di Marco e di Diego, non è che possa fare molto. Il contributo che posso dare da così lontano è solo quello di fare delle analisi e delle previsioni sul prossimo futuro e vedere di azzeccarle.
Va anche detto che se fossi a Roma o in Italia, non sarei comunque iscritto al PD perché non ne avrei condiviso il programma, gli orizzonti e le candidature, per cui non potrei né candidarmi io né candidare altri. Tuttavia, da esterno, credo di poter suggerire un nome, e il mio nome è appunto Marco Simoni, per i motivi che ho spiegato nel mio blog.
Ma al di là del nome da portare avanti – che ovviamente sarà scelto non da me ma dagli iscritti al PD che condividono le idee di Ivan e Marco – sto cercando di far capire a Ivan e a voi altri che questo e solo questo è il momento in cui occorre fare un’azione politica radicale e decisa: cercare di prendere le redini della situazione in mano, ben sapendo di non poter vincere dentro un partito che tuttora vede in D’Alema e Veltroni degli angeli salvatori, e poco importa si sia perso tutto il perdibile. Bisogna, secondo me, porsi quindi anche il problema del “che fare” nel caso, probabilissimo, che questa battaglia interna sia persa; e perdere non significa solo non riuscire a eleggere il proprio candidato alla Segreteria, ma nemmeno essere coinvolti nell’elezione di un NOME NUOVO.
L’idea di Biraghi non credo sia di fare un nuovo partitino. Alla sinistra del PD tutto è in movimento, stanno per nascere nuovi soggetti dalla morte di quelli vecchi, e io penso che lui dica di partecipare alla fondazione di uno di questi nuovi soggetti. Cosa che secondo me sarebbe sacrosanta nel caso appunto che il PD vada a congresso e riconfermi tutto il gruppo dirigente di sempre.
Mario, intanto grazie per la condivisione di quanto dico. Fa sempre piacere vedere che le proprie riflessioni sono condivise. Poi vengo subito al punto: lo so che il mio appello suona come un “armiamoci e partite”. Il problema è il seguente: io vivo in Canada. Più di scrivere nel mio blog e in questo di Ivan, o quello di Marco e di Diego, non è che possa fare molto. Il contributo che posso dare da così lontano è solo quello di fare delle analisi e delle previsioni sul prossimo futuro e vedere di azzeccarle.
Va anche detto che se fossi a Roma o in Italia, non sarei comunque iscritto al PD perché non ne avrei condiviso il programma, gli orizzonti e le candidature, per cui non potrei né candidarmi io né candidare altri. Tuttavia, da esterno, credo di poter suggerire un nome, e il mio nome è appunto Marco Simoni, per i motivi che ho spiegato nel mio blog.
Ma al di là del nome da portare avanti – che ovviamente sarà scelto non da me ma dagli iscritti al PD che condividono le idee di Ivan e Marco – sto cercando di far capire a Ivan e a voi altri che questo e solo questo è il momento in cui occorre fare un’azione politica radicale e decisa: cercare di prendere le redini della situazione in mano, ben sapendo di non poter vincere dentro un partito che tuttora vede in D’Alema e Veltroni degli angeli salvatori, e poco importa si sia perso tutto il perdibile. Bisogna, secondo me, porsi quindi anche il problema del “che fare” nel caso, probabilissimo, che questa battaglia interna sia persa; e perdere non significa solo non riuscire a eleggere il proprio candidato alla Segreteria, ma nemmeno essere coinvolti nell’elezione di un NOME NUOVO.
L’idea di Biraghi non credo sia di fare un nuovo partitino. Alla sinistra del PD tutto è in movimento, stanno per nascere nuovi soggetti dalla morte di quelli vecchi, e io penso che lui dica di partecipare alla fondazione di uno di questi nuovi soggetti. Cosa che secondo me sarebbe sacrosanta nel caso appunto che il PD vada a congresso e riconfermi tutto il gruppo dirigente di sempre.
Rispondo anch’io alla critica dell’armiamoci e partite con lo stesso spirito di Mondo.
Ritengo che tra di voi ci siano persone in grado di guadagnarsi credibilità e consenso.
Per parte mia lavoro a livello territoriale e sono pronta a sostenere chi si propone con intelligenza e spirito costruttivo.
Servono condottieri ma anche le truppe nelle retrovie.
Rispondo anch’io alla critica dell’armiamoci e partite con lo stesso spirito di Mondo.
Ritengo che tra di voi ci siano persone in grado di guadagnarsi credibilità e consenso.
Per parte mia lavoro a livello territoriale e sono pronta a sostenere chi si propone con intelligenza e spirito costruttivo.
Servono condottieri ma anche le truppe nelle retrovie.
Se si fa congresso anticipato, si voterà col sistema delle primarie.
Facciamo una lista con un manifesto, un’idea di questo stampo, votiamola e vediamo come va.
Mi trovo del tutto d’accordo con Anellidifumo e altri, che stanno sostenendo con convinzione la necessità che i politici emergenti, finora isolati e frammentati, si facciano classe dirigente in senso proprio, e come tale portino avanti una battaglia “decisa e radicale” nel PD; del resto, quando farlo, se non quando si è sconfitti?
AdF sosteine che facilmente sarà una battaglia persa, e ne sono convinta anch’io, se ci si limita a condurla all’interno del PD; nel senso che difficilmente si potranno trovare solo all’interno gli spazi e i consensi necessari.
Occorre cercarli e trovarli anche fuori, fra coloro che, diffidenti verso il PD, per le modalità con cui è nato o per la riproposizione di vecchie logiche di partito, potrebbero però condividere una piattaforma di rinnovamento del paese, se portata avanti da una generazione non compromessa con gli errori del passato.
Servono come pane nuovi leader; e servono anche le truppe. Truppe però che, a mio modo di vedere, sono acquartierate in attesa di trovare un progetto e una nuova leadership. Fuori di metafora, ci sono tanti, dentro e fuori dal PD, che sentono il bisogno di un vento nuovo, di un progetto che affronti i problemi del paese guardando avanti. Abbiamo degli appuntamenti importanti: l’assemblea costituente, il congresso. E’ necessario iniziare ora a buttare le basi per questa improprogabile “rivoluzione”.
Mi trovo del tutto d’accordo con Anellidifumo e altri, che stanno sostenendo con convinzione la necessità che i politici emergenti, finora isolati e frammentati, si facciano classe dirigente in senso proprio, e come tale portino avanti una battaglia “decisa e radicale” nel PD; del resto, quando farlo, se non quando si è sconfitti?
AdF sosteine che facilmente sarà una battaglia persa, e ne sono convinta anch’io, se ci si limita a condurla all’interno del PD; nel senso che difficilmente si potranno trovare solo all’interno gli spazi e i consensi necessari.
Occorre cercarli e trovarli anche fuori, fra coloro che, diffidenti verso il PD, per le modalità con cui è nato o per la riproposizione di vecchie logiche di partito, potrebbero però condividere una piattaforma di rinnovamento del paese, se portata avanti da una generazione non compromessa con gli errori del passato.
Servono come pane nuovi leader; e servono anche le truppe. Truppe però che, a mio modo di vedere, sono acquartierate in attesa di trovare un progetto e una nuova leadership. Fuori di metafora, ci sono tanti, dentro e fuori dal PD, che sentono il bisogno di un vento nuovo, di un progetto che affronti i problemi del paese guardando avanti. Abbiamo degli appuntamenti importanti: l’assemblea costituente, il congresso. E’ necessario iniziare ora a buttare le basi per questa improprogabile “rivoluzione”.
E’ in qualche modo commovente la prodigalita’ di consigli che avversari dichiarati del PD rivolgono ai militanti del PD riguardo cosa fare del loro partito. Sono certo sia anche disinteressata.
Io comunque non sono d’accordo con loro: mi sembra che che non ci sia nessun “disaster” da recoverare, dato che vincere o perdere le elezioni e’ “current business” per un partito politico (cosi’ come lo e’ vincere o perdere un contratto per una azienda) e in un partito normale non dovrebbe produrre alcun melodramma o isteria (perlomeno da parte di coloro che esprimono ammirazione per i poco passionali partiti anglosassoni).
C’e’ un banale problema di ricambio di classe dirigente, proprio come ci fu quindici anni fa, dato che questa generazione ha esaurito il suo ruolo storico (tra l’ altro compiendolo, ossia portando per la prima volta la sinistra al governo). Imagino questo problema verra’ quindi risolto come quindici anni fa: alcuni dei numerosi dirigenti giovani e capaci che sono gia’ da tempo nel partito, e che hanno conseguito consenso e seguito, si organizzeranno e sostituiranno i dirigenti attuali.
Mi sembra di osservare che sia un processo avviato e anche piuttosto avanzato, anche se ovviamente non avviene certo sui blog (che sono ormai solo lo sfogatoio del narcisismo autoreferenziale di un gruppetto di un centinaio di persone). Invito quindi tutti a rasserenarsi.
Caro Gianni, mi conforta la tua serenità.
Io sono una militante e non una avversaria dichiarata, come mi pare molti di quelli che scrivono sui blog, forse più per sentirsi parte di una comunità che esiste ed è diffusa ma che trova ben poco spazio e visibilità nelle modalità di discussione del partito, governata con le solite regole.
Guardo l’elenco degli eletti in parlamento (pardon, dei nominati) e tutta questa schiera di giovani non la vedo.
Guardo i Sindaci e i presidenti di regione e vedo i soliti cinquantenni che a poco più di trentanni hanno assunto ruoli chiave nel partito e nelle istituzioni locali.
Vedo qualche giovane dentro l’organizzazione del partito, ma in gran parte frutto di cooptazione, per cui ben inseriti nelle modalità di gestione dei partiti di questi anni. Vedo una schiera di cinquantenni politici per mestiere, che pongono un continuo problema di ricollocazione al termine di ogni mandato e che impediscono ai più giovani di mettersi alla prova nelle amministrazioni locali.
Ma se il processo è avviato e in stato avanzato attendo fiduciosa e mi rassereno.
mah Gianni. Io la nuova classe dirigente la vedo ma deve ancora dimostrare di essere dirigente e non portaborse. La distinzione e’ semplice: o vanno a bussare a chiedere agli attuali Rutelli & Co. di andersene oppure restano ad aspettare ordinatamente il proprio turno. C’e’ un congresso alle porte, li’ vedremo banalmente quanti dirigenti abbiamo e quanti portaborse che vorrebbero spacciarsi per tali.
vorrei poter dire la mia opinione su quanto letto in questo 3th, alberto e anelli indicano una sola possibilità d’uscita, correggetemi se sbaglio, uscire dalle fila del pd e ricreare una nuova classe dirigente sotto nuova effige o nuova composizione.
questo atto, sarebbe obbligato, poichè finchè si rimane dentro le attuali fila del pd non sarà dato spazio nè ossigeno per le nuove leve dirigenziali.
Il discorso ha un lato oggettivo, anch’io continuo a stupirmi di questa classe dirigente che assisa da ormai 30 anni,( fassino, turco, d’alema, ferrara, vetroni, erano tutti già leaders chi a torino chi in altri posti d’italia, e si riscaldavano i muscoli in attesa di uscire in campo) errore su errore , continua imperterrita non solo a non pagare il conto delle proprie gesta, ma ne condiziona scelte e programmi, attraverso l’uso delle cooptazioni e dei caminetti.
vedasi l’autogoal di veltroni che illude tutti di volere le primarie in ogni dove e in ogni istituzione, facendo mobilitare milioni di probabili sostenitori, circoli, banchetti, gazebo, per poi scadere egli stesso nella coptazione del suo successore alla carica di sindaco della prima città d’italia.
certe contraddizioni si pagano care, sono peccati d’incoerenza gravissimi, perchè a volantinare per il cambiamento, a portare ai banchetti la gente a votare , ci abbiamo pensato noi , uno per uno, per poi accorgerci di aver mentito non solo agli altri ma soprattutto a noi stessi.
Ed è per questo che non possiamo accettare l’idea di uscire fuori dal pd per rigenerare una nuova classe dirigente, se facessimo questo significherebbe non aver alcuna appartenza al partito costituitosi, non aver lavorato per la sua formazione , non essere stati membri effettivi e leali al punto da rivendicare le dovute risposte.
Abbiamo lavorato perchè si arrivasse alle elezioni compatti, abbaimo lasciato che veltroni lavorasse compiutamente, se avessimo rivendicato altro o avessimo solo osato fermarlo , oggi non potremmo essere qui a chiedere trasparenza e correttezza degli atti e delle scelte.
non abbiamo votato per i camninetti , ma per un’assemblea costituente, la quale aveva tutti gli occhi e le orecchie puntate.
il pd non è solo il partito di veltroni , d’alema, fassino, ma il nostro partito, appartiene a tutti noi, consideralrlo fuori da noi significherebbe averlo solo usato, la discussione parte esattamente dove l’abbiamo portata :l’assemblea.
Paola, le regole di funzionamento del partito sono state decise solo poche settimane fa da una assemblea di 2500 persone elette a scrutinio segreto, incluso il padrone di casa di questo blog. Magari sono regole che non ti piacciono, ma questi sono gli scherzi che fa a volte la democrazia. In ogni caso e’ un po’ incongruo definirle “solite regole”.
A memoria ricordo solo due segretari regionali sopra i 45 anni, e almeno sei sotto i 35. Tutti eletti tramite primarie. Circa il 30% dei parlamentari del PD sono matricole. Poi possiamo continuare a consolarci con dei luoghi comuni, ma e’ difficile andare contro i numeri.
Filippo, sono d’accordo con te. D’Alema non chiese certo la tutela di Occhetto per “preparare la nuova classe dirigente”: raccolse il consenso necessario e lo mando’ a casa. Succedera’ cosi’ anche questa volta.
Maria, se pensi che questa classe dirigente stia facendo errori da trenta anni, mi chiedo tu cosa ci faccia in questo partito, da trenta anni.
Gianni, quando scrivi:
“E’ in qualche modo commovente la prodigalita’ di consigli che avversari dichiarati del PD rivolgono ai militanti del PD riguardo cosa fare del loro partito. Sono certo sia anche disinteressata.”
Devo dire che mi fai pensare: io ne ho incontrate di frasi stupidi nella vita. Però una frase del genere le batte proprio tutte. Quelli come me che dànno consigli in questa fase di riflessione lo fanno in modo interessato, sai perché? Perché speriamo di riavere un domani la possibilità di votare per vincere le elezioni e di poterlo fare senza turarci il naso e vomitando. Spiegami esattamente quale tipo di interesse negativo ci potrebbe essere nel suggerire a chi fa parte dei laici nel PD di prendere in considerazione il fatto di riunirsi, discutere tra loro, decidere un nome e di dare l’assalto alla dirigenza. Al massimo, perdono lottando. Sarebbe meglio che si acquattassero ai piedi di qualche potente di oggi per sperare nell’ennesimo strapuntino dopodomani? Suvvia. Davvero pensi che tenere gli occhi bassi oggi possa far guadagnare credibilità a Ivan & soci dentro al PD? A me pare una enorme sciocchezza, per di più del tutto priva di spina dorsale. Ce l’hai la spina dorsale tu? O hai fatto l’abitudine a stare gobbo?
gianni che significa cosa ci sto a fare da trent’anni in questo partito?
ah scusa, la conosco la solita frase ad effetto, s enon ti piace quella è la porta, vero?
si sono perse intere generazioni di giovani e donne con questa affermazione, in verità comunciammo da magri e la castellina ad usarla, il dissenso aveva questa fase di dissolvenza, se non ti piace prego accomodarsi, come se il partito fosse una cosa propria, una proprietà privata, dove non si potesse esprimere il dubbio e la critica.
Caro Gianni, ho seguito passo passo tutte le fasi costituenti, ero e sono anche membro della costituente nazionale, lealmente ho lavorato perchè si avesse il maggior risultato possibile, le critiche rimanevano nell’ambito ristretto di una discussione di partito, come è giusto sia, come la vera democrazia deve esprimersi, perchè la politica è fatta da uomini e donne fallaci e non sempre si ha l’obiettività per accorgersi degli errori.
Ma ora , a votazioni concluse, bisogna avere l’umiltà e la maturità per analizzare l’accaduto , non per puntare il dito contro qualcuno, ma solo per evitare ulteriori errori e danni futuri, sempre che tu ami la nostra Italia almeno quanto l’amo io.
Alleviamo i nostri figli con al teoria del merito , chiediamo alla scuola di respingerli se non danno il meglio di sè, lo chiedimo in nome della responsabiltà e vuoi sottrarti tu da adulto a questo compito ?
Incoerente come minimo e non certo salutare rimproverarmelo.
gianni che significa cosa ci sto a fare da trent’anni in questo partito?
ah scusa, la conosco la solita frase ad effetto, s enon ti piace quella è la porta, vero?
si sono perse intere generazioni di giovani e donne con questa affermazione, in verità comunciammo da magri e la castellina ad usarla, il dissenso aveva questa fase di dissolvenza, se non ti piace prego accomodarsi, come se il partito fosse una cosa propria, una proprietà privata, dove non si potesse esprimere il dubbio e la critica.
Caro Gianni, ho seguito passo passo tutte le fasi costituenti, ero e sono anche membro della costituente nazionale, lealmente ho lavorato perchè si avesse il maggior risultato possibile, le critiche rimanevano nell’ambito ristretto di una discussione di partito, come è giusto sia, come la vera democrazia deve esprimersi, perchè la politica è fatta da uomini e donne fallaci e non sempre si ha l’obiettività per accorgersi degli errori.
Ma ora , a votazioni concluse, bisogna avere l’umiltà e la maturità per analizzare l’accaduto , non per puntare il dito contro qualcuno, ma solo per evitare ulteriori errori e danni futuri, sempre che tu ami la nostra Italia almeno quanto l’amo io.
Alleviamo i nostri figli con al teoria del merito , chiediamo alla scuola di respingerli se non danno il meglio di sè, lo chiedimo in nome della responsabiltà e vuoi sottrarti tu da adulto a questo compito ?
Incoerente come minimo e non certo salutare rimproverarmelo.
Secondo me state litigando (beh, se non è “litigando” è perlomeno alzando i toni) su un 10% di cose su cui non siete d’accordo, quando per il restante 90% pensate la stessa cosa…
Boh, a me pare che stiate interpretando i commenti degli altri nel modo peggiore possibile, come se volessero a tutti i costi andarvi contro.
Usiamo le energie per definire e discutere cosa c’è da fare di concreto adesso, che è più utile, no? 🙂
Come facciamo a spingere la “nuova classe dirigente” ad uscire dal ruolo di secondo piano e cominciare a bussare ai piani alti? Cosa dovrebbe proporre questa “nuova classe”? Che progetto deve creare adesso?
Secondo me state litigando (beh, se non è “litigando” è perlomeno alzando i toni) su un 10% di cose su cui non siete d’accordo, quando per il restante 90% pensate la stessa cosa…
Boh, a me pare che stiate interpretando i commenti degli altri nel modo peggiore possibile, come se volessero a tutti i costi andarvi contro.
Usiamo le energie per definire e discutere cosa c’è da fare di concreto adesso, che è più utile, no? 🙂
Come facciamo a spingere la “nuova classe dirigente” ad uscire dal ruolo di secondo piano e cominciare a bussare ai piani alti? Cosa dovrebbe proporre questa “nuova classe”? Che progetto deve creare adesso?
Mondo, una classe dirigente si chiama cosi’ proprio perche’ e’ in grado lei di proporsi credibilmente alla guida di un progetto di cambiamento, senno’ cosa dirige? E, come ripeto, mi pare che la classe dirigente della prossima generazione ai piani alti ci sia gia’. Ho solo cercato di sostanziare questa opinione.
Mondo, una classe dirigente si chiama cosi’ proprio perche’ e’ in grado lei di proporsi credibilmente alla guida di un progetto di cambiamento, senno’ cosa dirige? E, come ripeto, mi pare che la classe dirigente della prossima generazione ai piani alti ci sia gia’. Ho solo cercato di sostanziare questa opinione.