22 Novembre 2008
Irene se ne va
Con tanti che nella rabbia di queste settimane avremmo volentieri perso per strada, ci siamo persi proprio Irene Tinagli. L’esperta del merito e del talento, la nemica numero uno del bigottismo e del nepotismo che soffocano il Paese, ha scritto a Veltroni e ha lasciato il suo posto nella Direzione Nazionale del PD. L’ho intervistata oggi per L’Unità.
La prima volta che ho incontrato Irene Tinagli non sapevo che faccia avesse ma sapevo benissimo chi fosse.
Avevo letto avidamente il saggio “L’ascesa della nuova classe creativa” scritto dal suo maestro Richard Florida e ne ero rimasto affascinato.
La tesi portante del libro era semplice e geniale: tanto più le società sono aperte e tolleranti, tanto più sono capaci di attrarre quella parte di popolazione che produce più idee e più ricchezza. Sapevo che Irene aveva partecipato alle ricerche alla base del libro e vederla partecipare alla prima riunione dell’Assemblea Costituente del PD, stringerle la mano e godere del suo sorriso così franco e aperto mi era sembrato un buon segno.
Poi, oggi, la sveglia.
Irene Tinagli se ne va, scrive una dura lettera a Veltroni e si dimette dai suoi incarichi direttivi.
Partiamo dall’inizio. Come sei entrata nel Pd?
E’ nato tutto dal lavoro di Florida e da Paola Concia che mi ha contattata. Ero titubante ma l’idea era interessante: un partito moderno che tentava di affrancarsi da quelle forze che avevano ostacolato il cambiamento sembrava da appoggiare.
E cos’è che non è andato?
Prendiamo la questione Gelmini. Invece di incalzare il ministro con posizioni coraggiose e innovative ci siamo rifugiati nella retorica del precariato e arroccati sui tagli, che sono solo una parte del problema. Nemmeno un tentativo di risolvere le piaghe del sistema italiano, e anzi ci siamo schierati con quei rettori che hanno ostacolato ogni riforma nel passato.
In questi giorni, poi, non abbiamo dato una grande immagine all’opinione pubblica…
Sulla vicenda Villari ci sono stati tre problemi: in primo luogo non è stato un bello spettacolo vedere un partito che investe il suo tempo a giocare la peggiore vecchia politica. Poi, nessuno si è assunto la responsabilita delle scelte che hanno portato certe persone a sedere in parlamento. E alla fine è arrivata la soluzione, ma questo è un classico dell’Italia intera, che è rappresentata da un validissimo signore di 85 anni.
Ma tu, Irene, che Pd vorresti?
Mi piacerebbe aprire il giornale la mattina e non trovarci polemiche tra veltroniani e dalemiani. Non sarebbe male se Veltroni e D’Alema si dimettessero tutti e due: mi pare che abbiano fatto più danni al partito della grandine. Vorrei proposte veramente innovative, vorrei vedere il partito incalzare il governo in maniera compatta e convincente. L’obiettivo non è portare 1 milione di persone in piazza, ma conquistare la fiducia della maggioranza degli italiani.
E cosi te ne torni all’estero a tempo pieno. Ma dimmi, Irene, com’è fatta l’Italia dove vorresti tornare?
Mi piacerebbe un paese dove nessuno dicesse: “Ma come, non trovi lavoro? Aspetta che tiro su il telefono”. Un paese dove i giovani che incontro non fossero tutti cosi sfiduciati e depressi.
E per avere un partito e un paese come quelli che descrivi quale sarebbe la prima cosa da fare?
Ci vorrebbe un ricambio. Drastico.
7 risposte a “Irene se ne va”
Che dire Ivan, l’Italia è un paese comandato da vecchi. Sia da un punto di vista angrafico che da un punto di vista di longevità ‘politica’.
Il PD è un esempio, in tal senso, lampante. Se non consideriamo le facce pescate quà e là (come Colaninno), al congresso si discuterà eventualmente se lasciare Veltroni segratario oppure mettere d’Alema. Oppure qualcuno della vecchia Margherita.
Dopo una così cocente sconfitta elettorale, Veltroni doveva come minimo dimettersi. Ricordo le parole di Fassino, che giudicava ottima la campagna elettorale: il PD è partito dal – 9% all’inizio della campagna elettorale e ha perso di 9 punti percentuali. Campagna elettorale ininfluente.
Questi mesi di governo Berlusconi hanno visto il PD diviso sia per le diverse ‘anime’ che lo compongono che soprattutto in funzione delle future alleanze. Vedo Casini avvicinarsi. Vedo usare i vecchi modi per fare opposizione. Vedo soprattutto la stessa classe dirigente che ha ormai più di venti anni di vita politica, indicare non si sa bene cosa. Si fanno manifestazioni (servono per raccogliere soldi ?) che poi si dimenticano in fretta. Ora arriverà anche lo sciopero della CIGL. Ovviamente questa vecchia e superata classe dirigente cerca la legittimazione della piazza. Occorrerebbe più responsabilità: chi perde le elezioni in quel modo e consegna il paese a Silvio Berlusconi e soci deve andare a casa. Con le ultime elezioni, la dirigenza PD non ha rischiato nulla: sono sempre comodamente seduti in Parlamento, a parlare dei problemi degli altri.
Irene ha fatto soprattutto una scelta di carattere personale. Comprensibile. Anche i socialisti francesi stanno combinando delle bello. Forse occorre prendere lezioni da Zapatero. Ricordiamoci che questi 5 anni di governo, li dobbiamo alla attuale dirigenza PD. Con questa dirigenza PD ne avremo sicuramente altri 5.
Manca spazio per i quarantenni d’assalto. Manca spazio per le nuove classi dirigenti che immancabilmente vengono formate dalle scuole di partito.
In Italia voglio una Merkel e uno Zapatero. Voglio persone che si occupino dei problemi della gente e non che discutano per giorni della comissione di vigilanza RAI, che significa potere. Voglio che gli Italiani possano andare 2 o 3 settimane all’estero e provino a fare la spesa ad esempio in Germania dove gli stipendi sono doppi dei nostri e la vita costa meno che dove abito io (Modena).
Occorre copiare quello che si fa di buono all’estero per risolvere i mille problemi della gente (sanità, scuola, politica sociale, diritti civili, sicurezza). Abbiamo politici iperpagati, scarsi e soprattutto al servizio dei propri interessi.
Mandiamo a casa la diregenza del PD.
Ciao
Alessandro
caro Ivan
in merito ecco il limpido pensiero di Robecchi che sottoscrivo totalmente:
Serenamente analizzata la situazione
politica, sentiti con un piccolo sondaggio
svariati amici elettori democratici, valutata la situazione
economica, ecco una semplice ma decisiva conclusione:
Bibì e Bibò hanno rotto i coglioni. È dal 1994 che assistiamo
al trionfo di Berlusconi Silvio, ed è da allora, e
pure da prima, che nel maggior partito della sinistra italiana
Bibì e Bibò si fanno i dispetti come all’asilo.Uno diventa
segretario, l’altro fa la fondazione; uno diventaministro,
l’altro fa le primarie col fax; uno diventa presidente
del consiglio, l’altro gli tira una torta. Bibì fa il governo
ombra, Bibò non ci sta.Bibì apre una televisionedi condominio,
anche Bibò apre una televisione di condominio. Bibì
vuole il congresso, anzi no; Bibò è contro il congresso,
anzi no. Bibì ha la Binetti, Bibò vuole Casini. Bibì scrive
romanzi, Bibò si compra una banca. Bibìmette Bettini in
una stanza a fare le liste elettorali (tra cui il noto Villari,
chapeau!), Bibò ha un braccio destro come Latorre (e ho
detto tutto). Bibì tenta di parlare di politica,
ma diventa uno spot del libro di
Bruno Vespa, e questo è il posto dove ci tocca vivere. Presto
arriveremo al caffè versato sui pantaloni (ops! scusa,
Massimo!), alla macchina rigata (ops! scusa,Walter!), allo
sgambetto, al cuscino che scoreggia, alla stretta di mano
con scossa elettrica: nemmenoFranco e Ciccio erano durati
tanto con lo stesso repertorio.Dichiarano, esternano, cooptano
sodali e complici per i loro dispettucci, muovono
pedine ognuno per irritare l’altro. E non si rendono conto
che il loro pubblico non ride più da un pezzo, che è più povero,
più stanco, più precario, più cassintegrato, più solo.
In platea le sedie vuote aumentano,manca poco al lancio
di ortaggi, altro classico dell’avanspettacolo. Bibì, Bibò e
Capitan Cocoricò che intanto, da Arcore, se la gode e se la
spassa, fa e disfa, diventa ogni giorno più ricco e potente e
arrogante e pericoloso. Che brutto spettacolo, compagni
democratici. E il biglietto costa carissimo per tutti.
caro Ivan
in merito ecco il limpido pensiero di Robecchi che sottoscrivo totalmente:
Serenamente analizzata la situazione
politica, sentiti con un piccolo sondaggio
svariati amici elettori democratici, valutata la situazione
economica, ecco una semplice ma decisiva conclusione:
Bibì e Bibò hanno rotto i coglioni. È dal 1994 che assistiamo
al trionfo di Berlusconi Silvio, ed è da allora, e
pure da prima, che nel maggior partito della sinistra italiana
Bibì e Bibò si fanno i dispetti come all’asilo.Uno diventa
segretario, l’altro fa la fondazione; uno diventaministro,
l’altro fa le primarie col fax; uno diventa presidente
del consiglio, l’altro gli tira una torta. Bibì fa il governo
ombra, Bibò non ci sta.Bibì apre una televisionedi condominio,
anche Bibò apre una televisione di condominio. Bibì
vuole il congresso, anzi no; Bibò è contro il congresso,
anzi no. Bibì ha la Binetti, Bibò vuole Casini. Bibì scrive
romanzi, Bibò si compra una banca. Bibìmette Bettini in
una stanza a fare le liste elettorali (tra cui il noto Villari,
chapeau!), Bibò ha un braccio destro come Latorre (e ho
detto tutto). Bibì tenta di parlare di politica,
ma diventa uno spot del libro di
Bruno Vespa, e questo è il posto dove ci tocca vivere. Presto
arriveremo al caffè versato sui pantaloni (ops! scusa,
Massimo!), alla macchina rigata (ops! scusa,Walter!), allo
sgambetto, al cuscino che scoreggia, alla stretta di mano
con scossa elettrica: nemmenoFranco e Ciccio erano durati
tanto con lo stesso repertorio.Dichiarano, esternano, cooptano
sodali e complici per i loro dispettucci, muovono
pedine ognuno per irritare l’altro. E non si rendono conto
che il loro pubblico non ride più da un pezzo, che è più povero,
più stanco, più precario, più cassintegrato, più solo.
In platea le sedie vuote aumentano,manca poco al lancio
di ortaggi, altro classico dell’avanspettacolo. Bibì, Bibò e
Capitan Cocoricò che intanto, da Arcore, se la gode e se la
spassa, fa e disfa, diventa ogni giorno più ricco e potente e
arrogante e pericoloso. Che brutto spettacolo, compagni
democratici. E il biglietto costa carissimo per tutti.
chi molla ha sempre torno
ma io sto volentierissimo dalla parte del torno e mi sento più solo nel PD
sulla gelmini irene ha ragione: a mio avviso la ministra sta cercando di smuovere lo stagno putrido dell’università italiana … cosa che non ha fatto il precedente governo. perchè allora contrastarla? io – precaria dell’università e di sinistra – non scendo in piazza con i rettori.
irene ha fatto bene ad andarsene. in italia sarebbe stata sprecata.
sulla gelmini irene ha ragione: a mio avviso la ministra sta cercando di smuovere lo stagno putrido dell’università italiana … cosa che non ha fatto il precedente governo. perchè allora contrastarla? io – precaria dell’università e di sinistra – non scendo in piazza con i rettori.
irene ha fatto bene ad andarsene. in italia sarebbe stata sprecata.
Ho letto qualche giorno fa delle dimissioni di Irene Tinagli. Devo dire che non la conoscevo, devo anche dire che non ho più la tessera del partito (pur avendo votato alle primarie) da quando ha fatto il partito con La Margherita. Ma questo non c’entra in questo momento. Mi ritrovo a pensare quasi le stesse cose che dice Alessandro nel suo commento del 22.11.08. Mi ha divertito molto kamillo con la storia di “Bibì e Bibò!” Io penso che Irene Tinagli ha fatto bene a dare le dimissioni per le ragioni che ha addotto. Quanto al giudizio sulla Gelmini: è vero che la scuola italiana (meno le elementari e mia figlia quest’anno fa la 5 el.)ha bisogno di una riforma ma quello che ha proposto la Ministra non si può certo chiamare riforma dal momento che non lo è! Comunque tornando al commento di Alessandro, è vero che in Italia esiste la “gerontocrazia”, abbiamo dei politici che prendono stipendi lontani anni luce da quelli delle persone che lavorano anche da 30 anni! E che dire della possibilità di maturare la pensione dopo solo 35 mesi di presenza inParlamento? Perchè noi “poveri mortali” dobbiamo lavorare non 35 anni ma 40 per avere forse l’80% dello stipendio? Mi direte: cosa c’entra questo con il PD e con la Tinagli? Secondo me è pertinente poichè segnali di voler cambiare anche questo stato di cose davvero diversi da ciò che succede nel resto d’Europa, non ne sono venuti neanche dal cosiddetto “partito nuovo”. Bisogna fare spazio a persone nuove e preparate e a mio avviso in Italia ce ne sono ma se i meccanismi per il ricambio non vengono attivati neanche nel “nuovo partito” e le persone che prendono le decisioni sono sempre le stesse, la gente si disaffeziona anche alla politica migliore come stà avvenendo da un pò di tempo in Italia. Io lavoro in un Ente Locale e ho tanti colleghi con i quali scambio ovviamente delle opinioni sia sul lavoro che sulla politica: ebbene da un pò di tempo a questa parte (esclusi gli addetti ai lavori) sento molta indifferenza e giudizi in cui tutta la classe politica italiana, senza differenze di colore, viene messa pesantemente nello stesso “fascio”. Di fronte ad una crisi come quella che stiamo attraversando, perchè il PD non prende l’iniziativa di ridurre lo stipendio di tutti i suoi parlamentari o almeno propone l’abolizione di tutta una serie di privilegi di cui godono tutti gli eletti nel nostro Parlamento? Secondo me sarebbe un gesto che pagherebbe moltissimo in termini di consenso della pubblica opinione. Scusate se sono proposte non proprio originali ma credo che a molti darebbe un segnale di cambiamento in positivo. Ciao Ivan e auguri per la tua attività politica. Maria.