Nel commentare il voto mancato da parte di Rifondazione e del PdCi alla parte politica della mozione presentata al Comune di Milano da Pierfrancesco Majorino e Carmela Rozza in sostegno a Pietro Ichino, Marco Rizzo ha signorilmente riaffermato che Ichino è “un servo dei padroni”. Tutto questo in un paese in cui una larga parte dei lavoratori, soprattutto giovani, non gode di alcuna garanzia contrattuale (ferie, malattia) o di sviluppo professionale (formazione, continuità di servizio). Nel frattempo continuiamo a tenerci un diritto del lavoro la cui facciata risale agli anni ’70, e di cui dietro la facciata resta ormai poco o nulla.
Chiunque provi a dire qualcosa, anche da sinistra, anche in difesa di quei lavori che un contratto a tempo indeterminato non l’hanno mai visto nemmeno col binocolo, si becca del “servo dei padroni” a scena aperta e deve vivere, a causa delle sue idee, sotto protezione. Così, in tutto questo perfetto immobilismo, Ichino ha perso la libertà, molti lavoratori hanno perso la sicurezza e la dignità e anche il povero Marco Rizzo, nel frattempo, ha perso il suo seggio a Roma, in Parlamento. Deve trattarsi chiaramente di un gioco a perdere, sennò le cose davvero non si spiegano.
17 risposte a “Un gioco a perdere”
Grande Ivan. Il tema che sollevi è quello che in troppi tentano di sorvolare. Ok, difendono il contratto a tempo indeterminato, ma non pensano ai milioni di lavoratori soprattutto 20-30enni (e ormai anche 40enni) che non hanno mai visto un contratto a tempo indeterminato in vita loro. Grazie per averlo spiegato.
Perchè, togliendo diritti a chi li ha, si migliora la condizione dei precari???
Ma fatemi il piacere!
p.s.
Meno 30% del potere di acquisto di salari e pensioni negli ultimi 10 anni.
Questo è il risultato della politica di “concertazione”,
@maxim
Anch’io tante volte l’ho pensata come te…e ancora spesso mi viene la tentazione.
Ma c’è un “ma”.
‘E infatti tutti pensano sempre che non è togliendo diritti ad alcuni , che si migliora la condizione di chi non li ha. Il che equivale a dire: non ci deve essere un’ alternativa per cui se si da ad alcuni si toglie ad altri.
Nel pensare questo, però, nessuno (o quasi) riflette sul fatto che quell’alternativa c’è già. Si pensa “non ci dev’essere”, ma è già così.
Cioè la verità è che il sistema economico italiano ha potuto (+ o -) funzinare, o perlomeno tirare avanti fin qui, proprio perchè l’area dei “protetti” era relativamente non troppo estesa e cmq lasciava fuori una larga fascia di “non protetti”.
Per es. se certe regole dello statuto dei lavoratori fossero state estese anche alle piccole imprese gran parte del (poco) sviluppo che si è pur avuto in italia negli ultimi 20 anni, per dire, sarebbe sfumato. E allora non sarebbe stato più possibile nemmeno “mantenere” le maggiori tutele (cassa integrazione, mobilità, pensioni, assicurazioni ecc.) per chi le ha.
In altri termini “non è togliendo i diritti ad alcuni ecc.” deve valere anche adesso. Il sistema attuale fa proprio questo: sacrifica necessariamente i diritti di alcuni per dare più tutele ad altri. Il sistema-italia si regge oggi su questo presupposto; presupposto implicito, incofessato di solito, non ammesso da molti politici (in particolare della sinistra radicale) ma reale.
Mantenere il sistema così com’è significa quindi fare questa scelta di sacrificio alternativo, rinnovarla ogni giorno che si perpetua il sistema.
Certo sarebbe bello poter dire: estendiamo i diritti a tutti e basta.
Sennonchè o si sposa una linea utopistica= cambiamo il sistema economico in generale, da soli noi Italietta (e come poi?); oppure si sceglie di fare cose utili in una prospettiva non millenaristica e si accetta di muoversi nel libero mercato (regolato) che è la nostra realtà.
Bisogna allora tener conto dei vincoli che questo comporta: è inutile estendere diritti per i lavoratori, se poi questo significa far chiudere le imprese. Perchè è bello avere diritti sulla carta, ma prima bisogna pure che ci sia qualcuno che ce lo da il lavoro. E un lavoro VERO, cioè utile e produttivo, non assistenza che allevia oggi i problemi ma brucia risorse e li aggrava domani (come purtroppo ben sappiamo in italia).
Ci dobbiamo allora rassegnare ad estendere le tutele e i diritti ma ad averne tutti un pò meno? insomma precari ecc. un pò di più, e lavoratori a tempo pieno e con contratti a tempo indeterminato un pò meno?
Non credo che lo “scambio” sia riducibile in questi termini pessimistici.
Credo che l’obbiettivo debba essere quello di generare opportunità.
Cioè se si riesce a fare un sistema economico “migliore”, che funziona meglio, più dinamico, più produttivo, più competitivo, che cresce (mediamente) di più, ecco allora si riuscirà anche ad avere più facilità a trovare (e quindi a cambiare) un posto di lavoro, e più facilità a trovare posti di lavoro adeguati alla nostra professionalità e non “parcheggi” dove si è inutilmente sfruttati e che si accettano solo per campare; si potranno liberare più risorse per avere più formazione professionale, per avere maggiori tutele economiche nelle fasi di perdita del lavoro ecc.
Insomma l’obbiettivo non è ridurre tout court i diritti a chi li ha “pieni” per “travasarne” un pò su chi li ha nulli; l’obiettivo è cambiare il tipo di tutele e garanzie in un sistema nuovo che possa portare “avanti” un pò tutti, ma in modo diverso da ora.
Per fare uno slogan, per capirci: è meglio avere la garanzia “assoluta” di non perdere il posto di lavoro (che poi assoluta non è mai, perchè se l’impresa va male…) però con un sistema economico asfittico che se il lavoro lo perdi a una certa età non ne trovi un altro manco per sogno, e che per sopportare queste “rigidità” deve necessariamente escludere tanti da qualunque garanzia ecc. ecc.; o è meglio avere un poco più di “rischio” per es. di poter perdere il lavoro, ma con maggiori tutele se lo perdi, con maggior facilità di trovarne un latro adeguato, e con estensione a tutti di un certo livello di tutele e garanzie?
Si tratta di scegliere il tipo di “garanzie” che si vogliono.
Marco Rizzo parla di calcio e di figa. Quando estende i suoi discorsi alla politica, questi sono i risultati.
Detto ciò, il diritto del lavoro italiano è più avanzato di tanti altri paesi, anche occidentali, proprio perché per il momento è rimasto agli anni Settanta. Che occorrano delle integrazioni (più welfare state, più sussidi di disoccupazione, più sussidi di inoccupazione, eccetera) è lapalissiano. Parlare contro l’intero diritto del lavoro italiano è sbagliatissimo.
Scalfarotto, caduta di stile delle peggiori. Facendo confusione tra sinistra “radicale” e BR fa il gioco delle BR e qualcuno potrebbe, giustamente, offendersi. Chiunque dica qualcosa a difesa dello Statuto viene accusato di fiancheggiare le BR: neanche questo è molto carino, e anche queste accuse incrociate sono un gioco a perdere, con tutto il rispetto per il padrone di casa.
Nei fatti, siamo l’unico paese ad avere introdotto la flessibilità senza alcun correttivo sociale, regalando ottimi argomenti alle BR. Se questo vi sembra giusto (e dovrebbe sembrarvi giusto, visto che le riforme le ha avviate gente che sta nel PD), dovreste andare fino in fondo e fare un accordo con la maggioranza per cancellare lo statuto dei lavoratori. Dalle parole di Scalfarotto si direbbe che lo Statuto è il vero problema. Avete cancellato la sinistra radicale dal parlamento. Cosa vi trattiene adesso?
Immobilismo: ricordo a Scafarotto che il PD non riesce a prendere posizione neanche sul testamento biologico. Mi faccia il piacere.
Piu’ diritti per tutti. Giusto, ha ragione Maxim. E, seguendo la sua logica, allora anche piu’ soldi per tutti! Basta stamparne di piu’ e distribuirli a pioggia, cosi’ siamo tutti contenti. Eppure chissa’ perche’ sento che c’e’ qualcosa che non torna in questo ragionamento…
Marco Rizzo sa fare anche un’altra cosa: gustare il cappuccino e charmanteggiare sul fare delle ore piccole in un certo bar fighettuolo della mia città. Ovviamente parlando di quello che dice AdF.
Sul tema del lavoro credo che la concatenazione di errori sia la più evidente manifestazione del gioco che sta avvenendo: il massacro e la frantumazione della sinistra dal suo interno per mano dei suoi pontificatori storici, Rizzo, Bertinotti, Giordano in testa e degli allegri giullari che ruotano loro intorno.
Schiaffeggiare degli stolti non credo però che aiuti a trovare soluzioni; non credo neppure che servano pannicelli caldi come quelli che stanno circolando con enfasi dalle parti del PD.
E la proposta di Garibaldi, con qualche possibilità di riuscita se corretta, richiederebbe per una volta la tregua tra le varie anime d PD, CGIL e di quel che resta della sinistra. Per poi discuterne con Confindustria ed il Governo.
Insomma, l’auspicabile tavolo istituzionale che resterà un miraggio.
Ecco perchè non se ne farà nulla.
A leggere i commenti di questo blog si capisce di come da noi la gente vive fuori dal mondo, pieni di ideologia vuota e senza contatto con la vita delle persone. Mi dispiace ricordarvi che in Italia abbiamo introdotto una flessibilita’ selvaggia solo per alcuni, soprattutto i giovani e le donne e al sud. Chi ha potuto si e’ tenuto la sua inamovibilita’ dal posto di lavoro. Io ho deciso di trasferirmi a Londra perche’ in Italia con una laurea a pieni voti e alla mia eta’ (34) ero ancora assunta solo con brevi contratti a termine e per sostituzioni di maternita’ mentre i miei colleghi di cinquant’anni o piu’ non li smuoveva nessuno. Alla fine mi sembrava di essere quella che con i suoi sacrifici consentiva a quelli dell’eta’ di mio padre di tenersi il posto fisso. E di quelle come me l’onorevole Rizzo non parla proprio mai, e non parliamo della CGIL che e’ notoriamente il sindacato dei pensionati, dato che piu’ del 50% dei suoi iscritti non lavorano piu’. La sinistra italiana, come tutti in Italia, difende le rendite di posizione che le interessano: alla CGIL interessano i suoi pensionati, certo non noi. Nel frattempo io di sposarmi o di fare un figlio me lo scordavo ed ero costretta a restare a casa con mamma e papa’. In pratica ero io che con la mia precarieta’ pagavo l’affitto ai miei genitori che in cambio erano costretti a tenermi in casa. Il mio progetto di vita era inesistente come quello di tanti giovani. Se pensiamo che l’Italia abbia un futuro in queste condizioni vuol dire che o siamo scemi o siamo in cattiva fede. Presa dalla disperazione me ne sono andata e mi sono trovata un lavoro a Londra. Qui mi possono licenziare in un attimo proprio come in Italia, ma anche se c’e una crisi bestiale almeno mi danno un contratto vero, le ferie, la malattia, non mi sento di passaggio e il mio lavoro mi consente di vivere con fatica come in Italia ma almeno come una donna adulta e indipendente e non come una perenne bambina ormai piuttosto invecchiata. A casa mia non avevo ne’ la sicurezza ne’ la mia dignita’, almeno qui mi sono ripresa la seconda.
Rizzo è un servo dell’imbecillità, invece.
Mi dispiace ma la logica della “coperta corta” proprio non mi piace.
I presunti privilegi di cui vengono accusati i lavoratori a tempo indeterminato, sono semplicemente i diritti basilari a cui tutti i lavoratori, anche precari, ambiscono e che dovrebbero ottenere oggi e qui, non in un ideale universo parallelo dove tutto funziona benone.
Non è con il gioco al ribasso dei diritti di chi faticosamente e con anni di lotte li ha ottenuti, per “redistribuirli” a chi ne ha di meno che si migliora la situazione! Ma che cos’è, “mal comune, mezzo gaudio”?
I diritti o sono tali in quanto riconosciuti e condivisi o non sono.
E non venitemi a dire che i lavoratori “protetti” dovrebbero fare tutti un passo indietro, rinunciare a qualcosa di acquisito per poter chissà come permettere di estendere vantaggi ai precari: in questa guerra tra poveri gli unici a non rimetterci sono i settori dirigenziali ad ogni livello che pur non assumendosi mai un briciolo di responsabilità, scaricandole puntualmente sui propri sottoposti, portano a casa stipendi stratosferici e avanzamenti di carriera, quelli sì capaci di zavorrare lo sviluppo di una intera nazione.
Pensate veramente che estendere l’insicurezza contrattuale a tutti, serva ad alleviare la condizione dei giovani precari? E visto che la operta è corta, pensate veramente che sia giusto che le donne che possono mettersi in maternità dovrebbero rinunciarvi altrimenti godrebbero di un insopportabile privilegio? Mi sembrate Buttiglione quando dice che concedere diritti alle coppie omosessuali va a ledere il diritto delle coppie etero sposate!!! Aripiateve!
grande mariarosaria sottoscrivo al 100%.
Mannaggia, ma perchè molte persone di sinistra, rispettabili e piene di doti, hanno il difetto (secondo me, ovvio) di non riuscire a cambiare impostazione mentale? Sarà la paura del cambiamento, che accomuna un pò tutti noi italiani?
Non è un gioco al ribasso. E non è una semplice “redistribuzione” o “travaso” come ho detto nell’altro post.
Si tratta di costruire un sistema di garanzie diverse che possa essere da un lato più ampio e inclusivo, e dall’altro non meno efficiente dell’attuale (per chi le garanzie oggi ce l’ha). Ma in maniera diversa.
Insomma ma io dico, per es. no, è una garanzia o non è una garanzia la formazione professionale? Non solo: non è anche una soddisfazione personale, un qualcosa che da maggior dignità?
Non è una garanzia un’ indennità di disoccupazione degna di tal nome? Cioè capace di assicurare sul serio un dignitoso mantenimento alla persona (ed eventuale famiglia). Non come adesso per intenderci.
E, invece, dite, è una garanzia per voi e i vostri figli un’economia che (tralasciando pure un periodo di crisi di origine esogena ed eccezionale come l’attuale) quando cresce, cresce dello 0,5% o dello 0,6% o meno, e se cresce dell’1% è un annata eccezionale da leccarsi i baffi? Vi sentite “garantiti ” a lavorare in un’economia così?
Non vi viene il dubbio che se gli altri (che si chiamano India, Cina, Brasile,Messico, Sudafrica , ma anche i soliti USA e Germania ecc.) crescono del 9%, o del 5% (o, i vecchi leoni, del 2-3%) OGNI ANNO noi rimarremo schiacciati? Ci impoveriremo sempre di più. E saranno dolori per tutti.
Pensateci: ritardi ne abbiamo già accumulati tanti, troppi! Non possiamo permetterci un differenziale di crescita così per altri 10 anni (dopo la crisi).
E la scuola, l’università, le pensioni? Vi sentiti garantiti da un sistema che per cominciare ad avere dei contributi devi aspettare spesso i trent’anni o giù di lì?
E da un sistema in cui il diritto allo studio costituzionale per i capaci e i meritevoli è una presa in giro?
Ragazzi è tutto da ripensare.
Tutto da riorganizzare per cercare un “equilibrio” di sistema diverso.
Tutto no: parecchio però.
Ma bisogna allora pensare non a compartimenti stagni. Non guardando la singola cosa, quesitone, diritto senza collegamenti col resto. Tutto si tiene.
Bisogna pensare in termini sistematici.
Un diritto può essere buono in sé, ma comportare conseguenze negative indirette.
E , inversamente, ma è importante!, un diritto che ci sembra essenziale, irrinunciabile in un sistema (perchè è organizzato così, intorno a quel tipo di diritti) può non esserlo più in un altro sistema. Può essere sostituito da qualcosa d’altro!
E mò vi dico pure n’altra cosa.
Ho detto: non è un gioco al ribasso. Non deve esserlo.
Ma lo sarà se lasciamo l’iniziativa alla destra.
Perchè è proprio qui la sfida per la sinistra: dirigere e non subire questo processo.
Selfs ha scritto sopra “Nei fatti, siamo l’unico paese ad avere introdotto la flessibilità senza alcun correttivo sociale, regalando ottimi argomenti alle BR. Se questo vi sembra giusto (e dovrebbe sembrarvi giusto, visto che le riforme le ha avviate gente che sta nel PD)…”
E vero. E perchè è andata così?
Perchè la destra quando ha avuto i suoi 5 anni di governo ha avuto naturalmente interesse a far così.
E il centro-sinistra, che in effetti cominciò a smuovere le acque con la Legge Treu, ma con molta più attenzione agli equilibri sociali, non ha avuto la forza politica di andare avanti a completare l’opera, o più realisticamente, almeno di instradarla in un quadro di riforme più ampio.
E perchè non ce l’ha fatta?
Proprio perchè nella dirigenza dei vari partiti di siinstra predominava la componente iper-conservatrice.
E idem nella base: ma le due cose vanno di pari passo.
Sicchè quando da sinistra si cerca di riformare qualcosa si finisce sempre impallinati, non si può quindi nè lavorare bene nè a lungo, le cose rimangono fatte male, così poi gli stessi conservatori che le hanno fatte fallire, anni dopo, possono venire a dire: “Ma valà guardate come hanno funzionato male!”
Eccerto, grazie!
Lasciate fare alla destra. Così non ci sarà alcuna VERA riforma del sistema di welfare e del mercato del lavoro, ci sarnno, allora sì, solo ulteriori sottrazioni di diritti, fatti passare grazie alla situazione di grave necessità, senza toccare però nessuno degli interessi consolidati su cui si fonda il loro blocco sociale di riferimento (artigiani,commercianti, professionisti, partite iva, Pubblica amm.!! ecc.) e quindi appunto senza riformare un bel nulla.
Stante che Marco rizzo ha detto oggettivamente una cosa imbecille, il discorso della coperta troppo piccola non convince neanche me; ma solo perchè questo non è il caso.
Attaccare le rendite di posizione (inamovibilità, carriere automatiche) non vuol dire certo giocare al ribasso sui diritti.
Sai che io credo che proprio il suddetto citato padrone, messo di fronte all’impossibilità di nascondersi dietro a burocrazie, e lacci giuridici sia il primo a doversi prendere delle responsabilità: ovvero far crescere professionalmente i suoi colalboratori…
Inserire competitività nel mercato del lavoro non vuol dire certo “lotta tra poveri”, ma iniettare competitività anche nel mondo delle imprese. La tutela di chi lavora oggi non stà nella sua inamovibilità ma nella sua professonalità. Certo che se non si da l’occasione per maturarla…
Mariarosaria, la storia tua è la storia mia e di altri commentatori. Dunque io ci andrei piano dicendo che gli altri commentatori vivono fuori dal mondo. Se non altro perché alla fine condividiamo le stesse idee. Rileggere per capire.
Caro Ivan,
argomento più caldo non potevi toccarlo e lo stanno a dimostrare certi commenti, dei quali alcune parole mi hanno suscitato una certa inquietudine. Il diritto del lavoro è, è stato e sarà uno dei temi principali che connota una posizione politica se affrontato seriamente e soprattutto con convinzione e con soluzione. Soluzione sì, perché a me sembra chedi i tanti discorsi sentiti e le poche cose fatte dagli ultimi governi – di destra e di centrosinistra – non rappresentino una soluzione e non siano conseguenza di una visione globale o di un pensiero politico lungimirante. Io sono abbastanza d’accordo con te che la difesa a oltranza dei diritti dei lavoratori (di quei lavoratori che hanno un contratto di lavoro a tempo indeterminato) alla fine non crei prospettive per tutti coloro che una lavoro lo vorrebbero e lo vorrebbero pure soddisfaciente, ben retribuito, tutelato, giusto, sicuro soprattutto. La posizione della CGIL secondo me oggi va sostenuta ad oltranza, perché è l’unica che cerca di difendere il mondo dei salariati dagli attacchi della confindustria e degli imprenditori i cui intenti aumentano sempre più le differenze sociali; allo stesso tempo la CGIL va criticata, perché con la sua politica idealista ed in parte integralista, negli hanni ha determinato condizioni di privilegio fra i lavoratori: i baby pensionati, i pensionati d’oro contro i giovani dipendenti, precari, ecc. che una pensione mai ce l’avranno se non ridicola (giusto per dirne una).
Tu dici che in Italia siamo indietro su questo, che siamo fermi agli anni ’70; ebbene, hai ragione, ma quale soluzione rappresenta un passo in avanti? quale soluzione tutela i lavoratori, tutti, non solo quei privilegiati che hanno un contratto a tempo indeterminato, quei lavoratori pubblici iperprivilegiati e allo stesso tempo contribuisce a rinnovare il mercato del lavoro? Io sarò distratto ma né da destra né da sinistra né da fuori dal parlamento ho sentito programmi convincenti. Eppure è di questo che c’è bisogno, soprattutto.
Tu, che di diritto del lavoro ti intendi, un’idea in merito ce l’hai?
Appassionatamente,
Fabio
Allora, io sono uno di quei dipendenti pubblici “iperprivilegiati”.
Nel 2004 ho vinto regolarmente (senza conoscenze nè oliature) un concorso che mi ha scaraventato ad 800 km da casa e dai genitori con problemi di invalidità. Nonostante ripetuti tentativi non c’è verso di ottenere un trasferimento (con la Legge 104 ci si sono soffiati il naso). Leggi sulle coppie di fatto omosessuali non ne nanno fatte, per cui l’aggiunta della clausola del “ricongiungimento al coniuge di fatto in presenza di figli” è solo una simpatica presa per il culo.
Prendo 1.150 € al mese, che mi bastano appena a pagare il vitto e l’affitto che da queste parti è piuttosto salato. Faccio un lavoro delicato: ispezioni, controlli, sanzioni, sequestri e la responsabilità ricade tutta su di me che firmo quelle carte, perchè c’è una circolare dirigenziale che stabilisce che in caso di danni all’erario (anche i mancati introiti per irregolarità) è il funzionario che firma che deve rifondere il danno.
Spesso non si è messi in condizione pr svolgere bene il proprio lavoro e vengono impartiti ordini verbali o telefonici che vengono rapidamente rimangiati in caso insorgano problemi, lasciando il cerino acceso della responsabilità in mano di chi svolge l’attività.
Tutte le spese che devo affrontare nel mio lavoro devo anticiparle io (lo Stato non anticipa nulla!) col risultato che ne avrò riviste sì e no la metà e dopo molti mesi.
Se mi ammalo, sono costretto a rimanere in casa tutto il giorno in attesa del medico legale; vivendo da solo non posso nemmeno andare in farmacia. Ovviamente devo anche subire la colpa di essermi ammalato, con decurtazione dello stipendio, sin dal primo giorno di malattia.
Non ho una mensa, mi consentono di rimborsare i pasti che devo anticipare, se le ricevute riescono a superare un vaglio di paletti intricatissimo che alla fine mi lascia gabbato coi soldi spesi e nessun rimborso.
Per il fitto clientelismo all’interno della struttura è impossibile qualsiasi avanzamento o promozione: gli unici aumenti retributivi che vedrò saranno quelli da contratto.
E non pensiate che si faccia i “fannulloni alla Brunetta”: io ed i miei colleghi lavoriamo anche molte ore in più del dovuto, per il buon funzionamento dell’ufficio, per una efficiente evasione delle pratiche ma senza richiedere alcuno straordinario.
Sì è vero, ho diritto a 32 giorni di ferie all’anno, che però utilizzo in gran parte per tornare a dare una mano ai miei e per vedere il mio ragazzo.
E’ vero anche che lo stipendio arriva di sicuro tutti i mesi e che, Brunetta permettendo, non dovrei temere di trovarmi improvvisamente senza lavoro per un licenziamento in tronco.
Come vedete non è tutte rose e fiori neanche per noi “privilegiati”, generalizzare non è mai bene.
Ma quelli che definite privilegi: il diritto alle ferie, al riconoscimento della malattia, alla sicurezza, all’avanzamento professionale, alla formazione non sono degli odiosi ed anacronistici trattamenti che i lavoratori pubblici e i dipendenti in generale lucrano sulla pelle dei precari.
I precari, che non li hanno in quanto tali, vorrebbero migliorare la loro condizione ottenendoli, ambiscono ad avere gli stessi identici diritti e sicurezze: se mi dite che bisogna estenderli anche a loro la ritengo una cosa sacrosanta ed è piuttosto inutile discuterne.
Sostenere come fa Ichino od altri che occorre sforbiciare qua e là un pò di privilegi “eccessivi” a coloro che fino ad oggi ne hanno “abusato”, allora è un altro discorso.
@Fabio.
Sì, sono le idee di Pietro Ichino (quelle che tutti criticano e pochi conoscono). Azzerare il precariato dando contratti a tempo indeterminato a tutti, tranne i casi davvero indispensabili. Insomma, prendi un contratto stagionale solo se fai il bagnino a Rimini. Sennò: tempo indeterminato. Così si dà a tutti i lavoratori lo status di lavoratore, con quello che ne deriva in termini di continuità e di ruolo in azienda. Si mantiene il diritto al reintegro nel posto di lavoro però solo nel caso di licenziamenti con motivo illecito (per esempio per licenziamento discriminatorio) o disciplinare. Negli altri casi (licenziamenti per ragioni economiche o organizzative) si ha diritto ad un risarcimento del danno che aumenta proporzionalmente all’anzianità di servizio. Le aziende poi devono partecipare ad un fondo di garanzia che serve a sostenere economicamente e a formare i lavoratori che perdono il lavoro e l’obbligo contributivo per le aziende aumenta in proporzione a quanto le aziende licenziano. Un’azienda che licenzia molto, così, sarà più penalizzata di un’azienda virtuosa. In poche parole si perde il diritto all’inamovibilità dal posto di lavoro, ma si guadagna che quando si lavora si ha un contratto vero. Inoltre, nelle fasi di disoccupazione, interverrebbe un fondo “assicurativo” finanziato dalle aziende.
Di queste idee ha parlato positivamente anche il Segretario Regionale del PD della Lombardia, Maurizio Martina, in un articolo apparso su L’Unità il 29 gennaio.
Le idee di Ichino saranno meravigliose, questo post resta pessimo. Solo ora viene fuori che il PD non ha preso posizione sulle proposte di Ichino. A che serve criticare Rizzo quando lo stesso PD non brilla? Solo ora viene fuori che solo un timido segretario regionale del PD, di una regione dove il PD non sarà maggioritario mai, è entrato nel merito di questo discorso. Se il PD avesse impiegato a favore dei lavoratori metà delle energie che ha speso per cancellare la sinistra “radicale”, saremmo forse già a parlare di qualcosa di concreto.