Ho ricevuto diverse email e commenti a seguito dei miei post sulla crisi economica, sui suoi rischi congeniti e sulle opportunità che ci offre. È scontato che questa crisi cambierà molte delle cose a cui siamo abituati, probabilmente sta già accadendo. Così come è scontato che a breve ci dovremo confrontare con l’insostenibilità strutturale della crescita industriale selvaggia. In molti mi avete chiesto quale futuro immagino nel modo di intendere i consumi, nella distribuzione dei gruppi econonomici e sociali, nell’orientamento delle tecnologie in generale. In ultima analisi, insomma, per usare la parole di un commentatore di questo blog: “dove è mancata la sinistra (mondiale)” in questa crisi?
Credo che la sinistra mondiale sia mancata nell’offrire una visione alternativa credibile (ho detto credibile) e moderna (ho detto moderna) al modello pre-crisi, prima dello schianto dei mercati finanziari. Non mi appassiona il mito un po’ sfigato della decrescita felice, e non credo che ci serva un ritorno all’età dell’oro con carrozze guidate dai cavalli come soluzione alla diabolica crescita industriale. Non è la stata crescita industriale a causare danni. Pensare che la crescita e lo sviluppo siano funzionali solo a vantaggi materiali è estremamente miope e, a mio parere, dannoso. Al contrario, per usare le parole di Benjamin Friedman:
I Paesi tendono ad andare in una direzione moralmente positiva quando la maggior parte dei loro cittadini percepisce la possibilità di un proprio miglioramento nelle condizioni di vita, viceversa quando non avvertono tale opportunità si assiste ad un arroccamento su posizioni etiche antidemocratiche e moralmente condannabili.
La crescita non ci dà solo gli iPhone. Ci fa vivere meglio, ci fa avere scuole e ospedali migliori, aumenta le opportunità, accresce la protezione sociale, la democrazia e la tolleranza. Ma l’unico modo per crescere sempre è crescere bene, senza perversioni, rinunciando a quelle strategie che sappiamo già destinate a provocare disastri, prima o poi. Bruschi stop durante i quali le banche di mezzo mondo devono essere salvate dal più massiccio intervento dei governi centrali che la storia ricordi. Crolli verticali del mercato a causa dei quali molti si ritrovano disperati senza un lavoro e senza alcun tipo di ammortizzatore sociale. Il punto nodale dunque è non tanto l’opportunità o no di crescere, bensì come stimolare la crescita. Senza dimenticarsi mai di un dato fondamentale: proprio la ricerca affannosa della crescita a tutti i costi fa sì che questa sia tutto meno che perenne. La sinistra è mancata qui, in Italia come altrove: nel sostenere con determinazione e concretezza, prima della crisi, la necessità di un modello di crescita sostenibile.
Il mio fine ultimo è rendere la sostenibilità industriale parte integrante di tutti i processi primari dei paesi europei. Ho in mente un presente e un futuro il cui sviluppo industriale punti sulle energie rinnovabili, su regolamentazioni e vigilanza sui mercati finanziari, sulla protezione sociale e lavorativa per tutti i lavoratori (ho detto tutti), sul maggiore supporto alla ricerca, all’istruzione e alla riqualificazione lavorativa, solo per citare le prime cose che mi vengono in mente. Un futuro in cui la crescita e lo sviluppo siano al servizio dell’uomo, e non il contrario.
15 risposte a “Consumo sostenibile e progresso civile”
Bene, condivido.
Anche se mi rendo conto che per introdurre cambiamenti così radicali ci vuole un approccio sistemico (e quindi è una faccenda complessa) tuttavia mi chiedo se sarebbe in grado di fare una lista in otto-dieci punti degli interventi legislativi che lei proporrebbe per realizzare questo futuro. Se riesce a farlo in modo chiaro e sintetico (e convincente) ha il mio voto!
Lo so, non è molto 🙂
Post quasi commovente, per competenza, passione e profondita’. Bravissimo.
Mi è piaciuta questa frase :
“Non mi appassiona il mito un po’ sfigato della decrescita felice” –
che condivido in pieno.
Il rispetto dell’ambiente è importante – ma a volte, a sinistra,
si cade nel luddismo e la gente, giustamente, scappa …
Io alle volte sono tentato di diventare anti-ambientalista, a furia
di sentire queste cornacchie capaci solo di dire NO !
In realtà mi sembra che l’ambientalismo sia utilizzato da tanti come
scorciatoia per farsi vedere “de sinistra” quando non si hanno
argomenti tanto convincenti sui temi economici e sociali.
Questo bel post può essere condensato nella frase “Credo che la sinistra mondiale sia mancata nell’offrire una visione alternativa credibile (ho detto credibile) e moderna (ho detto moderna) al modello pre-crisi”; a livello di analisi, è detto tutto, e pure molto bene, soprattutto con il rafforzativo delle due parentesi.
Da parte della sinistra mondiale (visto che secondo la destra, almeno italiana, la crisi non c’è mai stata o è già finita), servirebbe anche uno sforzo più convinto e più convincente per lanciare proposte concrete per uscire dalla situazione attuale; ed anche in fretta, perchè il fattore tempo non è affatto una viariabile indipendente.
Le previsioni di decrescita del PIL 2009 aumentano “solo” di un punto percentuale al mese, ma per l’unico motivo è che nessuno ha il coraggio di raccontare fino in fondo il disastro che è in atto, che è di un altro ordine di grandezza.
Le statistiche sull’occupazione non hanno ancora recepito l’ondata delle procedure di mobilità che sta partendo proprio in queste settimane e che, se non cambia qualcosa entro l’estate, diventerà uno tsunami da settembre in poi.
Ma l’affare Noemi, pur con tutto lo schifo che induce in ogni persona di buon senso, domina sempre la scena ….
“Non mi appassiona il mito un po’ sfigato della decrescita felice”
Credo che il termine “decrescita felice” sia un termine poco azzeccato, che in effetti sa di sfiga; ma i suoi contenuti sono un’altra cosa. Il problema è che la crescita si basa sull’ipotesi che le risorse siano illimitate – cosa falsa. Per questo, come dice Loretta Napoleoni e non solo, è necessario inventare una nuova “economia del limite”, ciò che si confronti con la limitatezza delle risorse presenti sul nostro pianeta. Dunque non è solo una questione di ambiente (perché comunque stiamo sovrausando le capacità di assorbimento del nostro pianeta), ma anche destinazione d’uso delle risorse.
Una economia che si confrontasse realmente con tale limite porterebbe ad una nuova qualità dei consumi: beni più durevoli e meno energivori.
Comunque mi rendo conto che a prima vista l’abbandono di certe abitudini può fare un brutto effetto: ma adesso che bevo l’acqua del rubinetto, che mi arriva un cesto di ortaggi biologici a casa ogni settimana e che mi sposto solo in bicicletta non invidio la gente “normale”.
Fabio, la ricerca degli ultimi decenni ha avuto due principali bersagli: nuove prodotti e nuove tecnologie a maggior efficenza. E’ fallace pensare che il mostro della produzione industriale se ne frega della limitatezza delle risorse. Produrre un nuovo iPhone che consuma un terzo vuol dire assicurarsi un profitto enorme sul mercato immediatamente. Decrescita felice e’ un termine sfigato perche’ manca completamente il bersaglio dei contenuti sul piano comunicativo. Non si cerca infatti di descrescere – nel livello di vita? direbbero alcuni – si cerca bensi’ di migliorare l’efficenza dei processi, soprattutto quelli dell’utenza. Se invece di “descrescita felice” avessero usato il termine “efficenza 110%” avrebbero avuto maggior fortuna nel promuovere i contenuti (mirevoli).
Una economia che vuole definirsi sostenibili non puo’ prescindere dal promuovere piste ciclabili e trasporto pubblico, riclico e fonti alternative (e non piu’ uranio nei motori, alla Flash Gordon), oltre a promuovere una economia della felicita’ non basata sul consumo per il consumo. A monte di tutto pero’, non puoi prescindere dall’idea di crescita per un futuro migliore. Qui la decrescita felice non ha saputo dare questa risposta, condannandosi al rifiuto da parte delle persone come fa notare Friedman.
anche a me l’economia del limite della Loretta Napoleoni sembra una sciocchezza. che vuol dire? e poi chi e’ Loretta Napoleoni? Non e’ neanche una economista, su wikipedia si dice esperta di terrorismo.
Credo che questa crisi debba contestualizzarsi e che la gente di partito debba iniziare a prendere le misure con il popolo. Ritornare da dove è venuta, informarsi, capire.
Ma visto che questo non accadrà, è bene che noi cittadini cominciamo a domandarsi come fare a cambiare, anche da soli, coem riuscire a imporre la nostra volontà.
Io dico che è necessario cominciare a cambiare la nostra cultura, cambiare noi stessi.
http://riciardengo.blogspot.com/2009/05/continuo-parlare-alla-nostra-tavola-ma.html
Sono parzialmente d’accordo con te Filippo. Mi sembra però che ci sia un equivoco di fondo quando si discute di crescita, e riguarda in sostanza la sua definizione: secondo me il concetto di crescita economica è ancora troppo legato all’idea di crescita del PIL, e questo a sua volta rimanda alla “produzione industriale [che] se ne frega della limitatezza delle risorse”.
Se si cambiasse prospettiva, allora si potrebbe arrivare ad una crescita sostenibile per un futuro migliore, come dici tu. Non parlerei però di mito sfigato – forse utopia o provocazione, ma è sicuramente un tema che va affrontato, anche e soprattutto alla luce della crisi attuale.
Giacomo
La Napoleoni è una economista per formazione e professione (è esperta di mercati finanziari); i suoi studi sul terrorismo riguardano prevalentemente l’economia del terrorismo (vedi il libro “I numeri del terrore”).
Detto questo, non è che solo gli economisti hanno diritto di parola.
A proposito di economia del limite, personalmente ritengo che sia una teoria molto sensata e che dovrebbe essere analizzata un poco di più: limitandosi alle fonti energetiche, per esempio, è ormai assodato che stiamo andando incontro ad un periodo di scarsità di fonti fossili (vedi i rapporti IEA) e non venire a termini con questo potrebbe comportare l’ingresso in una crisi ancora più profonda di quella attuale.
Giacomo
Giacomo, me lo sai dare un link per l’ “economia del limite”?
il concetto di crescita economica è ancora troppo legato all’idea di crescita del PIL, e questo a sua volta rimanda alla produzione industriale
GDP definition: The total market value of all final goods and services produced in a country in a given year.
Non solo produzione industriale ma servizi. A suo tempo scrissi questo, assieme all’ottimo Corrado Truffi: Distribuzione sociale del lavoro in chiave nuova, per promuovere il ridimensionamento della quantità di oggetti, di beni materiali, di consumi. Insegnare, formare, fare della cultura dell’immateriale il cuore del futuro e spostare la percezione della soddisfazione della propria soddisfazione dalla ricchezza materiale alla ricchezza relazionale, verso un’economia della felicità non necessariamente legata all’idea del consumo per il consumo.
Mah, guarda c’è un articoletto qui (http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=22821); in realtà avevo letto un articolo molto più esteso ma non ricordo se su Unità o su Internazionale e purtroppo non riesco a ritrovarlo.
Quando si arriva in un vicolo cieco è perchè si è commesso un errore nella scelta del percorso. Fare qualche passo indietro per ritrovare la strada che ci permetta di andare di nuovo avanti non lo considero affatto decrescita. Il senso sta tutto qui, fare un passo indietro, riflettere e cercare nuove soluzioni e quindi riprendere il cammino. Non ho ben chiaro se le possibili soluzioni al problema il PD le abbia ma le tiene nascoste o se non le ha affatto. Come ognuno di noi anch’io ho una mia opinione riguardo alla crisi e anche una possibile soluzione, di certo non piacerà ad Ivan, ma rivoluzionerebbe la vita su questo pianeta. Forse proprio di questo si tratta, una minoranza non vuole certo rinunciare ai privilegi di cui gode rispetto alla maggioranza, pertanto una rivoluzione che parta come sempre dal basso e che pian piano vada ad erodere i pilastri su cui si reggono questi privilegi riequilibrerebbe la nostra e le altre società producendo effetti impensabili. Liberandoci dal fardello degli “interessi semplici e composti” libereremmo il pianeta dalla schiavitù, creeremmo le basi per proteggere la terra che, ricordo a chi se ne fosse dimenticato, è di tutti come l’aria e l’acqua, dalla sua continua depauperazione, vivremmo così con il medesimo tenore di vita lavorando la metà e facendo sempre circolare la moneta evitando appunto che ristagni nei depositi con il solo scopo di produrre ulteriore ricchezza per pochi. Decrescita sarà anche un termine poco in linea con gli odierni dettami del marketing, ma è grazie allo stesso marketing se oggi viviamo questa crisi.
C’era un lungo articolo sull’Internazionale, pubblicato una-tre settimane dopo il crollo della borsa ad Ottobre.