I temi della vita e della morte, delle libertà individuali e dell’autodeterminazione delle persone continuano a segnare il nostro tempo in tutto il mondo. E’ di ieri la decisione della Camera dei Lords che ha dato ragione a Debbie Purdy, un’inglese malata di sclerosi multipla, che ha ottenuto che suo marito non sarà perseguito penalmente quando l’accompagnerà in Svizzera per sottoporsi al suicidio assisitito. La decisione è seguita ad un sondaggio del Times che la settimana scorsa ha misurato nel 74% la percentuale di cittadini britannici favorevoli al suicidio medicalmente assisitito.
Cerca nel blog
Ivan Scalfarotto
Sottosegretario di Stato al Ministero dell'Interno nel Governo Draghi. Deputato di Italia Viva. Mi occupo di democrazia, di diritti e libertà, di enti locali, impresa e affari internazionali.
Ho fondato Parks - Liberi e Uguali.
4 risposte a “Della vita e della morte”
Sarebbe lo stesso da noi. Ma qui si è ipocriti.
Personalmente penso che lo Stato non abbia nessun diritto sulla vita e la morte della persona e che quindi non possa lecitamente proibire e punire il suicidio, ma credo che il “tema” politico non sia entrare in diretti scontri ideologici su affermazioni di principio (l’individuo è padrone/non è padrone della propria vita…); mi accontenterei, come obbiettivo politico, di una buona legge sul testamento biologico che almeno APPLICASSE il fondamentale, inalienabile diritto della persona all’autodeterminazione ed a non essere OGGETTO nel proprio corpo, come nella propria mente, di trattamenti imposti dallo Stato, nel caso di incapacità di esprimere le proprie volontà, che è quello forse più spinoso.
L’ipocrisia piu’ grande è che nelle nostre cristianissime case di provincia una eutanasia dolce si è sempre praticata…
Una pietà silenziosa… fatta di un incrocio di sguardi fra medico e parenti… senza sovrastrutture.
E’ diventata una contro-battaglia ideologica! Contro ogni buon senso.
Contro ogni umanità.
Per quel che mi riguarda, il testamento biologico dovrebbe poter regolamentare il fine vita nel senso più largo, ovvero comprensivo di eutanasia. Ma viviamo in un Paese cattolico dove si DEVE soffrire per potersi guadagare il paradiso, motivo per cui anche la terapia del dolore – soprattutto per quei malati rispediti a casa dove “stanno meglio che in ospedale” – è ancora un miraggio; dove si DEVE partorire con dolore e buona parte dei ginecologi di dichiara “obiettore di coscienza” per quel che riguarda l’aborto (e fare in panettiere, no vero?); dove alle donne non si impone certo la lapidazione, ma se proprio vogliono abortire lo devono fare ricordandoselo bene… meglio se con un intervento chirurgico; dove ai preti che hanno generati figli si concede una “sanatoria”, facendo finta di credere che si siano pentiti e siano tornati castissimi; dove per la RU486 si mobilita il Papa e questo governo, con un premier che dichiara di non essere un santo, impone alle donne un test psicologico…
Eppure non siamo i primi ad utilizzarla, prima di noi c’è una fila di Stai degni di ogni rispetto:
1988 Francia, Cina
1991 Gran Bretagna
1992 Svezia
1999 Austria, Belgio, Danimarca, Finlandia, Germania, Grecia, ISRAELE, Lussemburgo, Olanda, Spagna, Svizzera
2000 Stati Uniti, Norvegia, Russia, Ucraina, Serbia e Montenegro
2001 Taiwan, Sudafrica, Tunisia
2002 Bielorussia, Lettonia, India, Azerbaijan, Georgia, Uzbekistan
2003 Estonia
2004 Moldavia, Guyana
2005 Albania, Ungheria, Mongolia
2006 Australia
2007 Portogallo, Armenia
2008 Romania
Perchè dunque, solo noi italiani, dobbiamo sottoporci alla sha’ria vaticana? Come ebrea, se proprio debbo scegliere, all’oscurantismo bigotto della Chiesa di Roma, preferirei le leggi dello Stato d’Israele!
Non dimentichiamo che compito del diritto e delle istituzioni – come bene ha detto un giorno il mio collega Valerio Pocar – “non è quello di condurre per mano i cittadini in paradiso, ma quello di garantire la pacifica convivenza tutelando i diritti e le libertà individuali; non è quello di pretendere che i cittadini siano virtuosi in ossequio a una certa virtù imposta, ma quello di pretendere che siano onesti”.
E’ chiedere troppo a un premier che sostiene di non “essere un santo” e cerca di guadagnarsi il paradiso con le indulgenze fatte pagare ai suoi “sudditi”?