Mentre su Milano calavano le prime ombre della sera e Formigoni si avviava con il suo potenziale quarto mandato a far concorrenza al presidente eterno Kim Il-sung, Ivan Berni su Repubblica di ieri si poneva tre o quattro interrogativi mica male che possiamo riassumere come segue: va bene che c’è il congresso del PD, ma dato che si vota a marzo non sarebbe il caso di cominciare a pensare a chi correrà contro il ras di Cielle? E non sarebbe il caso di pensare a uno, magari degnissimo, ma che non stia lì solo per farsi impallinare, come è successo agli ultimi tre candidati (Diego Masi, Mino Martinazzoli e Riccardo Sarfatti)? E non sarebbe anche il caso di candidare una persona che con la sua corsa ci dia un senso, se non proprio di futuro spinto, almeno di contemporaneità? Domande sensate, anche perché a perdere si può perdere in vari modi: si può dimostrare ancora una volta che della Lombardia e di Milano al centrosinistra nulla gli cale e che quest’angolo di Italia è dato per perso causa il solito e colpevole mix di fatalismo e di consociativismo che abbiamo imparato bene a conoscere negli ultimi quindici anni. Oppure si può provare, individuando il candidato giusto, a fare della regione che produce un quarto della ricchezza d’Italia un laboratorio per una classe dirigente coi fiocchi: moderna colta e di bell’aspetto, che ispiri freschezza e professionalità ad un tempo, radicata nel Partito e con un forte appeal nella società civile, a suo agio con l’ambiente e la tecnologia, ad un tempo profondamente lombarda e profondamente europea, una cosa che ci faccia pensare ad un Partito democratico vivo e scalciante. All’allarme di Berni, Lele Fiano e Vittorio Angiolini si sono immediatamente attivati, mentre il buon Maurizio Martina ha subito tirato il freno a mano invitando tutti a non farsi prendere dalla frenesia (e si è perso un’occasione, perché a lui e al partito che sonnacchiosamente ha gestito per due anni e che ha toccato i suoi minimi storici, vedendosi superato anche dalla Lega, un po’ di frenesia non farebbe male di certo). Peccato, perché la decisione si potrebbe prendere subito e bene. Di candidati così non sarà piena la regione, certo, ma se uno non li vede – chiariamo – è solo perché non li vuol proprio vedere.
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Ivan Scalfarotto
Sottosegretario di Stato al Ministero dell'Interno nel Governo Draghi. Deputato di Italia Viva. Mi occupo di democrazia, di diritti e libertà, di enti locali, impresa e affari internazionali.
Ho fondato Parks - Liberi e Uguali.