Il mio pezzo su L’Unità di oggi:
“Nella girandola di commenti e dichiarazioni seguiti alla sentenza della Corte Costituzionale, una cosa mi ha veramente colpito: che in Italia ormai si dia come per pacificamente scontata la cattiva fede, lo spegnimento delle coscienze individuali, la sparizione della dignità. Berlusconi ha attaccato la Corte, la stampa, i Presidenti della Repubblica, descrivendo uno stuolo di mere pedine schierate dalla sinistra nei gangli vitali dello Stato per impedire il realizzarsi delle splendide sorti del berlusconismo. Nessun sospetto che l’Italia sia popolata invece da persone indipendenti che rispondono innanzi tutto alla propria testa e al proprio cuore e non da soldatini ubbidienti al soldo di qualcuno.
I giudici della Corte Suprema americana sono nominati a vita dai Presidenti e tutti sanno che ci sono giudici progressisti, conservatori e ‘aghi della bilancia’. Tutto il sistema si tiene però perché tutti negli Stati Uniti si fidano non della neutralità, ma della buona fede dei giudici. È l’elemento essenziale per la sopravvivenza della democrazia: sapere che chiunque rivesta responsabilità istituzionali ha certo un’opinione politica, ma che questo non vuol dire che non eserciti le sue responsabilità mettendosi davanti alla propria coscienza e prendendo decisioni che, in buona fede, rappresentino il meglio per la propria comunità.
Il Paese che Berlusconi rappresenta con le sue dichiarazioni, invece, è un paese di servi. Gente che decide solo sulla base di meccanismi di appartenenza, tutti – direttori di giornali, giudici costituzionali, pubblici ministeri, presidenti della Repubblica – schierati a priori e venduti una volta e per sempre al potente che si sono scelti come riferimento e che, solo in virtù di quel vincolo di fedeltà, li ha nominati alle proprie responsabilità. Nessun dubbio ha Berlusconi che gli undici giudici costituzionali ‘di sinistra’ possano essersi accostati alla materia del contendere con animo pulito e cercando di prendere una decisione non in base alle proprie opinioni o alla propria appartenenza, ma cercando di fare leva sulla propria sapienza, sul proprio equilibrio, sulla propria professionalità, sulla propria missione di servitori dello Stato. Ma come avrebbe potuto, se lui per primo non ha esitato a mettere pubblicamente a rischio l’indipendenza di due dei quattro giudici ‘superstiti’ invitandoli a cena a casa sua? Questa è la cosa che mi pare più grave e che più mi fa avere pena per tutti noi. L’idea di un’Italia scodinzolante davanti alla ciotola vuota e alla mano del padrone unico che la riempie. È la dichiarata avvenuta estinzione della gente con la schiena dritta la ragione per la quale dovremmo collettivamente indossare il lutto, questa mattina.”
Una risposta a “La sparizione della dignità”
Davvero bello. Sottoscrivo il senso del tuo articolo e la tensione ideale che lo anima. A volte però ho l’amara impressione che questo sia davvero un paese di servi e, per giunta, contenti di esserlo. E’ questo, ahimé, l’humus del quale si nutre il populismo berlusconiano.