Seguire gli eventi di queste ore cercando di tenere un occhio sereno, provando a forzare le cose dentro lo schema delle cose che accadono nelle democrazie liberali è sostanzialmente impossibile. Si leggono i resoconti, si leggono i commenti, e la sensazione è quella che hai quando tiri fuori dalla sua confezione un cubo di Rubik e lo incasini per poter cominciare a giocarci: registri con un lievissimo senso di ansia che non lo vedrai mai più com’era prima. Davanti ai fatti di queste ore provi a leggere i giornali, a capire, ma una specie di piccola nausea ti impedisce anche di entrare nel dettaglio, se il decreto sia interpretativo oppure no, se Napolitano avesse dovuto firmarlo oppure no, se il governo potesse o meno pronunciarsi su questioni di competenza delle regioni, se, se, se, se… quella che resta è la sensazione di aver definitivamente varcato un punto di non ritorno. Chi esce vincente da questa vicenda è questa sciatteria da impunità acquisita che segna non solo un precedente orrendo dal punto di vista istituzionale ma è destinata a diventare una specie di chiave interpretativa di tutta la nostra vita nazionale. Le firme messe là così, a penna o a matita, timbro o non timbro ecchissenefrega, quello che se magna er panino mentre fa la fila, una cavalcata wagneriana di scempiaggini chiusa dall’unanime acuto finale: si è fatto un enorme pasticcio e ne usciremo mettendo in piedi un altro enorme pasticcio. Ecco, abbiamo formalmente trasformato l’Italia in una pasticceria. A pensarci su, l’unica cosa che mi viene in mente è la tristezza tragica di certi pagliacci del circo.
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Ivan Scalfarotto
Sottosegretario di Stato al Ministero dell'Interno nel Governo Draghi. Deputato di Italia Viva. Mi occupo di democrazia, di diritti e libertà, di enti locali, impresa e affari internazionali.
Ho fondato Parks - Liberi e Uguali.
Una risposta a “Requiem”
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