Ieri un’altra aggressione omofobica a Roma. Brutalmente mi chiedo se qui non si stia aspettando qualcosa di veramente grave per muoversi. E l’ho scritto nella mia agenzia di ieri.
“Davanti all’ennesima aggressione a Roma ai danni di un inerme cittadino colpevole soltanto di essere omosessuale mi chiedo cosa aspetti il parlamento italiano approvare urgentemente la legge che punisce i reati a sfondo omofobico”, ha dichiarato il vice presidente del partito democratico, Ivan Scalfarotto.
“La legge Concia è stata affossata perché la maggioranza ha ritenuto che proteggere cittadini indifesi dall’odio significasse attribuire loro più diritti che agli altri cittadini, e oggi siamo ancora una volta davanti ad un atto di violenza brutale su cui il massimo consesso elettivo del paese dovrebbe collettivamente porsi qualche domanda.” Ha proseguito Scalfarotto.
“La situazione si sta facendo veramente delicata e tenere nel cassetto un disegno di legge già pronto in queste circostanze è un’omissione di estrema gravità. Se le nostre classi dirigenti stanno aspettando che accada qualcosa di irreparabile per agire, se ne dovranno poi assumere la responsabilità davanti all’intero Paese. Chiedo ai presidenti dei gruppi parlamentari di trovare presto un accordo per fare in modo che la legge Concia sia immediatamente approvata dalla Camera dei Deputati”, ha concluso Scalfarotto.
7 risposte a “Cosa stiamo aspettando?”
Vergogna. Che vergogna.
Non servirebbe a molto una legge contro l’omofobia: per superare il pregiudizio c’è bisogno di una legislazione che accordi i diritti tuttora negati alle persone glbt. Smetteremo di apparire una “categoria” marginale, possibili bersagli per menti in avaria, solo quando lo Stato stesso smetterà di discriminarci legalmente disconoscendo il diritto ad amare se non secondo lo “stile” della maggioranza. In Italia probabilmente è controproducente usare il termine “matrimonio”, piuttosto deprimente anche il tentativo a ribasso dei Dico (nove anni di convivenza!); meglio puntare ad una proposta sullo stile dei Pacs e, se presentata da uno schieramento trasversale, credo possa avere maggiori probabilità di successo. Solo questo passo modificherebbe in pochi anni la percezione di “anormalità” che ancora aleggia sulle persone ad orientamento sessuale “minoritario”. …e che si faccia presto!
Claudio, anchese so che alcuni possono non essere d’accordo, ma sulla storia della parola “matrimonio” ti raggiungo, l’essenziale deve essere puntare ad una parità di diritti vera e propria, quale che sia il nome che gli si dia. D’altra parte a pensarci bene anchi i francesi hanno intrapreso quella strada. Loro, che vivono in un paese Laico per davvero.
Così dopo aver approvato i PACS, si è deciso di estenderne i diritti mano a mano. Progressivamente sistematicamente. Fino ad arrivare di fatto ad una equiparazione dei diritti del matrimonio. Considera che i PACS francesi, approvvati dai socialisti, neanche prevedevano la reversibilità della pensione.
Sono d’accordo con te, Filippo: parità assoluta di diritti. Ho voluto evidenziare l’inopportunità della definizione di questo progetto con il termine “matrimonio” perché anche le singole parole nella comunicazione pesano ed è facile notare espressioni di disappunto in cittadini poco informati anche se in linea di massima d’accordo su una estensione dei diritti. Non a caso, i detrattori di questo progetto intendono dileggiarlo con la definizione “matrimoni di serie B”, sanno che può funzionare a livello comunicativo e che torna utile alla perpetuazione della discriminazione.
Alla fine mi sembra appropriato il termine semplice di “unioni civili”, ma soprattutto dobbiamo premere perché questo progetto diventi concreto il prima possibile, al di là della definizione.
Serve anche una reazione violenta da parte della comunità GLBT romana. Sull’esempio di ciò che fecero i giovani ebrei all’indomani delle ennesime svastiche sui negozi di viale Libia. Serve una Stonewall romana contro i covi dei fascisti di Colle Oppio, eventualmente da fare con l’aiuto proprio dei giovani ebrei.
Claudio, aggiungo, e ti assicuro che non è una speculazione, che in Spagna in caso di ritorno dei conservatori, non è da escludere che al “matrimonio” fra coppia omosessuale si attribuisca lo stesso nome. Tornare indietro non torneranno indietro, non oseranno tanto. Sanno che starebbero dalla parte del torto. Ma se Madre Chiesa bussera alla loro porta, un cambio di nome non è da escludere in assoluto.
Poi ripeto il caso francese ci deve essere da esempio: se neanche nella patria della “Laïcité” hanno osato tanto, qualcosa vorrá dire. No? Dobbiamo convincere la gente e per convincerla dobbiamo essere pragmatici ed efficaci (il che non vuol die puntare a quegli striminziti DICO). Il nome non deve essere la prioritá assoluta, quello che deve importarci davvero è il contenuto.
L’accenno alla futura definizione dell’auspicata legge sulle “unioni civili” non voleva certo essere il fulcro del mio intervento, Filippo, mi era venuto in mente conoscendo il peso maggiorato del Vaticano in Italia (qui non c’è solo la Chiesa) rispetto ad altri Stati a maggioranza cattolica. Sul contenuto siamo completamente d’accordo.
Ribadisco che piuttosto perferirei ritrovare tutto il calore che leggo in questi giorni intorno alla legge sull’omofobia (tentativo di intervento sugli effetti)riversato a favore di una iniziativa forte sui diritti (la cui mancanza genera discriminazione, la causa). Mi chiedo se e chi stia tessendo la tela di accordi per una legge in Parlamento che questa volta dovrà essere, a mio avviso, trasversale: i Dico sono falliti anche perché presentati come proposta di parte pregiudizialmente osteggiata dall’opposizione, anche, quindi, dalle persone più aperte su questi temi.
Il problema è che neanche se ne parla più di questo progetto e, francamente, una legge sull’omofobia cambierà ben poco se contemporaneamente la società continuerà a mandare un messaggio di elargita tolleranza a favore dei gay, purché “chiusi in casa a fare le loro porcherie”. Forse, però, anche noi “elettori” dovremmo essere più organizzati e pressanti, uscire dalle sabbie mobili della rassegnazione e fare sentire alta la nostra voce!