Il mio pezzo per “Il Post”.
La proposta del PD, approvata dall’Assemblea nazionale la scorsa settimana, di dare uno “shock generazionale” all’università anticipando la data di pensionamento obbligatorio dai 72 ai 65 anni ha sollevato un vespaio di polemiche, a dimostrazione che il ricambio generazionale è molto più facile a dirsi che a farsi. Devo dire subito che, non foss’altro che per esserne vittima, in linea di massima detesto le generalizzazioni e gli stereotipi, e trovo che tutte le discriminazioni siano odiose, incluse quelle basate sull’età. Se potessi scegliere il paese dove vivere, me ne andrei in un posto dove ciascuno viene valutato secondo le sue capacità e dove ogni posto di lavoro viene assegnato a chi lo merita di più, che sia uomo o donna, bianco o nero, giovane o vecchio. L’assenza di discriminazioni, infatti, è possibile soltanto in un mondo rigidamente meritocratico, dove a ciascuno vengono attribuite responsabilità soltanto sulla base del proprio valore individuale e dove nessuno viene aprioristicamente considerato idoneo o non idoneo ad ottenere un lavoro, esercitare un diritto o svolgere una funzione sulla base delle caratteristiche che il senso comune gli attribuisce in quanto appartenente a una categoria. Un mondo senza stereotipi, dove non è vero che le donne sono tutte sensibili e gli uomini tutti competitivi, gli svizzeri tutti precisi e gli spagnoli tutti appassionati, gli anziani tutti equilibrati e maturi e i giovani… beh, i giovani loro-sì-che-ci-sanno-fare-col-computer.
Ma l’Italia non è questo posto: è un posto dove i giovani, più di tutti, sono aprioristicamente discriminati ed esclusi. Basti pensare a quanti lavoratori oggi sotto i trentacinque anni hanno la realistica attesa di una pensione o possono acquistare una macchina a rate senza farsi firmare una fidejussione dei genitori. O basti pensare che a 45 anni gente come Maria Chiara Carrozza, la presidente del Forum del PD sull’Università (una “nuova leva”, secondo la definizione di Mario Pirani), figli grandi e una brillante carriera alle spalle, deve lottare per quello che io chiamo scherzosamente il “diritto alla mezz’età”, che poi è semplicemente il diritto al rispetto che si deve a chi in ogni parte del mondo sarebbe considerato nel pieno della maturità, magari in grado di formare e guidare un governo come accade a Londra, a Washington o a Madrid.
L’Italia, e non solo la sua università, ha disperatamente bisogno di uno shock generazionale. Che non vuol dire “rottamare” gli anziani, al contrario. L’esperienza è una risorsa rara e preziosa che può essere utilizzata in mille modi o maniere. Ma un paese che si rispetti ha il dovere di investire sul proprio futuro e di consentire un fisiologico ricambio nell’esercizio delle responsabilità. Ciascuno è figlio del proprio tempo: se sei cresciuto e ti sei formato quando le mogli erano assoggettate ai mariti per legge, puoi decidere di elaborare il concetto della parità dei generi o puoi decidere di farne a meno e tenerti i tuoi punti di riferimento. Il rischio che si corre avendo un premier di 74 anni è che capiti di essere governati da uno che quello sforzo possa aver ben deciso di non farlo, e si vede qual è il ruolo delle donne in questo paese: quest’anno siamo al 72° posto nel Gender Gap Index del World Economic Forum, saldamente dopo il Botswana (39°) e l’Uzbekistan (58°). Complimenti.
Per lo stesso motivo non è pensabile che il sapere in questo paese sia trasmesso quasi esclusivamente da persone che si sono formate prima dell’invenzione della telescrivente. Andare in pensione a 65 anni è un destino normale per ogni lavoratore (establishment a parte, si intende) e comunque, se vivessimo in un sistema davvero basato sul merito individuale, non sarebbe difficile identificare quei talenti straordinari che a 65 anni meritassero di restare in servizio per continuare a servire didattica e ricerca: Rita Levi Montalcini esempio tra tutti. In un sistema sano e che tiene in qualche modo in conto il proprio futuro si dovrebbe poter fare affidamento su un contratto a tempo indeterminato a 30 anni e, eventualmente, godere di un contratto di consulenza a 70: l’Italia è il luogo dove accade incredibilmente il contrario. Bisogna invertire questa tendenza, non c’è altra scelta.
9 risposte a “Perché ci serve uno shock generazionale”
[…] Perché ci serve uno shock generazionale Un mondo senza stereotipi, dove non è vero che le donne sono tutte sensibili e gli uomini tutti competitivi, gli svizzeri tutti precisi e gli spagnoli tutti appassionati, gli anziani tutti equilibrati e maturi e i giovani… beh, i giovani loro-sì-che-ci-sanno-fare-col-computer. […] Il rischio che si corre avendo un premier di 74 anni è che capiti di essere governati da uno che quello sforzo possa aver ben deciso di non farlo, e si vede qual è il ruolo delle donne in questo paese: quest’anno siamo al 72° posto nel Gender Gap Index del World Economic Forum, saldamente dopo il Botswana (39°) e l’Uzbekistan (58°). Complimenti. (tags: Generazione Giovani Lavoro WEF) […]
Aggiungo che i contratti di consulenza e le altre forme contrattuali di precariato devono essere economicamente NON convenienti per le aziende. Io posso essere assunto a progetto, ma devono pagarmi un’ira di dio per quel progetto, fino a 5 o 6 volte quello che costerei con un contratto regolare non precario. Solo in questo modo si spingono le aziende a passare dai contratti flessibili a quelli a tempo indeterminato oppure a 10 anni. Sennò, le aziende assumeranno sempre solo in modo flessibile e quando si raggiungono, per esempio, i 36 mesi di contrattazione precaria, le aziende poi passano ad assumere un nuovo lavoratore precario, anziché assumere a tempo indeterminato quello che ha lavorato per 36 mesi da precario.
La proposta è più che condivisibile. E come da altri rilevato, se chi ha superato i 65 anni è ancora utile al mondo universitario, specialmente per quanto concerne la ricerca, lo si può trattenere con contratti di consulenza. Ma questa deve essere l’eccezione non la regola.
Caro Scalfarotto,
Nell’umilissimo intento di approfondire le tue considerazioni e di farne qualcuna aggiuntiva vorrei, con il tuo gentile permesso, lasciare il seguente commento:
“Largo a giovani” lo dicevano in modo un po’ arrogantello anche i Fascisti di “Giovinezza, Giovinezza, primavera di bellezza”.
Bisogna stare attenti a come si sfoltiscono i ranghi per lasciare spazio alle nuove leve.
Mi unisco al vespaio di polemiche sollevato dalla proposta del PD di dare uno “shock generazionale” all’università anticipando la data di pensionamento obbligatorio dai 72 ai 65 anni.
Non mi sembra infatti ci sia coerenza tra il dichiararsi contro le generalizzazioni e gli stereotipi, trovando “odiose” tutte le discriminazioni, incluse quelle basate sull’età, e poi legiferare in modo cosi discriminatorio verso chi, a 65 anni, specialmente al giorno d’oggi, puo’ ancora essere un individuo nel pieno possesso delle sue facolta’ fisiche e mentali e puo’ avere una gran voglia di sentirsi ancora attivo e produttivo senza bisogno che lo Stato intervenga e decida di collocarlo a contribuire altrove: se proprio insiste a volerlo fare; altrimenti: “tante grazie e buona sera”.
E poi chi sarebbe incaricato di decidere la “nuova collocazione” degli Anziani che si presumono affetti dalla S.D.P.I.L.P (Sindrome di Dementia Progressiva con Incidenza nel Livello di Produttivita’) e ai quali si dovrebbe applicare lo “shock” per favorire il ricambio generazionale? Forse un Gran Consiglio di Giovani investiti dei “Diritti della Mezza Eta’”?
Non credi che nascerebbe qualche… “conflitto d’interessi”?
C’e’ qualcosa di molto “comunista” nella proposta del PD: puzza di “piani quinquennali”, di invadenza statale nelle vite individuali: puzza di Russia, di Cina, di Cuba. Dove le programmazioni e gli esperimenti di ingegneria sociale hanno fatto solo danno.
Ad operare ad alti livelli accademici e professionali non arrivano gli imbecilli: ci arrivano testoline responsabili ed equilibrate che sanno distinguere fra parassitismo, “imbecillismo” ed efficientismo.
Un professore universitario, uno scienziato, un ricercatore, un politologo, un astronomo, un fisico nucleare, un cardio-chirurgo etc, sanno benissimo quando e’ il momento di rendere vacante la loro posizione. Se non ci arrivano da soli glielo dicono i loro giovani collaboratori o i familiari che gli fanno notare lo stato di progressiva “dementia senile” di cui parlavo sopra.
E se qualche furbetto dell’Universita’ occupa alte posizioni facendo il parassita, rubando lo stipendio, soffocando il merito e favorendo il nepotismo (fenomeno diffusissimo soprattutto al Sud dove i posti di lavoro, a qualunque livello, sono anche posizioni di potere che tengono aperta la piaga delle raccomandazioni) allora si legifera e si opera per correggere quella distorsione, non per discriminare in modo generalizzante sulla base dell’eta’ invocando come scusa l’ineludibile e inevitabile necessita’ del ricambio generazionale.
Lo sanno tutti in Italia chi sono i baroni parassiti e nepotisti; e tutti conoscono le Universita’ che se li coccolano.
Il marcio e’ li’: e li’ si deve legiferare ed operare senza fare di ogni erba un fascio applicando “shocks” autoritari e discriminatori.
Trovo inoltre estremamente provinciale e generalizzante la tua affermazione che “l’Italia è un posto dove i giovani, più di tutti, sono aprioristicamente discriminati ed esclusi”.
In Europa ci sono 25 milioni di disoccupati; in America ce ne sono dieci milioni. Non mi risulta che siano tutti vecchietti in eta’ pre-pensionabile. Il mercato del lavoro e’ in crisi da tempo e non sembra che a Londra, a Washington e a Madrid, dove, come tu un po’ ingenuamente sostieni, “governano i giovani”, abbiano trovato soluzioni migliori di quelle dove governano i 74enni rincoioniti che sono nati prima della telescrivente. Anzi: sembra invece che i baldi giovanotti (i socialisti della nuova frontiera: i tuoi socialisti!), che a Londra e a Madrid avrebbero dovuto guidare, in quanto giovani e baldanzosi, i loro paesi verso il progresso e la prosperita’, li abbiano invece ridotti in mutande facendogli rischiare di fare la fine della Grecia.
Insomma: trovo il tuo post fragilino nel tema e nelle argomentazioni.
Vorrei, con il tuo permesso, aggiungere un piccolo commento relativo alle statistiche elaborate dal World Economic Forum relativamente al Gender Gap Index di 134 paesi del mondo. Un indice che colloca l’Italia al 72esimo posto e che ti solletica a fare una inutile e pretestuosa ironia sul livello di “sviluppo” del nostro paese. Le statistiche vanno lette, interpretate e presentate in modo corretto.
Lo scopo del World Economic forum e’ riassunto molto bene dalla sua direttrice: Saadia Zahidi. Ecco le sue parole:
“Women and girls make up one half of the human resources available to the world and it will be imperative that they are educated, empowered and integrated for a rapid economic recovery”
Si parla di education, empowerment, integration!
Quattro sono i criteri sui quali si basa la statistica:
1. Economic participation and opportunity : cioe’ outcomes on salaries, participation levels and access to high-skilled employment
2. Educational attainment: cioe’ outcomes on access to basic and higher level education
3. Political empowerment: cioe’ outcomes on representation in decision-making structures
4. Health and survival: cioe’ outcomes on life expectancy and sex ratio.
Un punto importantissimo nell’interpretazione della statistica e’ il seguente:
“The report assesses countries on how well they are dividing their resources and opportunities among male and female populations, REGARDLESS OF THE OVERALL LEVELS OF THESE RESOURCES AND OPPORTUNITIES.
Se ne evince che se in Italia centinaia di migliaia di donne intelligenti e di eccellente educazione accademica non accedono alle risorse disponibili e preferiscono fare le mamme, cosa socialmente utilissima perche’ permette di allevare generazioni assai meno “scompensate” ed assai piu’ “bilanciate” di altre nazioni del primo mondo, le statistiche relative al grado di coinvolgimento femminile nel mondo economico e nelle carriere di alto livello devono mostrare per forza segni “negativi”; ma solo a chi, come te, li legge con gli occhi sbagliati.
E cosi dicasi per quanto riguarda il grado di accesso alla politica e al concorso nelle decisioni di indirizzo politico perche’, a mio avviso giustamente, le donne italiane pensano che la politica sia una cosa pallosissima e lasciano che siano gli uomini a rompersi la zucca. Questo non esclude che alle donne che si avventurano in quella tediosissima carriera le porte siano apertissime. Insieme alle risorse. Forse alle donne piace fare politica da dietro le quinte. E la storia insegna quanto riescano ad essere influenti.
E’ molto significativo, da questo punto di vista, che le statistiche del World Economic Forum collochino il Giappone (paese del primissimo mondo) al 101esimo posto: peggio del Bangladesh (93), dello Zimbawe (95), dell’Albania (91), del Ghana (80) e dell Madagascar (77).
Interessante inoltre e’ la posizione occupata dalla Turchia, quella nazione che dopo essersi occupata di Armeni e di Curdi ha deciso di dedicarsi “anema e core” alla causa palestinese: occupa il 129esimo posto, vicino all’Arabia Saudita, quella nazione dove le donne per guidare la macchina devono esibire il permesso scritto del marito/padrone.
Interesanti sono anche le posizioni occupate da Sud Africa (quella nazione dove l’Aids tocca la percentuale del 40% perche’ i maschietti scopacchiano le prostitute senza preservativo e poi tornano a casa e infettano la moglie) che occupa il 6 posto. Il Sesto! Con le Filippine al nono e il Lesotho al decimo.
E lo Sri Lanka batte addirittura Spagna e Francia: rispettivamente al 16, 17 e 18esimo posto.
Maluccio direi gli Stati Uniti d’America che occupano un miserabile 31esimo posto: peggio di Cuba che occupa il 29esimo. (Bravo Fidel!)
Insomma, a seconda del grado di partecipazione femminile alla politica e alla economia l’Italia farebbe una figura di cacca perfino nei confronti, per esempio, del Bangladesh che e’ messo appena appena un po’ peggio di noi.
Le statistiche dunque bisogna sempre prenderle con le pinzette e un pizzichino di granum salis.
Messo qualche puntino sulle “i” , mi piacerebbe chiedere (ironicamente, of course!) a quelli del World Economic Forum se la posizione dell’Italia riflette l’Italia berlusconiana: quella, cioe’, inflazionata di veline. In altre parole: come si conciliano i dati relativi all’Italia con l'”Italia delle veline”? Cioe’ con le milioni di ragazzine sceme, analfabeti e rimbecillite dalle tivvu’ (indovina di chi) che aspirano a fare le “carfagne” e che, in cambio di sostanziosi contratti, mostrano il c..o e le tette alla Citta’ e al Mondo? Non e’ forse questa “economic participation”? Dove li mettiamo gli indici di ascolto e gli incassi pubblicitari? Non c’e’ solo Santoro a far fare profitti stratosferici in quest’Italia imbavagliata dal fascismo! E le D’Addario e le ragazze del Palazzo, quelle che a migliaia e migliaia secondo le statistiche di Repubblichella 2000, a mille euro a botta, rallegrano le notti dei nostri corrottissimi governanti, partecipano o no all’economia nazionale?
Che ne sarebbe dell’economia pugliese senza le migliaia di mamme graziose e prosperose che con zelo stakanovistico partecipano in modo assai produttivo all’economia nazionale parcheggiando i pargoletti a casa della nonna e salendo stoicamente sui jet privati dei Sultani per trascorrere sacrificatissimi Week End sulla Costa Smeralda?
Insomma: questi “fattori economico-statistici” sono inclusi in quelle elaborazioni statistiche?
Mi sono preso la briga di controllare: non sono inclusi: adesso capisco! Eh Eh Eh Eh Eh Eh Eh
Chiudo in modo serio e compassato ringraziando Scalfarotto per la consueta squisita ospitalita’ e ricordando ai miei gentili lettori che il mio amico Gastaldi mi dedica alcune riflessioni nel suo blog. Eccole:
“Poi per fortuna ho infettato il blog dell’amico Ivan Scalfarotto, con lo strollonzò! Lo trovavo disgustoso, nella sua sicumera tremontesca-belpetriana, sempre pronto all’insulto e alla denigrazione del prossimo, specie del padrone di casa, il più delle volte senza genuinamente capirci una fava di quel che s’era detto noi altri. Limitazione cerebrale in stato avanzato, con mancanza di cultura ed educazione…”
Pero’ io continuo a non trovare educato, come fece il Gastaldi, intitolare un post alla ministra Carfagna in questo modo:
“CARFAGNA B……RA”,
facendo riferimento a bassissime insinuazioni non supportate da alcuna prova se non il pettegolezzo e l’invidia, e rievocando stereotipi orribili riguardo l’antico “mestiere” delle donne.
Mi sembra poco educato e assai poco progressista.
Beppe Strollonzo’.
[…] ci serve uno shock generazionale http://www.ivanscalfarotto.it/?p=5620 "In un sistema sano e che tiene in qualche modo in conto il proprio futuro si dovrebbe poter […]
Caro Strollonzò, penso in genere molto male di color che hanno in disprezzo il proprio nome e cognome al punto tale da pontificare in rete dietro a uno (o più) pseudonimi. Dopodiché notificherei a lei e al mio amico Sciltian che le vostre tenzoni d’ora in poi ve le fate sul blog di Anellidifumo…
Gentilissimo Scalfarotto,
Ma io un nome e cognome ce l’ho: Eccolo:
Mi chiamo Gustavo Ulivi.
Il mio email e’
gulivi09@yahoo.it
Ma ormai nella blogosfera mi conoscono per il Trollonzone: “Trollonzo'” come mi ha soprannominato AnellidiFumo. A me il soprannome piace. Chiunque volesse insultarmi puo’ farlo direttamente al mio indirizzo email.
Ho scritto per molto tempo sul blog di anellidifumo quando gli faceva comodo arrivare al milione di clicks. Gli ho portato clicks e popolarita’. Tutti si sintonizzavano sul suo blog per sentire cosa aveva da dire il trollonzo’. Tra l’altro ero goliardicamente colorito, assai divertente e molto, molto contro-corrente. Nel senso del conformismo di sinistra.
Gelosissimo, Anelli di Fumo comincio’ ad irritarsi e con la scusa dell’antifascismo mi censuro’.
Adesso, senza il mi contributo, il povero Gastaldi ha una media di due visite al giorno: gente che gli dice, con tenerezza: sono daccordo con te. E se ne va.
Caro Scalfarotto,
Io fascista non sono. E mi sembra di contribuire al tuo forum in modo polemico, ma costruttivo. E’ giusto sentire altre campane. E poi io conosco molto bene l’Inghilterra e posso sempre offrire uno “spaccato” di questo bizzarro paese.
L’unico appunto che muovo ad Anelli di Fumo e’ che non doveva intitolare quel blog in quell’orrendo modo: “Carfagna B……Ra”.
Ah, no: ce n’e’ un altro: vuole che gli anglo-americo-canadesi invadano l’Italia per riportare la democrazia. Intanto fa il partigiano in esilio volontario.
Ma io, caro Ulivi (mi perdoni, ma trovo il suo nome alquanto evocativo) non le ho mai dato del fascista. Chiedo solo minimi requisiti di buona educazione come farei a casa mia. Per il resto faccia pure: ecco, magari se ha da parlarsi con Anelli lo chiami direttamente…
Sono d’accordo, anche se occorre considerare chi, come me, da ricercatore ormai disperato punta tutto per diventare associato sulla protezione di un ordinario anziano.
Andato in pensione lui, gli altri ordinari mi sbraneranno e mi faranno passare avanti ragazzetti compiacenti.
Insomma, pensionamento sì, ma per chi ora vince nuovi posti da ordinario. Oppure, introduzione del concorsone nazionale e di altre misure di controllo meritocratico – magari non solo la quantità di pagine, come avviene ora, ma anche il prestigio delle riviste su cui sono pubblicate dovrebbe contare!