È venuta a trovarmi un’amica americana e ho passato trentasei ore facendo il turista a Milano. Non una grande esperienza, devo dire. Si può decidere per esempio di andare alla pinacoteca di Brera, un posto dove si possono ammirare Raffaello, Piero della Francesca, Caravaggio, Pellizza da Volpedo, Mantegna, e dove peraltro c’è in questo momento una bellissima mostra di opere di Burri e Fontana che si alternano alle opere dei grandi maestri del passato. Ecco: il museo è triste, grigio, vecchio, non t’invita a restare. In ogni sala si trovano delle schede che illustrano i quadri, tutte esclusivamente scritte in italiano. La libreria, che dovrebbe vendere anche il merchandising, sembra arrivare direttamente dagli anni 50. Anche a volerci spendere pervicacemente dei soldi, non si sa proprio come fare. Avete presente il Louvre, la Tate, il Reina Sofia o il Metropolitan? Ecco, sfortunatamente Brera non ha proprio nulla a che vedere. E infatti nel museo non c’era praticamente nessuno. Ho passato quindici minuti seduto davanti alla Cena in Emmaus come fosse il televisore di casa mia. Indimenticabile esperienza, per carità, ma non esattamente una buona notizia per la città. Ho portato la mia amica a mangiare fuori tre volte, due cene e un pranzo: tre ristoranti noti a Milano, niente di lussuoso ma posti dove si va a mangiare aspettandosi di star bene. Ho vissuto tre anni a Mosca (non proprio la meta numero uno del turista) e non ho mai trovato un ristorante che non avesse un menù scritto in inglese. Uno dirà: e grazie, sennò il russo chi lo capisce? Già, e l’italiano? A Milano non c’è verso di avere un menù comprensibile per chi venga da fuori: il che vuol dire, in assenza di amici italiani pronti a tradurre, o sedersi a tavola, chiudere gli occhi e puntare col dito su un piatto a caso o sperare che eventuali riminiscenze di altre lingue neolatine possano giungere in soccorso. Insomma, io credo che l’esperienza per il turista che voglia visitare la mia città sia non dico respingente, ma insomma nemmeno invitante. Dalle piccole cose risulta evidente che nessuno ci mette nemmeno la minima intenzione, si vede proprio che il turista straniero non è contemplato come un’eventualità. La gente va (e torna) dove si sente benvenuta: chissà se il Ministro Brambilla e il Sindaco Moratti ne hanno almeno una vaga idea.
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Ivan Scalfarotto
Sottosegretario di Stato al Ministero dell'Interno nel Governo Draghi. Deputato di Italia Viva. Mi occupo di democrazia, di diritti e libertà, di enti locali, impresa e affari internazionali.
Ho fondato Parks - Liberi e Uguali.
5 risposte a “Benvenuti a Milano”
In sintesi, Milano soffre dell’incapacità di mettersi nei panni degli altri e di comprendere il punto di vista dello straniero che arriva in città. E’ il residuo della mentalità “paesana” dell’italiano medio: tutto si impara per passaparola, se non ti sai muovere è perché vieni da fuori o non hai le conoscenze giuste. Il bello è che quando segnali la cosa, neanche capiscono. Una volta ho osservato al responsabile del punto vendita che è fuorviante chiamare “Duomo” un negozio Telepass situato NON in piazza del Duomo ma in via Larga (circa 500 metri dal Duomo) perché chi non conosce Milano fa fatica a trovarlo. Mi ha risposto “no, no, lo trovano benissimo: certi giorni ci sono certe file, qui!”.
Un’inflessibile vocazione al provincialismo pervade il paese da nord a sud. L’invecchiamento della popolazione, il suo impoverimento, lo strapotere di istituzioni venerande ma retrive per vocazione (in primis la Chiesa cattolica) completano il quadro.
Osservazioni perfette.
Anche io ho sempre trovato deprimente il fatto che in una citta’ come Milano i ristoranti non abbiano menu’ bilingui e tante attrazioni turistiche non abbiamo schede in almeno tre lingue.
Parlando di musei, qualche anno fa ho visitato a Milano il museo nazionale della scienza e della tecnologia Leonardo da Vinci e ricordo che mi ero molto avvilito mentre lo giravo. Di bilingue niente o quasi niente e tutti gli ambienti di aspetto vecchio e decadente con tante schede scritte a macchina chissa’ quando su cartellini di carta ormai ingialliti. Non so se sia cambiato qualcosa negli ultimissimi anni. Temo che non sia cambiato moltissimo.
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C’è da dire che chi va a fare il turista a Milano, avendo a disposizione nei dintorni città come Mantova, Venezia, Genova, Bologna, Torino, Monaco, Nizza, Siena, Ferrara, Ravenna, Verona e Roma, proprio bene non deve stare 😉