Molti molti anni fa, pochi mesi dopo che ero stato assunto in Comit, mi mandarono alla Filiale di Viareggio dove passavo il tempo a fare bonifici davanti a un terminale. Facevo parte delle “truppe scelte” della banca, un gruppo di nuovi assunti di alto potenziale che venivano spediti in giro per l’Italia a imparare il mestiere. Naturalmente avevamo tutti un po’ la puzza sotto al naso, io compreso, e il fatto di essere adibiti a compiti di mero ordine a centinaia di chilometri da casa sembrava a me e ai miei colleghi abbastanza inspiegabile. Ne parlai un giorno con mio padre che mi disse allora una frase che non ho mai dimenticato: “Guarda, figlio mio, che si può rendere un servizio alla Patria anche facendo la guardia a un bidone dell’immondizia”.
In questi giorni sto leggendo la straordinaria vita di Carlo Azeglio Ciampi nell’intervista che ha rilasciato ad Arrigo Levi (“Da Livorno al Quirinale – Storia di un italiano”, Il Mulino) e sono particolarmente ispirato dalle vicende di questa generazione meravigliosa. Lo stesso senso della mia italianità, sofferente dalle ammaccature cui la generazione dei Veltroni e dei D’Alema ci costringe quotidianamente, ne sta traendo evidente giovamento.
E così, leggendo, sono arrivato ad un passo che mi ha ricordato la vicenda della Patria e del bidone, raccontata magistralmente dal Presidente Ciampi. Eccola qui:
“Posso dire che per inclinazione naturale mi sono sempre sentito pronto a cogliere l’occasione che in un certo momento mi si offriva, senza attendere l’occasione d’oro; quella che credi possa cambiarti la vita. Seguendo questa ‘filosofia’ ho fatto lavori anche molto modesti, convinto che, anche se modesto, un lavoro ben fatto ti permette di distinguerti e poi di ottenere incarichi più impegnativi. Mi è accaduto ovunque, dall’esercito alla Banca d’Italia. Ad esempio, non disdegnai, in Banca d’Italia, pur avendo già due lauree, di essere assegnato alla Filiale di Livorno a tenere il protocollo e a curare la sistemazione dei documenti dell’archivio. Allora si faceva la gavetta. Ma il lavoro anche più modesto, se fatto con intelligenza, risulta di grande utilità. A Livorno l’incarico di protocollare tutte le lettere in arrivo e poi di ricopiare sul copialettere tutte quelle in partenza mi fu utilissimo. Non facevo meccanicamente questi lavori, mi leggevo tutta la corrispondenza della filiale, cosicché ero l’unico a conoscere l’attività della filiale per intero. Anche se ti assegnano un compito modesto, sta a te renderlo importante.”
11 risposte a “La Patria e il bidone”
Bello lo slogan. Solo che dovresti sapere che è uno slogan fascista.
Non male come sorgente di ispirazione.
Mio padre è nato nel ’36, caro Bizzarri. Ed è lui che mi ispira. Stia bene.
Spiacente. Quella è un motto tipico dell’educazione della gioventù fascista.
Che lei non lo sappia è un suo problema. Comunque, provi a citare pubblicamente questa frase; ci sarà da divertirsi.
Spiacente di che? Bizzarri, è una frase di mio padre e di quresto volevo parlare: nessun problema a citarla in pubblico. Da dove l’abbia presa mio padre questa frase, non mi cale. O crede che mi arresteranno per incauto acquisto di frase?
Bellissimo post.
Belle le parole di Ivan, quelle del papa’ di Ivan e anche quelle del grandissimo Ciampi.
Se pensa di prendere voti nel centro sinistra riciclando motti fascisti, le faccio i miei migliori auguri.
Per sua cultura:
http://www.staraldo.com/secondaguerramondiale/decaloghi-fascisti.htm
Ok, Bizzarri, grazie per gli auguri.
Comunque è abbastanza grave che il vice Presidente del PD non sappia che quello è un famoso motto fascista.
Andiamo bene.
Legga di più e scriva di meno.
Grazie.
Vedo che anche qui abbondano i membri del gruppo di facebook “sosteniamo la polemica sterile”. Mi viene da dire che quando il saggio indica il cielo solo lo stolto guarda il dito, non ne conosco la paternità, ma credo di aver espresso lo stesso la mia idea, nevvero?
Scusate, ma allora basta che una frase la dica una persona di opinioni discutibili che si perde il diritto di citarla o di apprezzarne l’eventuale validità?
E’ vero, è una frase che gronda della retorica del patriottismo che (fortunatamente) non è più di moda, ma la ‘reductio ad Hitlerum’ non mi sembra mai un argomento convincente.
Meno male che “speriamo che domani ci sia il sole” non l’ha detto per primo Hitler, sennò eravamo costretti ad augurarci pioggia tutti i giorni