Mi ricordo bene il giorno che uscii di casa a Mosca e scoprii che la banca di fronte aveva cambiato le insegne e si chiamava da quel giorno “Yunicredit bank” (in russo hanno una lettera apposita per il suono “yu”). Io, che stavo andando a lavorare per la mia banca americana, in cuor mio gonfiai un po’ le mie penne da italiano e pensai che in questa economia globale qualcuno teneva alto il nome del nostro paese: che era poi quello che nel mio minuscolo provavo a fare anche io – e, individualmente, i tanti italiani che si fanno onore nel mondo – lavorando così lontano da casa. Ecco, oggi qualcuno dovrebbe spiegare agli impiegati di quella filiale di Bolshoya Gruzinskaya Ulitsa a Mosca per quale motivo la loro azienda è entrata in una turbolenza che l’ha decapitata e chiedere loro, prima ancora di chiederlo ai mercati e agli investitori internazionali, se ancora si sente tranquillo e orgoglioso di lavorare per gli italiani.
Cerca nel blog
Ivan Scalfarotto
Sottosegretario di Stato al Ministero dell'Interno nel Governo Draghi. Deputato di Italia Viva. Mi occupo di democrazia, di diritti e libertà, di enti locali, impresa e affari internazionali.
Ho fondato Parks - Liberi e Uguali.
2 risposte a “Il buon nome del paese”
Essere orgogliosi di essere italiani oggi è come dire che i lividi ce li si sia procurati cadendo dalle scale (fuggendo dal marito manesco ma che ‘ti picchia perchè ti ama troppo’)
Sottoscrivo Kerberos.