A proposito di Firenze dei “rottamatori” e della questione dei mandati parlamentari. Lo Statuto del PD, all’articolo 22, comma 2, recita: “Non è ricandidabile da parte del Partito Democratico per la carica di componente del Parlamento nazionale ed europeo chi ha ricoperto detta carica per la durata di tre mandati.”
Nel Partito si sta profilando, sinora mi par di capire solo ufficiosamente, una questione interpretativa: se per “mandato” si debba intendere una legislatura di qualunque durata o se invece lo Statuto non volesse indicare un “mandato pieno”, cioè 5 anni in carica per poter così compensare le legislature più brevi. In questo caso, si tratterebbe dunque non di tre mandati ma di quindici anni di mandato parlamentare.
Tenuta in conto la cronologia delle ultime quattro legislature:
XIII Legislatura – inizio: 9 maggio 1996, fine: 8 marzo 2001
XIV Legislatura – inizio: 30 maggio 2001, fine: 11 febbraio 2006
XV Legislatura – inizio: 28 aprile 2006, fine: 6 febbraio 2008
XVI Legislatura – inizio: 29 aprile 2008
se questa interpretazione dovesse prevalere, in un’eventuale tornata elettorale nella primavera del 2011 non sarebbero ricandidabili coloro che aspirano non al quarto ma al quinto mandato. infatti coloro che sono stati eletti ininterrottamente dalla XIII legislatura compiranno 15 anni nell’incarico nel maggio del 2011 e non sarebbero dunque più rieleggibili, salvo deroghe.
Dalla ricostruzione del blog Metilparaben, se ne desume che questa interpretazione “salverebbe”, tra gli altri, deputati e senatori quali Bersani, Chiti, Gentiloni, D’Antoni, Franceschini, Latorre, Letta, Meta, Migliavacca, Pinotti, Pollastrini, Realacci, la mia collega vicepresidente Marina Sereni, Roberto Zaccaria e Sergio Zavoli.
Non sarebbero invece “risparmiati”, salvo deroghe, parlamentari ora al quarto mandato quali Bianco, Fioroni, Follini, Garavaglia, Parisi e Treu.
Bindi, Castagnetti, Fassino, Melandri, Morando, Soro, Marini, Veltroni, Serafini, D’Alema, Finocchiaro, Turco sono invece tutti almeno alla quinta legislatura e quindi, qualsiasi interpretazione passi non sarebbero a norma di Statuto rieleggibili, salvo ovviamente deroghe sulle quali a questo punto ci sarà una notevole discussione. Prevalesse l’interpretazione del “mandato pieno”, che legittimerebbe l’elezione del segretario senza deroghe, credo avrebbe assolutamente senso non approvare eccezione alcuna.
Una risposta a “La regola dei tre mandati”
Ma infatti se è tutta un’eccezione, le regole che le facciamo a fare. Il PD in questo sembra lo specchio delll’Italia, si fa la regola e subito dopo si trova l’inganno.
O si fanno regole vere che poi si applicano, od altrimenti lasciamo stare (questa prese in giro nei confornti degli elettori).