Il mio post per “Il Post”
Davvero non si può sopportare che il governo si appresti a strumentalizzare vergognosamente l’anniversario della morte di Eluana Englaro per celebrare d’ora innanzi, il 9 febbraio, la “giornata degli stati vegetativi”.
Ho sentito venerdì scorso un’intera puntata della trasmissione radiofonica di Barbara Palombelli su Radio 2 in cui, con Paola Binetti presente in studio e una serie di ospiti telefonici di organizzazioni cosiddette “pro-life”, si cercava di dimostrare che Fazio e Saviano avrebbero dovuto ospitare voci cattoliche nella puntata di stasera di “Vieni via con me”. Tutto uno spiegarci che l’amore deve prevalere su tutto, come se Mina Welby o Beppino Englaro si fossero voluti liberare di Piergiorgio ed Eluana perché non ne potevano più, come se li avessero buttati nel cassonetto dell’immondizia. Neanche per un momento si è considerato che la libertà di non restare attaccati per un tempo indefinito a strumenti di ultima tecnologia (altro che “la natura faccia il suo corso”) sia semplicemente una scelta di libertà, di dignità, di umanità: la possibilità di amare e affermare la propria umana debolezza.
Nella lettera con la quale ha commentato l’istituzione della giornata ad “Avvenire”, la Sottosegretaria Eugenia Roccella annota:
“Piergiorgio Welby scriveva, con immediata efficacia, che «vita è la donna che ti ama, il vento tra i capelli, il sole sul viso, la passeggiata notturna con un amico». Persone come De Nigris, Fogar, Taliento, e tanti altri, se potessero avere voce pubblica, racconterebbero che no, la vita per loro non è soltanto questo: vita è anche un battito di ciglia che ha significato solo per chi lo sa intendere, è l’amore di chi ti accudisce, la voce e le mani delle persone care, la speranza che i gesti di cura trasmettano, in modo misterioso, calore e affetto al malato che sembra separato dal mondo.”
La cosa che davvero mi indigna è che si tenta di non far capire che, ove non bastasse la lettera dell’articolo 32 della Costituzione che sancisce che nessuno può essere obbligato a subire un trattamento sanitario, nessuno nemmeno sognerebbe di impedire a chi crede sia bene così di restare attaccato a una macchina e al proprio letto di dolore per tutto il tempo ritenuto necessario. Il problema è che chi governa questo paese vuole non soltanto avere la sacrosanta libertà di comportarsi secondo la propria coscienza ma anche imporre a tutti le proprie scelte e la propria visione. Questo evidentemente sul presupposto che quello che pensano la Professoressa Binetti, la Sottosegretaria Roccella e la Signora Palombelli sia intrinsecamente e universalmente giusto e quindi vada applicato a tutti, anche chi non è d’accordo, per legge.
Questa pretesa superiorità morale delle proprie posizioni è assolutamente insopportabile ed è comunque semplicemente incompatibile con la natura democratica di uno Stato voler legiferare sulla quella base. Perché la descrizione della vita di Welby e di Fogar, in un paese democratico, dovrebbero sempre vedersi riconosciuta la medesima dignità e la stessa possibilità di essere espresse. Questo è il punto che, nella sua ormai proverbiale cattiva fede, il sottosegretario Roccella, con le sue leggi liberticide e le sue subdole giornate commemorative, finge di non vedere.
Una risposta a “La morale imposta per legge”
E dunque, l’unica cosa da fare è, per i parlamentari italiani non fascio-clericali, offrirsi di praticare loro la cessazione delle cure, dal momento che i parlamentari sono le uniche persone che in Italia non vanno praticamente mai in galera. Sbaglio? Ma esistono parlamentari che siano disposti a sfidare la prepotenza dei cattolicisti (cioè i cattolici che vogliono imporre per legge la propria condotta a tutti)?