Il mio pezzo per L’Unità, oggi.
Sapete cosa non mi torna davvero nella vicenda Fiat? Che lavoratori e imprenditore si comportano come fossero portatori di interessi totalmente indipendenti e contrapposti e nessuno sembra accorgersi che tutti gli attori coinvolti sono saldamente a bordo della medesima barca. Così Marchionne cerca di implementare migliorie organizzative anche a costo di mettere a pesante rischio il clima interno all’azienda. I lavoratori, dall’altro lato, esigono diritti e garanzie senza curarsi particolarmente di come e con quali risorse questi saranno finanziati e sostenuti. Che piaccia o no, l’unico modo per le imprese di finanziare i diritti e il benessere dei lavoratori è quello di produrre ricchezza per l’impresa. D’altro canto ciò che è chiaro a tutte le aziende globali è che l’unico modo per produrre utili è quello di poter contare su una strategia di sviluppo che, tra i vari fattori di successo, conti su una forza lavoro motivata e partecipe.
Il punto è che l’Italia in questo momento è un paese dov’è difficile davvero investire e produrre. Qui mancano le infrastrutture, la criminalità organizzata la fa da padrona, la burocrazia strangola. Ma a parte le questioni generali, vero è anche che valutare un investimento da fare in Italia è un terno al lotto anche in termini di gestione del personale e delle relazioni sindacali. Non sapere se un accordo firmato sia vincolante o carta straccia è veramente un problema. Io penso che fintanto che le relazioni industriali di questo paese non cambieranno e fino a quando si avrà l’impressione che il conflitto e la contrapposizione siano l’unica ragion d’essere del sindacato, non se ne uscirà.
E’ fondamentale che le aziende comincino a lavorare in un’ottica di sviluppo (e non di spremitura) del proprio capitale umano, è necessario che i lavoratori comincino in qualche modo a “fare il tifo” per la propria azienda. Uno degli svantaggi di un mercato del lavoro così rigido come il nostro – dove, a chi ha la fortuna di entrarci, la mobilità fa paura e se può sceglie di cambiare il meno possibile – è che solo a livello medio-alto i lavoratori scelgono consapevolmente per chi lavorare. Il che vuol dire che le aziende non competono per il talento come altrove e non sono incoraggiate a diventare posti dove lavorare è desiderabile. In molti paesi si sono sperimentate ipotesi di partecipazione alla vita dell’azienda (fino alla partecipazione al capitale, incoraggiando e facilitando l’acquisto di azioni da parte dei dipendenti) che in Italia hanno sempre trovato il sospetto o la contrarietà delle organizzazioni sindacali e che invece all’estero hanno creato un incentivo ad indentificare il successo aziendale con il proprio, con evidente vantaggio sia per i lavoratori che per l’impresa.
11 risposte a “La Fiat e l’antica logica del muro”
Il problema, come dici tu, caro Ivan è che questi quindici anni di “era Berlusconiana” hanno creato un muro e sparso odio e quindi prevalgono i conservatorismi sui contenuti e la normale idea del dialogo tra parti contrapposte x trovare soluzioni vincenti.
Speriamo ,soprattutto per i giovani, di superare al più presto questo clima mandando a casa il principale artefice di questa catastrofe
Caro Ivan,
la tua nota è ragionevole, ma IMHO non si pone un paio di domande più che fondate. La prima: cosa sarebbe successo se sul tavolo non ci fosse stata l’imposizione di rinunciare a diritti costituzionali (quello di sciopero) e di aggregazione? (E questi diritti sono lì; non sono “benefits”). La seconda: Siamo proprio sicuri che il nostro mercato del lavoro sia poi così “garantista” per chi è inquadrato a livelli bassi, con l’incubo di trovarsi licenziato a 55 anni, con famiglia, magari a carico, e senza prospettive? (Non ci sono solo i precari 30nni in giro) La terza: siamo così sicuri che nel sindacato, FIOM inclusa, si sia oggi così ottusi da non vedere che forme di controllo e/o partecipazione siano così, non trovo la parola, “reazionarie”? La quarta: siamo sicuri che le aziende in Italia (e negli USA, come riporta bene Democracy NOW) siano veramente disposte ad accettare forme di partecipazione e/o controllo da partre dei lavoratori?
E siamo sicuri che forme siffatte non si scontrino con gli “imperativi” trimestrali del “mercato” dove un AD di un’azienda che non può crescere come Facebook può (o deve?!?) decidere di tenere i dividendi alti con compressioni di spesa ed “aumenti” di produttività? (I am not talking about FIAT).
In buona parte dei discorsi che ho visto in giro, queste domande non sono affrontate in modo analitico. Ma, e questo è purtroppo il sentore che si evince, è che in tutti i discorsi sia “de rigueur” iniziare con un “la colpa è dei sindacati”. Possiamo cominciare a cambiare i termini del discorso? Oppure aveva ragione la Thatcher (e non Stiglitz) e possiamo andare tutti a suicidarci?
A presto
Marco Antoniotti
Ma il contratto lo rende carta straccia la FIOM (come? esercitando i diritti costituzionali come lo sciopero? non mi risulta che nessun contratto possa ledere un diritto costituzionale) oppure lo rende carta straccia la FIAT, rifiutando il contratto unitario firmato nel 2008 e non pagando il premio di produzione? Eh, si, gli improduttivi operai italiani avevano diritto al premio di produzione…
[…] This post was mentioned on Twitter by Ivan Scalfarotto. Ivan Scalfarotto said: "La Fiat e l'antica logica del muro". Il mio pezzo per L'Unità, oggi. http://ping.fm/ECvsD […]
Noto con intimo sollazzo che molti “post-comunisti” sono ancora fermi a Luciano Lama, quell’intelligentone delle “variabili indipendenti”.
Si devono essere dimenticati che 20 anni fa e’ caduto il Muro?
Ma una spolveratina alle vecchie patetiche idee gliela vogliamo dare o andiamo avanti come sempre a prendere laceranti sodomizzazioni elettorali?
La tua analisi è condivisibile ma aggiungerei, se pur in modo semplice un concetto. Se la crisi, la globalizzazione impogono dei cambiamenti anche rispetto a diritti “non più certi”, ciò deve valere a tutti i livelli o sbaglio? Operai ed Impiegati devono stringere la cinghia perchè da li si riparte essendo il gran numero dei lavoratori? ok! Ma vogliamo dire che almeno per principio sarebbe utile chiedere che anche manager di vario livello debbano rinunciare a qualcosa…o no? Non si può dire questa cosa perchè se no si è comunisti?? Dobbiamo dirlo ad alta voce che se il mercato può dare stipendi e benefit da nababbi a pochi deve però esserci un limite o almeno un legame con l’andamento reale di quella azienda. Qui mi pare che Marchionne e quel tipo di manager si alzino benefiti e stipendi quando le cose vanno bene ma non si tagliano nulla quando si va meno bene…
Caro Francesco,
Tu sei un post-comunista fermo ai tempi di Togliatti-Grad.
“Non sapere se un accordo firmato sia vincolante o carta straccia è veramente un problema.” E’ proprio vero,mi piacerebbe sapere cosa ne pensa Scalfarotto del contratto nazionale dei metalmeccanici che Confindustria insieme a Cisl e Uil ha stracciato prima del suo termine termporale per approvarne un altro. Qui chi è che che ha mandato per aria un accordo già firmato, la Fiom?
“l’unico modo per produrre utili è quello di poter contare su una strategia di sviluppo che, tra i vari fattori di successo, conti su una forza lavoro motivata e partecipe.”
Verissimo, occorre pace sindacale per poter avere buoni risultati dalla forza lavoro, ma nel caso di Mirafiori la pace sindacale la si ottiene escludendo aprioristicamente il maggior sindacato e non pagando i primi giorni di malattia ai lavoratori in barba alla Costituzione? Si vis pacem para bellum? L’unico modo per poter aumentare la produttività è non pagare le malattie? La cosa davvero comica è che a Pomigliano si diceva che questo era uno strumento per poter limitare il fenomeno delle malattie in occasione delle partite del Napoli… Forse anche a Mirafiori gli operari sono tutti napoletani rubastipendio appassionati di calcio?
Mi piacerebbe sapere infine da Scalfarotto cosa farebbe domattina se fosse lui il nostro Ministro dell’Industria, sottolineare che impresa e lavoratori sono sulla stessa barca (che in Italia compete con lo yacht di chi campa di rendita, qualunque sia la rendita), però io vorrei capire un po’ più in profondità il pensiero e le azioni (perlomeno potenziali) del Vicepresidente del PD appartenente a quella ‘corrente’ che sosteneva Marino alle primarie del PD, che ha avuto anche il mio voto e il mio sostegno, pur non essendo del PD.
@ Antonio P.
Lei dovrebbe lavorare sotto i Cinesi. Poi vedra’ come glieli pagano, i Cinesi, i primi giorni di malattia!
I post-comunisti italiani e i loro simpatizzanti dovrebbero andare a vedere i contratti di lavoro dei metalmeccanici nella Cina post-comunista, quella che conquista il mondo con i metodi del proto-capitalismo vittoriano.
L’Occidente ha bisogno di presbiti, non di miopi. Il sindacalismo rosso non solo e’ miope, ma e’ anche cieco, orbo e privo della vista.
Reazionari!
Ludovica, la ringrazio della sua risposta, non potevo avere migliore conferma per i miei grossolani (lo ammetto) sospetti.
Buone cose.
C’e’ gente che non solo ha grossolani sospetti, ma anche grossolane idee.
Idee “sessantottine”.