Tornato a casa da Dallas, sono atterrato proprio mentre Renzi faceva le sue conclusioni. Sulla Leopolda e sull’ottobre che – dall’Aquila, a Bologna, a Firenze – ha visto la seconda linea del PD alzare la testa, tornerò appena posso. Sarà utile però cominciare da un esempio concreto: mentre si discute di riforma del mercato del lavoro, spinti dalla BCE e dall’Europa (nonché da un governo di incompetenti in mala fede che non sanno più che pesci prendere), Pietro Ichino rilancia alla grande.
Volete fare la riforma del mercato del lavoro? Bene, signori del governo: riprendete il mio disegno di legge di un paio di anni fa, firmato da più di 50 senatori del PD, e fatelo vostro. “…Un codice del lavoro semplificato, composto di una settantina di articoli molto chiari e facilmente traducibili in inglese, suscettibili di applicarsi a tutta l’area del lavoro sostanzialmente dipendente. Così si supera il dualismo fra protetti e non protetti nel mercato del lavoro. L’idea è che, in partenza, questo nuovo ‘diritto del lavoro unico’, per la parte relativa ai licenziamenti, si applichi soltanto ai rapporti di lavoro nuovi, che si costituiscono da qui in avanti. La nuova disciplina si può sintetizzare così: tutti a tempo indeterminato (tranne, ovviamente, i casi classici di contratto a termine, per punte stagionali, sostituzioni temporanee, ecc.), a tutti le protezioni essenziali, in particolare contro le discriminazioni, ma nessuno inamovibile. E a chi perde il posto una garanzia robusta di assistenza intensiva nella ricerca della nuova occupazione, di continuità del reddito e di investimento sulla sua professionalità. Quello che l’impresa risparmierà in termini di tempestività dell’aggiustamento degli organici basta e avanza per coprire il costo di una assistenza alla danese nel mercato del lavoro.” Insomma, dice Ichino: qui c’è una legge moderna, garantista, organica ed europea. Votiamola insieme e facciamo finalmente una bella riforma bipartisan. Una di quelle mosse che ha dato un minimo di possibilità alla Spagna di uscire dalle secche, convincendo i mercati che le sue classi dirigenti hanno finalmente capito in quale disastro si siano cacciate e hanno deciso di fare sul serio. Che mossa geniale, uno dirà.
E invece no, perché subito risuona tonante il “niet” di Stefano Fassina, architetto delle linee economiche del PD, che senza mezzi termini ritorna sulla sua ricetta: tassare ulteriormente il lavoro precario. “E’ incredibile che in un tornante storico segnato da una pesante caduta della domanda aggregata, da una capacità produttiva inutilizzata pari a circa il 50% e da una drammatica emorragia di lavoro per padri e figli si insista, in nome di un’ideologia fallita e di interessi materiali miopi, sulla ulteriore facilitazione dei licenziamenti come via per la crescita. L’effetto reale che si avrebbe sarebbe un’ulteriore precarizzazione del lavoro, l’ulteriore indebolimento delle organizzazioni sindacali e del potere negoziale dei lavoratori, l’ulteriore compressione delle retribuzioni, l’ulteriore aumento delle disuguaglianze di reddito, ricchezza e opportunità e l’ulteriore recessione e aumento del debito pubblico.”
Linguaggio a parte, la ricetta di Fassina pare soprattutto avere il risultato brillante, come giustamente ha fatto notare Marco Simoni su “Il Post”,di ridurre ulteriormente il netto in busta paga dei poveri precari lasciandoli nella medesima situazione in cui si trovano. Stefano Fassina pare insomma vivere negli anni ’70, e si immagina non abbia mai incontrato un precario in vita sua per porre al medesimo la fatale domanda se sia meglio avere un contratto vero o non averlo, nell’attesa del medianico articolo 18 che le giovani generazioni non hanno mai visto nemmeno col cannocchiale e che non impedisce a moltitudini di giovani italiani di emigrare dove l’articolo 18 non c’è ma il lavoro c’è e ha ancora una sua dignità.
Fassina è nato nel 1966: come si vede il problema del rinnovamento non si riferisce alla questione anagrafica (e l’appeal di Renzi non è solo una questione mediatica, chi lo sottovalutasse farebbe un grave errore).
7 risposte a “Fassina vs Ichino. Il rinnovamento non è una questione anagrafica.”
Insomma c’è un gruppo all’interno del PD che per differenziarsene abbraccia mortalmente le peggiori teorie liberiste, reazionarie economiche e sociali degli ultimi 60 anni. Tutti questi intendimenti vengono solo adombrati e nessuno di loro, nemmeno uno, ha il coraggio di dirlo. Se lo fanno dire da altri. Se gli chiedi una cosa qualsiasi balbettano. Si vergognano. E soprattutto odiano tutti gli altri per il buco nero in cui si sono cacciati. Come nel racconto di Kafka di colpo, da rivoluzionari si sono risvegliati scarafaggi.
[…] qui Ivan Scalfarotto: “..le giovani generazioni non hanno mai visto nemmeno col cannocchiale e […]
mi fa tenerezza chi continua ad attaccarsi al concetto del posto di lavoro a vita. è un’aberrazione economica, e lo era anche 60 anni fa solo che non se ne rendevano conto perché non c’erano i problemi di oggi.
non le conosco nel dettaglio le proposte di Ichino e dei 50 ma mi sembrano condivisibili.
Antonio, 25 anni, laureando
Ivan scusami ma non capisco. Stefano Fassina è del 1966 e ha un CV. Matteo Renzi è del 1975 e un CV non sa neanche che cosa sia. Renzi ripropone idee vecchie ma non solo ripropone soprattutto un modo molto vecchio di far politica. Soprattutto come può chi come te che un Cv lo ha inviato pensare che il nuovo sia una persona che un Cv non lo ha mai probabilmente neanche fatto non solo spedito. La politica è servizio non è mestiere. Renzi è del 1975 ma è tanto vecchio, troppo vecchio soprattutto per chi come noi vuole un partito che guardi al futuro e ai tanti giovani che un CV lo hanno e quotidianamente sono alla ricerca di un lavoro.
Salve Monni,
le dispiacerebbe spiegarmi perchè le idee di Renzi sono vecchie; mi basterebbe capire almeno a quale “modo molto vecchio di far politica” si riferisce quando parla di lui.
Da ultimo provo a dare il mio apporto alla conversazione: è vero che Renzi non ha mai inviato un CV in vita sua, visto anche che l’azienda ce l’ha di famiglia; ma siamo così sicuri che questo possa essere un ostacolo?? Di sicuro parlando di futuro e di giovani che quotidianamente inviano decine di CV, fà molto meno paura Renzi che un Franceschini od un Bersani od una Rosi Bindi che forse un CV non sanno manco cosa sia.
Di certo un contributo Renzi lo sta già dando: e cioè scompaginare quel modo molto fariseo di essere di sinistra finalizzato ad evitare di perdere quei privilegi ricevuti “gratis et amore dei”, ed additando come reazionario e “di destra” ogni cosa che possa smuovere la melma sino al collo in cui la generazione dei “post 1970” è immersa.
Saluti
Non ho capito il titolo: Fassina vs Ichino, oppure Fassina vs GOVERNO, come titola l’agenzia a cui rimanda il link? Vicepresidente, perché non posti con un minimo di onestà culturale? I grandissimi problemi sono qui ed oggi, che senso ha ritornare a decontestualizzare D’Alema? Andiamo oltre, please
Intanto grazie per la risposta. Provo a rispondere in maniera sintetica. Ci provo. Idee vecchie. Vecchie perché altro non sono, che la riproposizione mascherata di teorie e ricette che non hanno anni ma secoli. Sono assolutamente legittime ci mancherebbe e anche piuttosto di moda, perché poi le teorie vanno e vengono e a volte quelle vecchie si mascherano da nuove” ripeteva spesso Federico Caffè. Idee che oltretutto a mio modesto avviso non sono di sinistra nonostante quello che Renzi ostinatamente continua a ripetere. Se poi il PD debba essere di sinistra questa è chiaramente un’altra questione e il post purtroppo non basta a risolverla. Nel merito. Perché contrapporre giovani vecchi è a mio avviso insensato e sbagliato oltre che pericoloso. Perché il sindacato pur con molti problemi non è quello descritto da Renzi ma un movimento di persone e idee patrimonio da difendere. e ne avrei altre da dire ma rischio di fare un trattato non un post. Perché è un modo di far politica vecchio? Perché anche in questo caso dietro ad un rinnovamento apparente ci si ritrova un “vecchio” politico con il percorso “classico” che da quando aveva i calzoni corti fa sempre e soltanto quello. Il CV Renzi non lo ha mai inviato non perché aveva la sua impresa di famiglia (magari fosse quello il motivo) ma perché a 24 anni aveva già la sua poltroncina popolare da segretario provinciale in coda dietro al politico di turno. Cose note queste no leggende metropolitane. SE a confrontarsi con il mondo del lavoro non ci ha mai pensato, però ora ha ricette buone per tutti e essere flessibili (precari?) è buono e giusto sempre che lo siano gli altri. In questo la differenza con Fassina è pazzesca che piaccia o meno Fassina un suo percorso lo ha e pure un CV. Renzi non ha smosso e non smuoverà mai nulla perché quelli con la sua storia non sono mai per il cambiamento ma al massimo per il la sostituzione di altri con loro stessi. Forse riuscirà forse no, di certo Renzi non rappresenterà mai quelli come me che il PD lo vorrebbero semplicente socialdemocratico come gli altri partiti del PSE. Niente più niente meno. Grazie ancora per lo spazio. Con stima.