A leggere Repubblica oggi pare che il governo si stia orientando per la soluzione Boeri-Garibaldi: tre anni di contratto di ingresso senza articolo 18, e dunque con un risarcimento al posto della reintegrazione nel posto di lavoro in caso di illegittimo licenziamento per ragioni “economiche”, poi salto nel contratto a tempo indeterminato vecchio stile.
Quello che mi piace di questa soluzione è il disboscamento dei mille contratti precari che ci sono oggi. Finalmente potremo dare a chi entra nel mercato del lavoro un contratto “vero”, questo sempre che siano previsti dei criteri per inserire nel contratto di ingresso anche quei lavori autonomi che operano in una situazione di sostanziale monocommitenza.
Quello che invece continuo a pensare renda la proposta Boeri-Garibaldi molto meno soddisfacente della proposta Ichino è questa barriera del terzo anno, che minaccia di essere una specie di ghigliottina. Quale sarà la sorte delle persone che perderanno il lavoro allo scoccare del terzo anno? Bisognerà comprendere che tipo di meccanismi di ricerca di un nuovo lavoro, di formazione e di protezione economica saranno previsti.
Un altro punto di riflessione: il nuovo meccanismo che andrà a regolare (finalmente!) l’eccesso di flessibilità in entrata sarà sufficiente a compensare l’eccesso di rigidità in uscita previste da nostro diritto del lavoro? Non dimentichiamo che quello di cui abbiamo bisogno è di più investimenti dall’estero per creare più lavoro. L’esigenza espressa correttamente dal Senatore Ichino di un diritto del lavoro più semplice e più comprensibile per gli stranieri (Ichino dice giustamente “che sia traducibile in inglese”) resta sul tavolo.
Una risposta a “Il contratto di ingresso secondo Fornero”
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