A commento della sentenza della Cassazione sul matrimonio gay, non voglio parlare di gay. Voglio parlare dell’Italia. Delle cose che scriviamo, di quelle che diciamo. Basti guardare le cose medievali che oggi due europarlamentari del PD (Silvia Costa e Patrizia Toia), scrivono su Europa. Robaccia che in Europa, appunto, troverebbe a stento spazio su qualche foglio clandestino dell’estrema destra. Sollecitato su Twitter il direttore, Stefano Menichini, uno che mi piace molto e che stimo molto, mi ha risposto: “Le due sono del PD, che faccio: le censuro?”
Ieri, venendo a Londra, mi sono invece ritrovato in mano una copia dell’International Herald Tribune (l’edizione internazionale del New York Times). A pagina 7, tra i commenti, un articolo dal titolo “Wheelchair guys are all alike” (la gente in sedia a rotelle è tutta uguale). Un pezzo bellissimo scritto da una persona, appunto, in sedia a rotelle che dà un’eccellente prospettiva sul mondo visto da lì – e su come il mondo ti guardi, quando sei lì. Ho scoperto, per esempio, che se sei in sedia a rotelle è possibile che molti ti scambino per Stephen Hawking. E che se cammini con tua moglie a fianco tutti pensino che sia tua sorella. Certamente non tua moglie. Leggevo e sfidavo i miei pregiudizi. Leggevo e imparavo. A pagina 7.
Poi sono arrivato a pagina 16. Nelle pagine di sport, un bell’articolone in ricordo di quando la squadra di basket dell’università di Harvard si rifiutò, era il 1956, di partecipare a un torneo a New Orleans perché là era vietato far giocare squadre che schierassero insieme giocatori bianchi e di colore. Nel 1956 la squadra di Harvard di fatto non aveva giocatori neri ma, per i tre anni precedenti, invece ne aveva avuto uno che si era laureato l’anno prima: si chiamava Bob Bowman. Saputo del divieto, l’intera squadra e l’università decisero di non andare a giocare in Luisiana, annunciando che “Harvard alone must decide on the eligibility of its students to compete” (solo l’università può decidere chi dei suoi studenti possa o non possa giocare nella squadra).
Ho chiuso il giornale all’atterraggio e ho pensato che il problema non sta solo in parlamento e nelle aule di giustizia. Il problema è che il senso del rispetto e dell’uguaglianza vera in Italia è una materia che ancora oggi ha pochissimi studenti, e tutti alle prese con i fondamentali. Quanta possibilità avrei avuto di leggere (e di educarmi con) quei due articoli su Repubblica, il Corriere o su Europa? E quanta invece di leggere, com’è successo oggi, che il matrimonio alle persone gay e lesbiche provocherebbe “una mutazione antropologica e un indebolimento della costruzione dell’identità sessuale di bambini e bambine”?
Una mutazione antropologica. Tipo la kryptonite. Le vogliamo censurare, la Toia e la Costa? Che volete che vi dica.
16 risposte a “Di paesi e di giornali, un post dedicato a Stefano Menichini”
>Che volete che vi dica.
Non so, magari che porrai la questione all’interno del partito di cui sei vicepresidente, ma in maniera seria, magari arrivando alle dimissioni?
E’ ora di battere i pugni sul tavolo, Ivan. Se non capiscono neanche questa vuol veramente dire che sono impermeabili. Per usare un eufenismo,
Proprio non la capisco questa cosa che gli altri fanno cose sbagliate e mi devo dimettere io…
Censura? Dare una linea editoriale a un giornale non e’ censurare, e’ permettere o meno che talune idee trovino spazio sul proprio foglio: una cosa e’ la sacrosanta e inviolabile liberta’ di pensiero e stampa, altro e’ avallare certe idee pubblicandole. Perche’ allora non dare spazio a idee ancora più estreme? Troveremo un articolo amche di Borghezio in nome del pluralismo delle idee?
Perché mi sembra che le cose siano solo peggiorate rispetto a sette anni fa, tralasciando il crollo in confronto all’inizio anni novanta.
Se all’interno di un partito si riescono a fare dichiarazioni come quelle di Costa e Toia senza che i vertici dicano mezza parola, forse è arrivato il momento di capire come la pensa davvero il partito.
E nel caso appunto andarsene, visto che non solo non ci si muove, ma si retrocede.
Quelle che andrebbero dimesse forzatamente sarebbero la Costa e la Toia, giusto per ricordar loro che, nemmeno fino a troppo tempo fa, era considerato innaturale che due donne potessero lavorare (in politica, poi!) e scrivere su un giornale.
Non è che ti devi dimettere tu, ma dovrebbe essere il presidente ad espellerle in quanto … Oh, dimenticavo che il presidente è Rosy … Lascia stare, non hai speranza!
Appunto, il PD dovrebbe perlomeno dire che quelle sono opinioni personali in contrasto con la linea del partito.
Oppure che sono espressione autentica della linea del partito. A questo punto che ci fa Scalfarotto, in quel partito? Ancora in cerca di mulini a vento?
non devi dimetterti tu ma le due antiquate vanno espulse, ricordando loro che fino a 60 anni fa era “naturale” che una donna non votasse, che non avesse una propria autonomia economica ed intellettuale e che stesse a casa a sfornare figli a più non posso…
Scusi, ma un vicepresidente partito cosa è?
Un nome di pura rappresentanza che suggerisce “guardate come siamo riformisti, il nostro presidente è omosessuale”? O lei ha il potere di dare qualche direzione al PD?
Perché allo stato attuale l’unica cosa chiara a tutti è che lei è vicepresidente di un partito che vuole i voti dei gay senza dargli in cambio nulla.
Con le conseguenze del caso: dimettersi e formare un’altra coalizione.
Quindi: o le due troglodite non condividono la linea del PD, o lei è vicepresidente di un partito che non le darà mai niente.
Per coerenza, dovrebbe dimettersi.
Quindi uno che ha una linea di minoranza in un partito si dimette. Immagino che l’esimio Biondi avrà fatto una telefonata a Hillary Clinton per invitarla a dimettersi. Guarda te la politica come è cambiata! Ai miei tempi la politica uno la faceva per far diventare maggioranza le proprie idee di minoranza. Ma devo essere un romantico, ormai la gente ragiona come Marco Biondi: o sei maggioranza o ti fai un bel partito “ad personam” dove sei maggioranza.
Caro Biondi, io non ho alcun potere di dare alcuna direzione. Quello spetta al segretario e alla sua segreteria. La presidenza è un organo di garanzia, non dà indicazioni politiche. Detto ciò, non è che i componenti della presidenza non abbiano titolo per far politica, che consiste appunto, come dice bene Massimo Z qui sopra, nel cercare di trasformare le proprie idee da minoranza a idee di maggioranza. Cosa che intendo continuare a fare finché ne avrò le forze.
Forse dipende dal tipo di dissenso che si ha con la maggioranza… A me pare che ci siano poche speranze di cambiamento, visto che le cose stanno solo peggiorando.
Guardi, il PD dovrebbe chiedere compattamente la legge contro l’omofobia, una regolamentazione seria delle unioni civili, e le adozioni, punto.
Il paravento delle “molte anime del PD” mostra il passo, già da molti anni.
E non si tratta, ovviamente, di partiti ad personam (ma che sciocchezza). Però è legittimo chiederglielo: se la sua posizione è di minoranza nel PD, il PD è il partito giusto per lei? Ne è sicuro?
Perché se l’ottenimento degli uguali diritti passa attraverso la persuasione delle “mille anime” del PD, la vedo estremamente difficile. E considerando le recenti dichiarazioni della Bindi («La famiglia fondata sul matrimonio ha la priorità, lo dice la Costituzione. Ma il Pd non ignorerà i diritti di tutti. Il matrimonio però è solo eterosessuale, è un punto molto fermo» – 11 marzo 2012), il panorama è francamente desolante.
Sono certo che capirà la diffusa esasperazione in merito.
Lei potrà anche lottare fino all’ultimo filo di fiato, le credo; ma al momento, le assicuro, le speranze di un cambio di rotta sembrano veramente pochine.
a me è spiaciuto vedere che il vice-presidente del mio partito abbia usati toni molto scortesi con due eurodeputate di livello come silvia costa e patrizia toia,votatissime(e non nominate nelle segrete stanze) caro ivan secondo me non dovresti dimetterti ma almeno dovresti chiedere scusa.
Grazie Tobia per il tuo commento ma ti assicuro: non ho proprio nulla di cui scusarmi.