Non potendo intervenire alla Direzione Nazionale di oggi, ho scritto un articolo per Europa.
Sono a Los Angeles, per un periodo di studio e di approfondimento di alcune tematiche legate al mio lavoro. Insieme a un gruppo di altre 15 persone provenienti da 6 paesi diversi, ospite della scuola di management dell’Università della California, mi sto occupando di studiare alcune particolari dinamiche della leadership. Questioni aziendali.
Non ho certo dimenticato, come ci ha insegnato la nostra storia recente, che politica e management non hanno molto a che vedere. Eppure – sarà il distacco che viene dall’applicazione intellettuale, sarà la distanza siderale da casa – lo studio di questi giorni mi ha ispirato alcune piccoli pensieri sulla leadership e sulle cose che ho letto in questi giorni. Ho pensato di offrirli ai lettori di Europa, tra i quali immagino ci siano anche i componenti della Direzione che si riunisce quest’oggi a Roma e alla quale, ovviamente, non potrò partecipare.
1. Sporcarsi le mani è leadership. L’annuncio della candidatura di Bersani alle primarie è stata un’ottima mossa e un’ottima notizia. Al di là di chi lo affiancherà nella corsa “per non lasciarlo solo”, l’annuncio della candidatura del segretario è anche un modo molto efficace per dire al Paese che l’intero partito è pronto alla sfida. E’ un modo per uscire dal guscio, per muovere il cavallo sulla scacchiera, per dichiarare di voler giocarsela a viso aperto. E anche per rimotivare alla buona politica milioni di nostri militanti e di elettori.
2. Cambiare radicalmente i propri piani al modificarsi delle circostanze è leadership. Bene ha anche fatto Bersani ad accantonare il tema delle alleanze, rimettendo in primo piano il rapporto tra il partito e il Paese. Il fatto che M5S sia, secondo i sondaggi, il secondo partito italiano impone da subito un cambiamento di strategia. Abbiamo sempre detto che il nostro appoggio al Governo Monti si giustificava col fatto che non volevamo governare “sulle macerie” dell’Italia. Ebbene, questa riflessione deve valere anche per le macerie istituzionali. Se il nostro principale avversario è diventato uno secondo il quale i processi si fanno in piazza e lo Stato è peggio della mafia, vuol dire che è necessario prenderci carico del problema di rivitalizzare la democrazia e i rapporti tra i partiti e i cittadini. Un processo di grande partecipazione popolare come le primarie può essere il primo passo nella giusta direzione.
3. Volere intorno a sé persone con diversi punti di vista è leadership. Ma le primarie non basteranno. Se vorrà presentarsi davanti al paese per vincere, Bersani farà bene a mettere in piedi, per la prossima legislatura, gruppi parlamentari che siano composti di persone che esprimano la ricchezza della diversità del nostro partito: dal punto di vista delle idee, della geografia, del genere, dell’etnia, delle abilità, delle caratteristiche personali. Qualcuno ha detto che il vantaggio di essere il capo è che si possono chiedere consigli senza che si sia obbligati a metterli in pratica: bene approfittarne circondandosi di persone autorevoli che la pensano anche diversamente da noi, altrimenti i consigli sono completamente inutili. In assenza di una nuova legge, le primarie per i parlamentari ci aiuteranno a dotarci di un drappello di parlamentari legittimati dalla scelta popolare e che potranno mettere a disposizione di chi dovrà decidere il vantaggio di poter vedere l’Italia e il mondo da prospettive diverse.
4. Saper prendere decisioni dolorose anche nei confronti di chi si stima è leadership. In ultimo l’applicazione rigorosa – che non vuol dire idiotica: ci vorrà almeno un’eccezione per Bersani! – del limite statutario dei mandati. Non è un modo per cambiare le classi dirigenti brandendo la carta d’identità, come spesso si sente dire. Il tema è che senza un evidente e radicale rinnovamento del nostro personale politico non ci può essere nessun credibile rinnovamento nemmeno della nostra proposta politica. Non si tratta di decapitare un gruppo dirigente che può utilmente mettersi a disposizione del Paese in mille altri ruoli e che in ogni caso non otterrebbe nemmeno un grammo di prestigio aggiuntivo inanellando la settima o l’ottava legislatura. Si tratta semplicemente di mostrare al paese che siamo davvero in grado di voltare pagina, che è quello che il paese ci chiede.
Serve un mix di innovazione, visione e coraggio, caro Segretario. O, come dicono da queste parti, di leadership.
2 risposte a “Quello che avrei detto in Direzione quest’oggi”
belle parole Ivan, soprattutto l’ultimo punto, la vera cartina tornasole tra chi pensa di fare politica e chi pensa soltanto di essere indispensabile alla politica!
politica e management non devono mescolarsi;
ma imparare l’uno dall’altro sì.Leadership è il terreno di confronto.Leadership è capacità di coinvolgimento e responsabilizzazione;capacità di far emergere le motivazioni di ognuno verso un comune obbiettivo,dove ognuno fa e basta e nel miglior dei modi.