Era giugno 2009, con Pippo Civati e Debora Serracchiani andammo a dare una mano a Matteo Renzi che si candidava a sindaco di Firenze. Scendendo dal palco mi fermò un signore chiedendomi se fossi contento per aver fatto da battistrada, con la mia partecipazione alle primarie, a una generazione come quella così ben rappresentata dai miei tre amici e compagni di viaggio.
Senza neanche pensarci su, risposi a quel signore che in effetti mi sentivo un po’ come Jesse Jackson, il primo nero a correre per la Casa Bianca. Il candidato il cui ruolo è soprattutto quello di aprire alla possibilità che qualcosa di nuovo e rivoluzionario – un Barack Obama – accada.
Oggi che nella foto qui sotto potete vedere con me coloro che potrebbero realisticamente diventare il nuovo presidente del Consiglio e i nuovi presidenti delle Regioni Lombardia e Friuli Venezia Giulia, mi viene da dire che un’Italia così mi renderebbe molto ottimista e molto orgoglioso.
Una risposta a “Un’Italia così”
eh, appunto, perseverare diabolicum, però. persino Civati, che mi sembra abbia in comune con te, oltre a molti preziose doti, l’handicap di scegliersi male alcuni compagni di strada, mi sembra che la stia capendo