Sono sulla via dell’aeroporto. Lascio gli Stati Uniti che attendono il martedì elettorale e torno in un’Italia dove mi pare la situazione si sia ulteriormente complicata, specie dopo le elezioni in Sicilia. I giornali di oggi restituiscono l’immagine di una situazione politica molto confusa con l’influenza crescente di Grillo, Di Pietro e i suoi in via di definitiva esplosione, la destra al capezzale di se stessa e un PD che, pur tonico, non può non considerare che tutt’intorno c’è un devastante terremoto in corso. Ora, va molto bene se durante un sisma devastante la propria casa tiene botta e non crolla: il tema è che quando in città tutto è distrutto, dopo essersi rallegrati di essere vivi, ci si trova comunque nelle pesti. Niente negozi, niente cibo, niente elettricità, niente mezzi di trasporto. Mi rendo conto che le mie recenti avventure con Sandy hanno lasciato qualche segno nel mio inconscio, ma insomma non mi pare ci sia nessun paragone migliore di questo. Poi, come al solito c’è l’editoriale di Scalfari, che come ogni domenica da qualche settimana in qua, risolve tutta la questione con un bell’inno alla saggezza della conservazione. Come se per uscire da questa situazione la cosa migliore da fare fosse quella di far finta di niente, come se ignorare le convulsioni di cui è preda il nostro sistema politico fosse un’idea ragionevole. Io, lo voglio ripetere per l’ennesima volta, penso che Bersani rappresenti un’ottima intelligenza e una persona di grande ragionevolezza ed esperienza. Quello che credo, però, è che ignorare la richiesta, che perviene stentorea dal paese, di una radicale discontinuità con il passato sia una posizione al limite del suicidio. Purtroppo, mi pare che in questo momento gli italiani facciano fatica a distinguere il grano dal loglio, e che tutto il sistema della politica come ha rappresentato se stesso negli ultimi venti anni sia oggi privo, a torto o a ragione, di qualsiasi credito da parte dei nostri concittadini. A questo punto siamo a un bivio: o proviamo a dare al paese una guida che abbia in sé un senso intrinseco di futuro, e al contempo il necessario rispetto per le istituzioni, o rischiamo di vedere salire il consenso per Grillo in modo esponenziale (“fuori dal tetto”, direbbero qui). E’ molto stupido e molto miope (e anche parecchio in cattiva fede) rispondere: “Beh, allora votiamo a febbraio, perché altrimenti Grillo ad aprile sta al 30%”. Questo è il classico approccio sintomatico, come prendere una bella aspirina avendo la tubercolosi. Qui non è questione di date ma di cercare di capire come si può fare ad evitare che, anche dopo le elezioni, con l’andar dei mesi il distacco tra gli italiani e la politica vada allargandosi ulteriormente. E’ per questo che, in totale disaccordo con Scalfari, io continuo a pensare che la soluzione Renzi sia l’unica sana e percorribile, in particolare se al Quirinale ci andrà una persona di sicuro affidamento per il Paese, per i nostri alleati e partner, e per i mercati.
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Ivan Scalfarotto
Sottosegretario di Stato al Ministero dell'Interno nel Governo Draghi. Deputato di Italia Viva. Mi occupo di democrazia, di diritti e libertà, di enti locali, impresa e affari internazionali.
Ho fondato Parks - Liberi e Uguali.