Quello che in queste ore mi lascia veramente perplesso è la fatica che pare necessaria a capire che avere due linee politiche diverse che si contrappongono non solo non è un male, ma è invece un elemento di novità estremamente positivo di queste primarie.
Funziona così in tutti i grandi paesi con un sistema bipolare o bipartitico: l’alternativa, altrimenti è quella di avere una moltitudine di partitini identitari dove tutti la pensano allo stesso modo (e che magari invece di avere un segretario hanno un proprietario). Per questo non deve fare scandalo che, nell’imminenza del voto, sia stata pubblicata una pagina su internet dove si spiega quali sono le differenze tra Renzi e Bersani, tra “noi” e “loro”. L’alternativa sarebbe dover scegliere tra “noi” e “noi”, con un’idea della “democrazia” identica a quella che ispirò l’aggettivo, da essa derivato, nel nome della Repubblica Democratica Tedesca.
Io sono contento invece che, nel PD, questa volta potremo scegliere. Scegliere se va bene tornare a essere un partito medio ideologico e identitario che si allea con altri, come Casini, o voler essere un partito grande che prova a parlare a tutti e a superare le contrapposizioni ideologiche. Scegliere tra le idee di Ichino e quelle di Fassina. Scegliere tra abolire il finanziamento pubblico ai partiti oppure no. Scegliere anche nel senso di valutare i risultati di chi ha già governato Paese e partito e decidere se merita una riconferma o se è meglio che passi la mano a qualcun altro. Quest’ultimo punto, in particolare, è l’essenza delle democrazie liberali.
E’ una novità. Prendete le vicende del congresso 2009. Ieri Franceschini sul Corriere ha risposto a un’intervista dicendo: “Avevo promesso che avrei sostenuto Bersani e l’ho fatto”. Non è una ricostruzione che mi sento di sottoscrivere: dopo il congresso, infatti, Franceschini non ha solo “sostenuto lealmente” il segretario ma è entrato nella sua maggioranza e ne ha adottato la linea politica, il che è secondo me completamente diverso.
La lealtà è cosa diversa dall’assimilazione. Essere leali significa continuare a perseguire le proprie idee senza provocare pregiudizio al superiore interesse del partito. Significa rinunciare agli attacchi personali e allo scontro fine a se stesso. Significa avere sempre un atteggiamento costruttivo. Significa assicurare l’ordinato corso dei lavori e dell’elaborazione nel partito. Significa certo anche essere coesi nella battaglia elettorale e nei lavori parlamentari. Ma non significa dimenticare le differenze e smettere di restare, sui programmi e le cose da fare, un punto di riferimento per chi ci ha votati e un’alternativa per il futuro. Altrimenti il voto diventa, appunto, una scelta tra “noi” e “noi” quella sì sbagliata e in un certo senso anche poco democratica.
Ecco, io spero che queste primarie, tra l’altro, servano a disegnare una cultura politica che non è più unanimistica e non lo è senza paura, e anzi con l’orgoglio della sua trasparenza. Dove il pluralismo è assicurato nel senso che le minoranze provano a diventare legittimamente maggioranze sulla base dei loro argomenti, non dell’appartenenza a questa o a quella corrente. Dove i congressi non sono rese dei conti o uffici di collocamento, ma una discussione, magari aspra ma alla luce del sole, sulla linea politica da perseguire negli anni a venire.
In questo modo, chiunque vinca, da domani non ci sarà nessun problema a lavorare insieme. Continuando ciascuno a fare politica per far prevalere in futuro le proprie idee, ma sempre tutti insieme per un partito che appartiene a tutti. Quelli che hanno vinto questa volta e quelli che vinceranno la prossima volta.
2 risposte a “Se c’è unanimità, non c’è democrazia”
Solo da domani capiremo se queste primarie , già tanto acclamate come successo con pericoloso anticipo, sono state una vittoria della democrazia e delle idee. Perchè è da domani che gli sconfitti non dovranno cedere a facili scorciatoie continuando ad arricchire il PD delle loro idee, e sarà da domani che i vincitori dovranno avere l’umiltà e l’intelligenza di continuare ad ascoltare e confrontarsi con chi sarà sconfitto.
Se questo non accadrà, allora, e come spesso capita, sarà stata una vittoria solo del popolo del PD, accorso a milioni nonostante tutto, e una sconfitta generalizzata della classe dirigente.
Votiamo e speriamo.
“Repubblica Democratica Tedesca…” ma… pensi che siamo tutti così scemi? Un minimo di rispetto per l’intelligenza altrui non ce l’hai?