Leggere da Londra questo articolo sul più importante giornale italiano e aver voglia di strappare il biglietto di ritorno è una sola cosa. Perché, sebbene scritto dal professor Francesco D’Agostino, illustre presidente centrale dei giuristi cattolici italiani, è un articolo logicamente vuoto: se i rapporti “costitutivamente sterili” non dovessero essere riconosciuti legalmente, infatti, bisognerebbe impedire il matrimonio ai coniugi sterili e alle donne in menopausa.
E allora ci si chiede: perché il più importante giornale del paese pubblica un articolo che punta a limitare i diritti di una parte dei cittadini sulla base di così deboli argomentazioni? Che bisogno c’è di dar voce a chi esprime fondamentalmente la superiorità di alcuni cittadini su altri cittadini (alla faccia non solo del principio di uguaglianza, di cui il “presidente centrale” qualcosa dovrà pur sapere, ma anche della civiltà dei rapporti tra le persone)?
E di conseguenza: perché in ogni dibattito sui diritti dei gay si deve ospitare una persona che difende la teoria contraria, cioè quella che le persone omosessuali non debbano avere gli stessi diritti degli altri? Forse si invita un negazionista a ogni dibattito sull’olocausto o un razzista a ogni dibattito sull’integrazione? Per capire quello che intendo, guardate il video qui sotto e ditemi se è una cosa possibile. La totale assenza di argomenti e l’assoluta incapacità di giustificare una posizione apoditticamente razzista in diretta televisiva, senza nemmeno vergognarsi.
5 risposte a “L’omofobia sul Corriere della Sera”
negli stessi giorni in cui si legge:
http://www.la-croix.com/Religion/Actualite/Michel-Serres-L-adoption-est-la-bonne-nouvelle-de-l-evangile-_NG_-2012-10-10-863028
L’Italia è davvero un paese indietro culturalmente? Verrebbe da rispondere di sì. In ogni caso, che i fondamenti giuridici stabiliscano i rapporti tra le persone, è vero, ma non è la loro perpetua ripetizione che costituisce la società plurale. Che il matrimonio sia un istituto che così deve essere e basta (che poi, anche su questo ci sarebbe discutere) è un presupposto culturale (prima che giuridico) falso.
Ciao Ivan,
Come spesso accade nella storia del nostro Paese, il Parlamento lascia alla magistratura, direttamente o indirettamente, coscientemente o incoscientemente, l’onere di sciogliere nodi che riguardano la sfera dei diritti. Perché? E’ incapace di legiferare? O ritiene scomodo farlo, riparandosi dietro il paravento delle toghe?
Poi però ci si stupisce e si urla contro lo strapotere dei magistrati. Intendiamoci: il sottoscritto ritiene che senza una riforma della giustizia e una ridefinizione dei paletti per le carriere delle toghe, tutte le altre cosiddette riforme siano quasi nulle.
Ma ritengo anche offensivo e profondamente avvilente per le istituzioni politiche e i loro rappresentanti che quello che dovrebbero fare loro viene lasciato ai magistrati. Ma in che Paese viviamo?
E ci fosse un giornalista… uno solo… che si prenda la briga di andare a controllare la letteratura scientifica a proposito e presentare un quadro dei risultati, a cui la sentenza si richiama.
È ridicolo… all’Italia servirebbe una dose da cavallo di educazione al metodo scientifico e all’idea che le decisioni si prendono sulla base di fatti, non opinioni o credenze.
Temo, personalmente, che si tratti di un problema di malafede, che andrebbe combattuto in modo durissimo, senza diplomazie. Negare a qualcuno un diritto sulla base di una propria superstizione é una violenza inaccettabile. Sono sempre piú convinto che questo continuo affossare,e denigrare gli omosessuali, dipingerli come inferiori sia un razzismo violento anche piú di quello manifesto degli omofobi dichiarati e, come tale, andrebbe perseguito in modo draconiano.
Quando Scalfarotto chiede “perché in ogni dibattito sui diritti dei gay si deve ospitare una persona che difende la teoria contraria”, la risposta è semplice: perché siamo in un paese democratico. Equiparare chi ha un opinione diversa dalla sua a un “negazionista dell’olocausto o un razzista ” è pura diffamazione di stampo totalitario.