Oggi sono andato ad ascoltare Beppe Severgnini che presentava il suo ultimo libro, “Italiani di domani”, al liceo classico “Lanza” di Foggia, che poi è il liceo dove ho studiato.
Beppe ha detto un sacco di cose notevoli ai tantissimi ragazzi presenti e, tra le tante, ha detto che spesso la diffidenza dei settentrionali nei confronti delle persone del sud è dovuta al fatto che molte persone, specie giovani, che vivono al nord non hanno mai visitato il mezzogiorno d’Italia. Non ci avevo mai particolarmente pensato, ma poi mi è venuta in mente una cosa che ho letto da poco e che mi ha colpito parecchio.
Mi è capitato in mano l’ultimo bollettino di Intercultura, l’associazione attraverso la quale tanti ragazzi fanno un anno di liceo all’estero (anche in paesi remotissimi: una volta ho incontrato una ragazza sarda di Jerzu che era stata un anno in Thailandia), e ho letto che hanno di recente scelto di mandare una giovane altoatesina a fare un anno di liceo a Palermo. Come se stare in Sicilia per un po’ avesse, per una persona di Bolzano, la stessa valenza formativa di confrontarsi per un anno con il Canada, il Laos o la Nuova Zelanda.
Fa impressione, ma a pensarci si capisce che l’idea non è poi così peregrina: il pragmatismo degli educatori non avrà forse la political correctness degli intellettuali e dei politici, ma comporta il vantaggio di individuare il problema e di proporre delle soluzioni praticabili.
Sono passati 150 anni, ma, fatta l’Italia, c’è forse ancora da completare l’opera di fare gli italiani.