Ancora sull’Italicum
Credo che Pierluigi Bersani abbia fatto bene a richiamare tutti i partecipanti alla discussione sull’Italicum a non fornire una ricostruzione caricaturale delle posizioni altrui. Le asprezze del dibattito, che come è ovvio crescono fra persone che appartengono ad una medesima comunità, non devono mai far dimenticare il rispetto. Il mio per uno come Bersani, al di là delle differenti valutazioni su questo come su altri argomenti, è assoluto. Proprio per questo mi permetto di fargli notare, siccome difende (a giusto titolo) la scelta da lui fatta di celebrare le primarie per la scelta dei parlamentari Pd in occasione delle ultime consultazioni, che il nostro partito ha ritenuto di portare in Parlamento ben 113 eletti (su poco più di 400) che non sono passati per questo filtro.
Penso sia stata una scelta lecita, non solo perché io stesso sono parte di questo gruppo, ma perché ritengo sia giusto che una forza politica, oltre a rappresentare i territori, mantenga un profilo nazionale; che operi delle scelte che non hanno il consenso immediato come unica stella polare e la popolarità come unico metro; che abbia un occhio di riguardo per le competenze che intende utilizzare e i valori che intende promuovere e rappresentare.
Nella versione dell’Italicum che verrà approvata al Senato, ammesso che tutti i capilista vengano indicati da Roma ed ammesso che si vinca al primo turno o al ballottaggio, avremmo 100 deputati su 345 che bypasserebbero il vaglio delle preferenze. Mi pare si tratti di una proporzione pressoché immutata rispetto agli attuali gruppi del PD. E rafforza la mia convinzione che si stia operando una forzatura polemica su questioni che, pur importanti, non possono essere utilizzate per manicheismi di sorta.
Penso che farebbe bene a tutti uscire dalla logica del derby e affrontare il tema della legge elettorale per quel che è: un impegno indifferibile che abbiamo tutti davanti al Paese. Un impegno che dobbiamo onorare sapendo che nessuno di noi otterrà la legge che corrisponde in tutto e per tutto ai suoi desideri (o alle sue convenienze del momento); ma che esiste la possibilità di averne una migliore di quella con cui abbiamo votato e che non condanni il Paese, come ragionevolmente farebbe il Consultellum, alle larghe intese per l’eternità.